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mercoledì 6 settembre 2023

SALVARE QUESTO PREZIOSO PATRIMONIO
 

Nicolino Longo

Circa 12 mila testi di poesia compongono di per sé uno dei più ricchi archivi di questa forma espressiva di cui la Calabria potrebbe andare fiera. In questa conversazione con Gaccione il poeta Nicolino Longo racconta della sua biblioteca e di come vorrebbe farne dono al Comune di San Nicola Arcella dove vive.
 
Gaccione. Di quanti volumi si compone la tua biblioteca personale?
 
Longo. Il patrimonio della mia biblioteca si aggira, ad oggi, intorno ai 20mila volumi. Il poeta e critico letterario Carlo Cipparrone, su una testata culturale del Sud, dopo esserla venuta a periziare, la definì, fra quelle personali, in fatto di quantità e qualità dei testi, la più agguerrita di Calabria. Ne ho acquistati dappertutto in Italia, e in Francia quando ero iscritto a Lingue. Ne ho avuti tanti anche in omaggio. A farne le spese, per quelli non in omaggio, sono state, ogni volta, le tasche dei miei genitori. Ma anche le mie, quando ho potuto lavorare come applicato di segreteria, centralinista, vigile urbano, guardia giurata particolare, giudice popolare (fatto inusitato, per 7 mesi circa, presso la Corte d’Assise di Cosenza), ecc. Tutti i miei volumi ora giacciono, purtroppo, sofferenti, in quanto in doppia fila, in una casa agreste, ubicata su una collina a 500 mt sul livello del mare, e da dove del mare si vede, con gran gioia per gli occhi, tutto il Golfo di Policastro, l’isola Dino, l’isola di Cirella e quasi tutte le Eolie, con visione perfetta, nelle belle giornate, di Stromboli, Lipari, Salina, Filicudi e Alicudi. E, tornando a bomba, devo dire che i libri sono sistemati, oltre che in alcune cassettiere, su 15 scaffalature alte 2 mt e 30, suddivise in 6 ripiani, con lunghezza di ognuno di circa 1 mt, e con disposizione, purtroppo, come già detto, in doppi filari, per angustia loci. I dorsi tutti pareggiati orizzontalmente: non un libro sporgente di un solo cm rispetto a un altro. Tutti, verticalmente, uno a fianco alla costa dell’altro. E divisi per case editrici, soprattutto quelli di case editrici maggiori e medie. Da questo perfezionismo enechetico, non mi sono potuto mai emendare. Perfezionismo che, però, non ho potuto seguitare a onorare per quanto riguarda i ripiani delle scaffalature che una volta, quando si incurvavano, per il sovrappeso dei libri, per dirla con Carducci, in duplice filar, li ribaltavo e gli facevo riacquistare la posizione orizzontale, cosa che la mala salute non mi ha più permesso, appunto, di poter fare in seguito. A tal proposito, voglio riportare l’ultima strofe di una poesia, dedicata proprio alla mia biblioteca (pubblicata in Petali e spine della rosa dei venti, 2015, con prefazione del Chiar.mo prof. Carmine Chiodo), nella quale, rivolgendomi ai ripiani, ingobbiti, per i motivi di cui anzidetto, scrivevo: “E questo perché alla vostra/ (mi riferisco/ alla maledetta gobba)/ per il sovrappeso degli anni/ ora va aggiungendosi, ahimè, anche la mia”.



