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venerdì 1 settembre 2023

ARTE
di Tania Di Malta


Opera dell'artista Pino Canta


Gli Accatastamenti di Pino Canta
 
Domenica 16 aprile 2023 c’è stata l’inaugurazione della mostra “Accatastamenti” dell’artista realista terminale Pino Canta, a cura di Alessandro Mangiarotti, direttore di Yellow Fish Art Galerie di Montréal. La mostra è stata fatta al CRAR di Rho, con una bella performance del percussionista Fabrizio Carriero ed un suggestivo reading dell'attrice Domitilla Colombo. Delle opere esposte, in fedele e originale interpretazione della poetica del Realismo Terminale, fondato da Guido Oldani, abbiamo parlato in tre: Oldani, Giuseppe Langella ed io. Pino Canta ci presenta 17 opere. Rispetto alla precedente mostra presso l’Università Degli Studi Roma Tre del 2019, ce ne sono 13 in più, in cui si vede chiaramente l’evoluzione creativa del percorso di Pino, che dal caos espresso nelle precedenti opere diventa più mirato, chirurgico, con una struttura di base che si consolida nell’espressione visuale dell’arte civile realistico terminale. Dal sogno scomposto si passa alla parola, al concetto e infine al senso etico dell’arte. Efficace il ritorno ad una precedente, giovanile sperimentazione di un fondo di cartavetrata usato come canovaccio di sostegno in cui riproporre la nuova esperienza espressiva. Sorprende l’acuto osservatore, come le creazioni di Pino Canta, presentate sempre sul filo dell’ironia e dello stravolgimento onirico degli elementi accatastati, si compiano in uno spazio tridimensionale. Nella giocosità libera e matura c’e un recupero efficace degli elementi che potrebbero essere comparati al jazz. Ma nelle mani del realista terminale l’oggetto non rimane tale, semplicemente come dispositivo (se pur, ormai protagonista, nella nostra contemporaneità), ma elemento fondante di comunicazione della storia, della nostra storia. 


Pino Canta con la moglie Mariella

E così che Pino, attraverso i suoi artefici tridimensionali simbolici, ci parla del lavoro, in particolare nell’opera “Il centro del dardo” dove la prevalenza del giallo evoca le solfatare, le miniere dove i carusi lavoravano in uno stato di sfruttamento disumano, fra Caltanisetta e Porto Empedocle, così come in Sudafrica e negli infiniti luoghi di abuso della manovalanza infantile, simili  e forse peggio che in passato; “centro del dardo” lo chiama Pino, nella rappresentazione visuale dei conflitti e paradossi che accompagnano questo secolo. Così Pino Canta ci lascia un’altra testimonianza artistica, in questo secolo in cui si pone l’incognita di un nuovo collocamento dell’uomo e della natura, nel cammino verso il post umano e il tempo che verrà.