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domenica 17 settembre 2023

LA NARRATIVA STRANIERA E L’ITALIA
di Angelo Gaccione



Non mi ero indignato neppure quando il giornale reazionario tedesco “Der Spiegel” aveva messo sulla sua copertina un piatto di spaghetti con sopra una pistola. Palermo era diventata Beirut e non è che si potesse nascondere. Anni più tardi avrebbero scoperto che le mafie scorrazzavano impunemente anche in Germania. La stampa americana poi, non è che potesse mostrarsi superiore: in casa loro hanno ammazzato presidenti, fanno il tiro a segno da sempre nelle scuole, girano armati come ai tempi del Far West… Ma che la corruzione politica, la criminalità, l’impunità per i potenti, la burocrazia, lo sfasciume, la sporcizia delle città, l’incuria per il patrimonio artistico-ambientale (che non meritiamo), l’evasione fiscale tollerata per legge, l’allergia ad ogni regola comune - e tanto altro ancora - siano radicati nella biografia orrenda degli italiani, nessuno lo può smentire. Critiche alle nazioni se ne fanno un po’ dovunque sulla stampa, ed io stesso ne ho fatto e ne faccio. Ma i giornali durano lo spazio di un mattino. Trovarsele, invece, scodellate all’interno di un libro di narrativa fa tutt’altro effetto. Almeno a me hanno procurato disagio. Vediamole attraverso il dialogo di alcuni personaggi del romanzo Il decoro (Feltrinelli 2020, pagine 350) di David Leavitt queste critiche al nostro Paese. 


“Comunque non è niente di preoccupante. È soltanto un inciampo. Sono sicuro che Rita ne verrà a capo”,
“Ho paura che non sarà tanto semplice” replicò Bruce.
“Cosa? Perché no?” domandò Min
.

“Be’, perché è l’Italia. In Italia per risolvere queste cose può servire moltissimo tempo. La vendita potrebbe essere rimandata”.
“Rimandata e di quanto?”.
“Di quello che ci vuole perché sistemino le cose…”.   
“Basta che paghiamo noi, la contravvenzione o la mazzetta o quello che è”.
“Mazzetta?”
“Chiamala come vuoi”
“Perché hai usato la parola mazzetta?”
“È così che funziona in Italia. Lo sai bene quanto me. Ce l’ha detto Rita”.
Era vero. Quando si comprava una proprietà in Italia, Rita li aveva avvertiti, era normale mettere in conto qualcosa per le mazzette”.



Era normale, sottolinea il narratore, come appare del tutto normale, per chi viene a visitare le città italiane, non averne cura alcuna. Si sentono spinti a sporcarle senza alcun senso di colpa, perché siamo per primi noi stessi a non averne cura. Come non abbiamo cura della nostra lingua e senza alcun motivo, se non un cieco e stupido provincialismo, le facciamo offesa trasformando in inglese il titolo di ogni manifestazione, di ogni evento, di ogni rassegna. La triade: pizza, spaghetti e mandolino che si era sedimentata nella visione degli stranieri – americani compresi – a proposito del nostro Paese, quanto meno aveva qualcosa di bonario al suo fondo, di affettuosamente positivo, di romantico. Ma ora la musica è cambiata, come dimostrano i dialoghi di questo romanzo americano. Potrebbe peggiorare ancora di più l’opinione estera nei nostri riguardi. La più pericolosa sarebbe quella di additarci come disumani guerrafondai, visto come ci stiamo disinvoltamente accodando alla politica bellicista della Casa Bianca e della Nato. Un paio di anni orsono mi ero interrogato con i versi di questa poesia a proposito di noi italiani contemporanei, e avevo lasciato in sospeso la domanda.
 


 Italia
 
Arrivano da ogni dove
e invadono piazze, chiese, musei.
 
Salgono sulle torri
e sciamano sui lungofiumi.
 
Sostano pietrificati davanti alla Pietà
e la Cappella Sistina li annichilisce.
 
Sgranano gli occhi rapiti
su un dipinto del Cinquecento
e si incantano ai palazzi.
 
Fotografano gli angoli più antichi
e una fontana barocca
li manda in visibilio.
 
Tutto li sbalordisce di questa terra,
cibo compreso,
ma di noi, di noi di questo tempo,
chissà che cosa pensano…

 
[Milano, 23 gennaio 2022]