Ultimamente, quando la salute ha cominciato, infatti, a vacillare, sono stato costretto anche a rincasare non più con una busta di libri in mano, come al solito, bensì di farmaci. Anche se i libri sono comunque sempre stati, e lo sono tuttora, le medicine più terapeutiche del mio spirito. L’amore per i libri in genere l’ho delibato sin dalle scuole elementari (ora, primarie). Quando mi si consegnavano il libro di lettura e il sussidiario, la prima cosa che facevo era, comunque, quella di annusarne l’odore, gradevolissimo, di inchiostro, frammisto alla fragranza della carta fresca di stampa. E lo facevo per ore, e, di tanto in tanto, poi, ho continuato, feticisticamente, a farlo anche da adulto. In quegli stessi anni, cominciai a leggermi (come farò poi, da lettore maturo, coi libri di poesia), dall’ultimo capitolo al primo, tutti i racconti più divertenti del libro di lettura, e tutti, nel sussidiario, gli eventi bellici che interessavano soprattutto Roma, che la volevo sempre vincitrice. Se trovavo scritto, infatti, che Roma avesse perso una guerra, la notte non dormivo dal troppo dispiacere. Non aspettavo mai che fosse il maestro ad arrivare per primo, con la spiegazione, a quelle pagine. La lettura serale, nelle campagne, prima dell’avvento della luce elettrica, avveniva al lume della lampada a olio, o a petrolio, o a gas, oppure ancora al lume di candela. Quella diurna, seguendo il gregge da un pascolo all’altro. Nelle elementari (alla cui sede per arrivarci e tornarne dovevo farmi all’incirca 14 km al giorno), non avevo la capacità di sintesi, ma di memorizzazione di tutto quanto leggessi due o tre volte. Un insegnante, tramite il Circolo Didattico di Scalea, per questa dote, mi segnalò al Ministero della Pubblica Istruzione, quale alunno portento per la particolare, appunto, attitudine “matetico-mnesica”, virtù, questa, che, purtroppo, verso i 12 anni, ebbe a scomparire quasi del tutto. Con quanto sopra argomentato, ho voluto significare che per creare una biblioteca, pur se di piccola mole come la mia, occorre, di necessità, sempre uno sviscerato amore per i libri. Non solo per i loro contenuti, ma anche -oltre che per il suadente, come nel mio caso, effluvio degli elementi chimici dei loro fogli-, per la visione estetica delle loro copertine, dei loro involucri, delle loro pagine scritte o ricche di immagini o disegni. Bisogna, insomma, essere affetti da quell’inguaribile processo morboso detto bibliofilia, spesso sconfinante nella bibliomania o, peggio, nella disposofobia.
 
Gaccione. È composta prevalentemente di libri di poesia ed esiste un registro cartaceo dei singoli titoli?
 
Longo. Sì, è costituita prevalentemente da testi poetici. E non poteva essere altrimenti, avendo io nutrito, subito dopo il conseguimento della maturità magistrale, ossia sin dai primi anni Settanta, uno smodato amore per l’arte poetica, che mi ha portato, nei decenni a seguire, a licenziare alle stampe, fra gli altri, undici volumi di poesia. Il primo, Gocce amare di pensiero - pur se a scrivere versi avevo già cominciato all’età di 13 anni -, nel 1975. Pubblicazione, questa, ad opera dell’illustre mecenate, tipografo, Mario Manco, di Scalea. Il poeta, Giuseppe Cupido, scaleoto anch’egli, ne dava, in pari data,  notizia sulla pagina di Calabria del quotidiano ‘Il Tempo’. I primi anni Settanta furono, pertanto, anche quelli in cui cominciai l’incetta, sfrenata, dei testi poetici. Da allora, me ne sono pervenuti anche in grosse quantità dalle sezioni letterarie del premio San Nicola Arcella, prima, e, soprattutto, del San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo, dopo. Ma anche da tanti altri premi letterari, in alcuni dei quali sono stato anche membro di giuria, e da tante case editrici importanti, come Mondadori, Einaudi, Biblioteca Cominiana, Garzanti, Rusconi, Feltrinelli, Rizzoli, Bompiani, Newton Compton, Crocetti, ecc., che me ne omaggiavano di tanto in tanto, o che me ne scontavano i prezzi. Tantissimi, poi, acquistati nelle edicole dei vari paesi limitrofi al mio, e in tanti altri in cui ho avuto, nei decenni, a recarmi. Le maggiori incette me le son fatte, però, a Milano (soprattutto, a prezzi scontatissimi, al Libraccio), Firenze (dove ho avuto una mano d’aiuto economica anche da parte di mio fratello Antonio, ora nel Milanese, che lì lavorava), Roma, Recanati (nel cui Palazzo Municipale convolai a nozze con la mia Maria), Ancona, Napoli, Salerno (dove mi ero iscritto a Lingue), Cosenza (presso la cui libreria Domus mi son rifornito per decenni), Catanzaro, Catania, ecc. Altre, ancora più grosse, e sempre a pagamento, a mezzo pacchi postali da tutta Italia, e cioè da parte di tantissime case editrici minori. Vi è, nella mia biblioteca, materiale poetico, comunque, da tutti i continenti, sesto escluso, ovviamente, che è l’Antartide. Ogni volta che i volumi di poesia li ho ricevuti o comprati, non li ho mai collocati in biblioteca, prima che li leggessi tutti. E quasi sempre (come parimenti già risposto, nella prima domanda, in ordine ai libri delle elementari), per la troppa foga di conoscerne (illuso dal motto latino dulcis in fundo) il più bello, ne cominciavo la lettura dall’ultimo componimento. Ma oltre che foga, questa, era anche, forse, una forma di mania che mi dava la sensazione, leggendone gli ultimi, di essere già arrivato alla fine dei libri, e cioè di averli già del tutto “fagocitati”. Per cui, posso dirlo in tutta franchezza, non c’è poesia, fra le migliaia di volumi da cui sono circondato, che io non abbia letto. 


