“Il
9 Settembre 1970, su un numero speciale, Il Manifesto pubblica le Tesi con le
quali intende aprire una fase costituente tra tutte le forze rivoluzionarie e
proporre una piattaforma per l’unità della sinistra rivoluzionaria.La necessità di un
nuovo partito nasce da due spinte: 1) la necessità di staccarsi
dall’Unione Sovietica, avviata a formare con gli Usa un unico blocco
imperialista; 2) evitare di essere catturati dal riformismo del PCI e
del PSIUP pienamente inseriti nel sistema. Il
terreno sul quale il nuovo partito dovrà posizionarsi sarà quello dei nuovi bisogni,
dei consumisociali, della casa e della salute, della scuola, del movimento studentesco,
della contestazionefemminista dei ruoli, senza dimenticare, ovviamente,
il terreno dei bisogni più tradizionali della lotta antimperialista, della
pressione sul salario, della riduzione dell’orario di lavoro e dello
straordinario, dell’estensione degli organismi elettivi”.
Così
Leo Essen (Sinistra in rete) ricorda quell’evento politico di cui ricorrono i
53 anni e aggiunge: “In particolare, nella Tesi 72, viene integrato un tema
caro a Marcuse e ripreso da un passo dei Grundrisse destinato a
diventare arci-famoso, un pensiero-guida.Nel 1967 appare la traduzione
italiana de L’Uomo a una dimensione. Il 25 maggio del 1968 Einaudi
stampa la 7a edizione. A pagina 55 Marcuse piazza - integralmente - il passo
dei Grundrisse:‘Il fondamento della produzione della ricchezza
non è più il lavoro immediato compiuto dell’uomo, né il suo tempo di lavoro,
bensì l’appropriazione della sua forza produttiva universale, del suo sviluppo
come individuo sociale. Il furto del tempo di lavoro di un uomo, su cui la
ricchezza riposa ancora oggi, appare allora come una ben misera base a
confronto della base che la grande industria ha creato’. Con l’ingresso
massiccio della scienza e della tecnologia nella produzione lo sviluppo
economico da estensivo diventa intensivo. La fonte decisiva dell’produzione
allargata non è il lavoro umano diretto ma il patrimonio sociale delle
conoscenze, fino a rendere possibile un’espansione costante della produzione
attraverso un uso sempre più efficace delcapitale costante dato.
Trionfo del lavoro morto sul lavoro vivo. Fine della differenza tra lavoroproduttivo
e improduttivo.Che cos’è allora il proletariato, se non è più
produttore di valore (e plusvalore)?”
Nel
corso degli anni a questa domanda non si è riusciti a fornire una risposta
convincente. La richiesta avrebbe dovuto essere
quella di un “prossimo
illuminismo: un rapporto più umano con scienza e tecnologia”.
Un rapporto dettato diversamente da quello di “integrazione” nel processo
di rivoluzione passiva.Nel turbinio dei fatti
di questi 50 anni è rimasto così sospeso l’interrogativo di fondo: quale politica potrebbe servire
come tramite e governo di diffusione di questo nuovo illuminismo e di
questo diverso rapporto tra l'agire umano in funzione sociale
e l'apparente "neutralità" della relazione tra scienza e
tecnologia?Un interrogativo particolare
in tempi nei quali appare dominante la tecnica economica per il cui dominio
ricompare lo spettro della guerra globale? La pretesa
dell’affermazione piena del marginalismo quale fattore teorico fondamentale su
cui si è basata l’offensiva neo-liberista fin dagli anni’80 ha quindi prodotto
accompagnandosi al clamoroso sviluppo di una innovazione tecnologica misurata sull’affermazione
del virtuale con effetti molto precisi dei quali forse si comincia
soltanto adesso a rendersi pienamente conto.La
scienza economica è stata intesa come una disciplina autoreferenziale che
finisce con l'assorbire ogni tensione conflittuale proveniente dal mondo della
politica assumendo integralmente un ruolo di governo fondato sul funzionamento
del mercato concepito come istituzione autoregolata.Un’autoregolazione in grado di massimizzare le proprie
utilità esclusivamente secondo le curve della domanda e dell’offerta.Insomma: l’economics al posto della policy.È questo il punto che oggettivamente viene sollevato
attraverso la riflessione sulla ricerca del “nuovo umano” rispetto alla “relazione
secca” scienza/tecnologia. Una vittoria piena, all’apparenza, della riflessione
di Heidegger sull’essenza della tecnica. Sul piano politico siamo di fronte
alla creazione di una nuova oligarchia, indifferente alla realtà democratica e
alle istanze sociali.Come può essere
possibile contrastare questa nuova dimensione egemonica, attraverso la quale
sul piano concreto si sta cercando di porre quasi “al di fuori dalla storia”
milioni di persone considerate semplicemente come oggetti da sfruttare.
Non sarà sufficiente riproporre la realtà di
un’organizzazione politica degli “sfruttati” posta al di fuori e “contro” la
realtà dell’unificazione tra economia e politica.L’obiettivo dovrebbe essere quello di riguadagnare tutta
intera la dimensione politica dell’economia rovesciando completamente
l’impostazione oggi temporalmente prevalente.Così
è necessario tornare a introdurre un principio di “contraddizione sistemica”,
nel rapporto di tensione tra scienza e tecnologia.Deve riemergere una visione di “distinzione-opposizione”
che non riguardi soltanto le finalità, per così dire, “ultime” nella
prospettiva di costruzione di una società diversa, ma già nell’immediato con la
ricostruzione di un principio di dialettica politica.Una capacità dialettica politica non schiacciata
sull'esistente e capace di porci al di fuori dal processo in corso di “rivoluzione
passiva”.Anzi, l’espressione di una capacità
di dialettica politica che pur nella scansione obiettiva di finalità limitate
all’interno di successivi passaggi di transizione, risulti in grado di proporre
un diverso, alternativo, edificio sociale.In
questi anni le forze della sinistra hanno finito con l’acconciarsi al
ribadimento della catastrofe, senza riuscire in qualche modo ad allontanarla:
se si pensa che sia ancora possibile, invece, un movimento di liberazione da
quella stessa catastrofe che stiamo vivendo allora bisogna porsi, ancora, il
tema del guardare in modo diverso al rapporto tra l’uomo e il mondo rispetto a
quello stabilito, e apparentemente obbligato, dalla triade
sfruttamento-appropriazione-dominazione.