LA NARRATIVA
STRANIERA E L’ITALIA di Angelo Gaccione
Non mi
ero indignato neppure quando il giornale reazionario tedesco “Der Spiegel”
aveva messo sulla sua copertina un piatto di spaghetti con sopra una pistola.
Palermo era diventata Beirut e non è che si potesse nascondere. Anni più tardi
avrebbero scoperto che le mafie scorrazzavano impunemente anche in Germania. La
stampa americana poi, non è che potesse mostrarsi superiore: in casa loro hanno
ammazzato presidenti, fanno il tiro a segno da sempre nelle scuole, girano
armati come ai tempi del Far West… Ma che la corruzione politica, la
criminalità, l’impunità per i potenti, la burocrazia, lo sfasciume, la
sporcizia delle città, l’incuria per il patrimonio artistico-ambientale (che
non meritiamo), l’evasione fiscale tollerata per legge, l’allergia ad ogni
regola comune - e tanto altro ancora - siano radicati nella biografia orrenda degli
italiani, nessuno lo può smentire. Critiche alle nazioni se ne fanno un po’
dovunque sulla stampa, ed io stesso ne ho fatto e ne faccio. Ma i giornali
durano lo spazio di un mattino. Trovarsele, invece, scodellate all’interno di
un libro di narrativa fa tutt’altro effetto. Almeno a me hanno procurato
disagio. Vediamole attraverso il dialogo di alcuni personaggi del romanzo Il
decoro (Feltrinelli 2020, pagine 350) di David Leavitt queste critiche al
nostro Paese.
“Comunque
non è niente di preoccupante. È soltanto un inciampo. Sono sicuro che Rita ne
verrà a capo”, “Ho paura
che non sarà tanto semplice” replicò Bruce. “Cosa?
Perché no?” domandò Min”.
“Be’, perché
è l’Italia. In Italia per risolvere queste cose può servire moltissimo tempo.
La vendita potrebbe essere rimandata”. “Rimandata e
di quanto?”. “Di quello
che ci vuole perché sistemino le cose…”. “Basta che
paghiamo noi, la contravvenzione o la mazzetta o quello che è”. “Mazzetta?” “Chiamala
come vuoi” “Perché hai
usato la parola mazzetta?” “È così che
funziona in Italia. Lo sai bene quanto me. Ce l’ha detto Rita”. “Era
vero. Quando si comprava una proprietà in Italia, Rita li aveva avvertiti, era
normale mettere in conto qualcosa per le mazzette”.
Era
normale, sottolinea
il narratore, come appare del tutto normale, per chi viene a visitare le
città italiane, non averne cura alcuna. Si sentono spinti a sporcarle senza
alcun senso di colpa, perché siamo per primi noi stessi a non averne cura. Come
non abbiamo cura della nostra lingua e senza alcun motivo, se non un cieco e
stupido provincialismo, le facciamo offesa trasformando in inglese il titolo di
ogni manifestazione, di ogni evento, di ogni rassegna. La triade: pizza,
spaghetti e mandolino che si era sedimentata nella visione degli
stranieri – americani compresi – a proposito del nostro Paese, quanto meno
aveva qualcosa di bonario al suo fondo, di affettuosamente positivo, di
romantico. Ma ora la musica è cambiata, come dimostrano i dialoghi di questo
romanzo americano. Potrebbe peggiorare ancora di più l’opinione estera nei
nostri riguardi. La più pericolosa sarebbe quella di additarci come disumani
guerrafondai, visto come ci stiamo disinvoltamente accodando alla politica
bellicista della Casa Bianca e della Nato. Un paio di anni orsono mi ero
interrogato con i versi di questa poesia a proposito di noi italiani
contemporanei, e avevo lasciato in sospeso la domanda.
Italia Arrivano da ogni dove e invadono piazze, chiese, musei. Salgono sulle torri e sciamano sui lungofiumi. Sostano pietrificati davanti alla Pietà e la Cappella Sistina li annichilisce. Sgranano gli occhi rapiti su un dipinto del Cinquecento e si incantano ai palazzi. Fotografano gli angoli più antichi e una fontana barocca li manda in visibilio. Tutto li sbalordisce di questa terra, cibo compreso, ma di noi, di noi di questo tempo, chissà che cosa pensano… [Milano, 23 gennaio 2022]