Gran parte della rimanenza dei testi bibliotecari non si discosta, però, molto dalla materia poetica, essendo essa costituita da volumi antologici, di narrativa, saggistica, biografie, vocabolari (oltre che di italiano, anche di latino, francese, inglese, spagnolo e tedesco), grammatiche a iosa di italiano e altre lingue, enciclopedie, ecc. Solo una minima parte di tutto il patrimonio librario è dunque rappresentata da volumi di psicologia, zoologia, matematica (con anche un’enciclopedia di volumi universitari), sessuologia (con circa duecento esemplari), storia, geografia, micologia, giurisprudenza, antropologia, latino, ginecologia, patologia medica, geologia, favolistica, ittica, anatomia, speleologia, numismatica,  fisiologia, eugenetica, botanica, didattica e, soprattutto, di astronomia, essendo io stato, per tantissimi anni, anche un appassionato astrofilo. Ho avuto, a tal proposito, come strumento, con cui ho praticato turismo celeste notturno, un rifrattore apocromatico 155  Zen, elettrificato, e con mastodontica e sofisticatissima montatura altazimutale, alta oltre 2 mt, realizzata da un mio nipote, allora 14enne, Giuseppe De Leo, appassionato sin da piccolo di meccanica, e da me poi descritta, in circa 10 pagine, nel primo volume Alto Tirreno Cosentino, e che fu così commentata dal grande astrofisico Corrado Lamberti, direttore della rivista internazionale ‘Astronomia’: “L’articolo è scritto con stile brioso e simpatico. Tanto di cappello all’inventiva dell’artigiano Beppe e all’estro dello zio scrittore”. Il telescopio, che tuttora conservo, risulta corretto su quattro lunghezze d’onda, e mi ha consentito di osservare corpi celesti, con lente di Barlow, anche a 1500 X (ingrandimenti). In più, mi ha spronato a scrivere un volume di circa mille pagine su comete e dintorni (3000 a.C.-2000). Quest’ultima fatica (rimasta inedita, in quanto scritta a macchina e non al computer) mi ha comunque portato ad avere rapporti epistolari e telefonici, oltre che con Mario Tozzi e  decine di illustri astrofili, con astrofisici come Margherita Hak (da cui fui omaggiato anche di una noticina critica alle mie poesie), il già menzionato Corrado Lamberti, Walter Ferreri sulla cui rivista, ‘nuovo Orione’ (sic), come anche su un’altra, ‘Coelum’, ho parecchio anche scritto, Piero Tempesti, Andrea Carusi e Brian Marsden (USA). Da tutti ho avuto a ricevere anche un quantitativo assai copioso di materiale astrofisico-cometario per la stesura del mio libro. Da Marsden, ad esempio, il grande catalogo di tutte le comete coi loro passaggi al perielio.
Con questo breve excursus, di cui mi scuso, ho inteso comunque significare che lo smodato amore per l’astronomia mi ha consentito di arricchire la biblioteca non solo e non tanto di materiale prettamente astrofisico-cometario, ma anche di un gran numero di copie delle tre riviste astronomiche internazionali a cui, per diversi anni, sono rimasto abbonato. Riviste, queste, che, assieme a quelle letterarie, costituiscono un’assai ricca Rivisteria a corredo della biblioteca. Non meno imponente è anche l’Emeroteca, costituita da giornali con miei scritti ed altri con scritti su di me. Sia copia degli articoli presenti sulle riviste che di quelli sui giornali risultano tutte sistemate in libroni, o faldoni, in formato A4, con fogli a sacche. A corredo della biblioteca ci sono anche, ovviamente, i grossi raccoglitori, anch’essi in formato A4 (con copertina nera rigidamente plastificata, costole alte 4 centimetri e fogli a doppia sacca), del Premio letterario, “San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo”, in ordine a tutta l’epistolografia mia, dei giurati e dei concorrenti più illustri, nonché i servizi fotografici d’ogni cerimonia. Ne conserva copia, presso l’archivio “Lo Schiavo”, l’ex organizzatore del Premio, Marcello Vacca, pronipote del medesimo. E, per rispondere, infine, alla seconda parte della domanda, devo dire che tutti i volumi di poesia risultano catalogati su una Rubrica cartacea, in formato A4 e copertine rosso amaranto, costola alta 3 cm, con numerazione cardinale per ogni lettera alfabetica, nonché con autore, titolo, casa editrice o privato, data di arrivo e prezzo.



Gaccione. In questi anni si è proceduto ad un inventario telematico?
 
Longo. No, mai. Sia per mancanza di tempo, sia anche per l’incapacità di farlo.
  
Gaccione. In che anno è stata fatta l’offerta al Comune di San Nicola Arcella e quali locali erano stati individuati per ospitare i libri?
 
Longo. L’offerta è stata fatta nella primavera del 2022. Periodo in cui il giovane dott. Paolo Laino (Consigliere ai Sistemi informativi e Innovazione tecnologica - Sviluppo turistico e Marketing territoriale - Politiche europee), e il Sindaco, succeduto alla rag. Barbara Mele, nella persona dell’arch. Eugenio Madeo (già suo vice nella terz’ultima Consiliatura, nonché già Consigliere della Regione Calabria e Presidente e Assessore della Provincia di Cosenza), si sono recati al mio domicilio per il conteggio e la misurazione di tutte le scaffalature. In quella stessa occasione ho redatto bozza, in cinque paginette, dell’atto di donazione, la cosiddetta “lettera di intenti”, al Comune, della mia biblioteca, contenente, tra l’altro, tutte le clausole da osservare, da parte di esso, nel caso se ne rendesse donatario a tutti gli effetti di legge. Di primo acchito, si era pensato, da parte del Sindaco, di ospitarla nella Sala consiliare. Considerato, però, il numero assai consistente di volumi, ed ivi la presenza già di quella comunale, il Madeo mi veniva a proporre, in alternativa, l’istituzione di una “Biblioteca diffusa”, sui due piani dell’Edificio Municipale. Ma anche questa opzione non ha trovato gli spazi sufficienti per l’assetto bibliotecario di tutte le scaffalature. Infine, il signor Sindaco ha pensato di poterla allocare nel Palazzo dei Principi Spinelli-Lanza, attualmente restaurato da una Società cosentina, “Fabiano Hospitality srl”, la quale ne ha allestito tante unità lussuosamente ricettive per grandi eventi. In una di queste potrebbe essere, appunto, allogato il mio fondo librario, con le sue trenta et ultra scaffalature. Fondo librario da cui verrebbero esclusi, ovviamente, i tantissimi doppioni (diverse centinaia, a un dipresso) che custodisco, separatamente, in un altro locale, che rimarranno di mia proprietà. Mentre tutto il materiale a corredo della biblioteca, di cui dettosi in calce alla mia seconda risposta, potrà essere accorpato (in concomitanza con quello loschiaviano) alla stessa biblioteca, qualora ne venisse accolta la donazione, solo in un secondo tempo.

 
Ma vi sono troppi intoppi, per il Comune, non disponendo ancora di un contributo europeo di natura economica. E anche per l’impossibilità di reperire contenitori idonei allo scopo, ovverossia con ante in vetro antieffrazione e munite di chiusura a chiave. Quanto, invece, ai locali muniti di sistemi antifurto e antincendio, sicuramente gli stanzoni del Palazzo ne saranno dotati. Problemi, questi comunali, che dovrebbero, ad ogni modo, essere superati a breve. Almeno, così si spera, e così mi hanno assicurato anche i consiglieri Paolo Laino e Fabrizio Vergara, unitamente al mio altro caro amico, Domenico Raso, uomo dai plurimi interessi culturali che, in passato, aveva avanzato anche la proposta didattica - sicuramente per far sì che i bambini avessero a imparare non solo dove mettere i piedi, ma anche dove mettere gli occhi -, di dotare il Complesso della scuola primaria di un telescopio. Ovviamente, dopo aver vagliato l’impossibilità di traslocazione del mio rifrattore, di cui diffusamente detto in mia seconda risposta. E non solo. Quando io fui direttore della Biblioteca comunale -in un torno di tempo dei secondi anni Ottanta (in cui era a guida del paese Biagio Ariete, reduce dalla clamorosa vittoria elettorale su Maurizio Misasi
, della quale parlarono i maggiori quotidiani d’Italia) -, Domenico Raso aveva già provveduto a catalogare e numerare tutti i volumi ospitati in detta Biblioteca. Io conto molto nel suo ausilio e in quello degli altri, summenzionati, due miei carissimi compaesani, Paolo e Fabrizio, per ciò che concerne, qualora ne venisse accolta la donazione, l’assetto della mia biblioteca, col crearne, essi, i necessari presupposti, cui terrei moltissimo, per una provvida fruizione da parte di una larga e qualificata utenza. Biblioteca, questa mia, che, per realizzarla, mi è costata un’infinità di sacrifici, ed è per questo che ad essa io mi ritrovo, oggi, fortemente affezionato come ad una figlia. Ed è anche per questo che fortemente voglio ne sia conservato, a imperitura memoria, dentro l’involucro di tutte le sue vesti, l’amalgama di tutte le sue membra. Sarà pur sempre e per sempre una mia creatura!
 
Gaccione. Ti risulta che la Biblioteca Comunale sia assiduamente frequentata da studenti, insegnanti, studiosi? Non temi che la tua donazione possa diventare un luogo muto senza dialogo fra libri e lettori inesistenti?
 
Longo. Sì, ma non da studenti, insegnanti e studiosi, solo da turisti e lettori locali. So, altresì, che, allo stato, dei dipendenti comunali sono indaffarati nella sua descrizione catalografica e paratestuale, nonché nell’inventariazione e costruzione degli strumenti del materiale bibliografico. Cosa, questa, come da loro promessa, che verrà eseguita, in primis, anche per la mia biblioteca, in caso di accettata donazione da parte dell’Ente donatario. Di questa Comunale, in prosieguo di tempo, ai fini di un assetto completivo, dovrebbero prendere le redini l’Associazione “Alessandro Siciliano O.D.V.” e gli operatori culturali Leonardo Lacco, dialettologo ed etnologo, e la scrittrice Concetta Zangari, sua consorte. Quanto alla mia donazione, se andrà in porto, sono sicuro che avrà il suo afflusso di lettori, perché San Nicola Arcella, oltre ad essere un borgo ad altissima vocazione turistica, ha anche sempre avuto giovani (quelli di oggi quasi tutti diplomati o laureati) dediti ad attività teatrali, musicali ed orchestiche. Per cui, essendo arte anche la poesia, non rinunceranno, unitamente a qualche mente letteraria turistica, a voler scoprire quali tesori poetici si celano sulle scaffalature della mia biblioteca. I più avveduti ben sanno che, di quanto è contenuto, in fatto di numero di testi poetici all’interno di un libro, su uno smartphone si riporta solo qualche esemplare più famoso. La biblioteca offre, dunque, la totalità, non la parzialità. Ed è proprio questo il motivo, precipuo, per cui il cartaceo non sarà mai del tutto rimpiazzato dai vari congegni meccanotronici imperversanti oggi nel mondo. Non passerà assai tempo, e già vedremo, o, nella peggiore delle ipotesi, altri avranno a vedere per noi già defunti, che avverrà la grande inversione di marcia o, ritorno di fiamma, dell’elettronica e dell’informatica alla carta stampata. Si assisterà, dunque, prima o poi, almeno in quanto a pubblicazioni librarie, con detta inversione di tendenza, al decadimento di questa società altamente digitalizzata.

 
Occorre, pertanto, far presente che se, ad oggi, disponiamo, qui, a San Nicola,  di ben fornite biblioteche (quella Comunale, quella dell’Archivio Lo Schiavo e la mia), lo dobbiamo, sia pure solo in parte, all’afflusso librario, dai 400 ai 600 volumi  a edizione, avvenuto ad opera del  Premio letterario “San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo”, e ciò a seguito del grande rilancio di esso da parte dei sindaci, rag. Biagio Ariete, geom. Giuseppe Russo e prof. Domenico Donadio, con averlo fatto assurgere alle vette più eccelse in fatto di prestigio, al punto da non avere avuto, esso, nulla più da invidiare al Campiello, al Viareggio e allo Strega. Afflusso che è venuto poi maledettamente a mancare, allorquando il Premio, che aveva pur avuto giurati (tutti, tranne Bo, di mia cooptazione, in qualità di vicepresidente e segretario generale con diritto di voto dello stesso), come Ramat, Pedullà, Rea, Minore, Bo,  Sansone, Cipparrone, Marabini, Aloise, Piromalli, Sgarbi, Ruffato, Finzi, Nigro, Spagnoletti, ecc., e premiati come Accrocca, Augieri, Cucchi, Fontanella, Pierro (allora, candidato al Nobel), Marniti, Calabrò, Pazzi, Mussapi, Russell, De Jaco, Prisco, ecc., nonché finalisti come Bevilacqua, Bellezza, Barberi Squarotti, Tentori, Merini, Giudici, Conte, Crovi, Fiore, Pecora, Beha, Di Ciaula, G.Buttafava, Rusconi, Sovente, Sanguineti, Vettori, Portinari, Maffia, Giancarlo Pontiggia, e tanti e tanti altri ancora di questo spessore, come anche, dulcis in fundo, il Premio Nobel spagnolo 1989, Cela, allorquando il Premio, dicevo, venne, nel 2001 -e cioè proprio quando era in dirittura d’arrivo della Cerimonia di premiazione della XXII edizione-, collocato in “quiescenza”. E ciò non già per motivi economici, dacché la quantità e qualità dei libri in arrivo ne compensavano, abbondantemente, i costi annuali per premiati, giurati e tutto il resto, ma bensì per la concomitanza della sua Cerimonia col tragico evento delle Torri Gemelle, che, oltre a scuotere lo stesso Premio, scosse il mondo intero.


A proposito della cooptazione dei giurati, occorre precisare, a onor del vero, che, se in essa ho detto “tranne Bo”, è perché di quella singola cooptazione volle personalmente onorarsi l’Ariete il quale, facendo sfoggio di tutta la sua squisita e brillante loquela politica, fece credere, sfacciatamente (absit iniuria verbis), al grande luminare, di essere stato un suo portentoso allievo. E, per tornare al Premio, se questo fosse rimasto attivo, ad oggi (per via della grande forza attrattiva, che avrebbe seguitato a esercitare, anche sui concorrenti più illustri, con la prestigiosità delle giurie), saremmo, di certo, sommersi di libri. San Nicola Arcella, anche di gloria. La mia biblioteca, dunque, con tutto questo retroterra culturale, non potrà mai, per seguitare a rispondere alla seconda parte di questa domanda, trovarsi ad essere relegata in un luogo oscuro, senza potersi interfacciare coi lettori di oggi e delle generazioni avvenire. Ed è con questa contentezza e contezza che, a fronte d’uno smartphone, questo mio patrimonio librario resterà, in omne tempus, un’utenza insostituibile, sia in quanto a copiosità di contenuti che a originalità di contenenti. Un’altra opzione per l’ospitalità di questa mia biblioteca, in caso di inattuabilità di quella all’interno del Palazzo dei Principi Spinelli-Lanza, potrebbe essere quella, altrettanto allettante in fatto di grandi spazi, per il dislocamento all’interno dell’ampio salone dell’Asilo infantile, intitolato a Giuseppe Barletta, che ne fu il mecenate. Quest’ultimo vuole essere solo un mio personale, e spero non inopportuno, messaggio all’indirizzo del signor Sindaco, in caso di extrema ratio, ossia di provvedimento limite.
  
Gaccione. Capisco che in quanto poeta del luogo tu voglia donare questo patrimonio al Comune di nascita. Ma se ci fosse un’offerta seria per un Archivio della Poesia in un luogo diverso saresti disponibile a donarlo?
 
Longo. Be’, se proprio dovessi donarlo al mio comune di nascita, questo sarebbe Praia a Mare (paese di mia madre), dove ebbi i natali il 25 novembre 1950. Ma solo i natali, in quanto il trasferimento fu subito effettuato nel comune di Santa Domenica Talao, dove rimasi per dieci anni, per infine passare in quello di San Nicola Arcella nel 1961, dove vivo da 62 anni. Relegare i miei libri in altri posti, per me sarebbe come non averli più donati, ma gettati alle ortiche. Neanche alla Biblioteca dell’Accademia Cosentina sarei disposto a donarli. In altri luoghi, la mia Biblioteca, non essendo io un personaggio di spicco, non sarebbe neanche degnata d’uno sguardo. Quindi, o al comune di San Nicola Arcella (di cui mi ritengo, ab imo pectore, un figlio legittimo e non adottivo, dacché vi abito, come altrove già detto, da ben 62 anni), o lasciata macerare fra le otto pareti della mia abitazione, e ciò a costo, respirandone la polvere, ma dico per dire, di beccarmene anche l’asbestosi. Una volta la mia casa era una stalla. Fu mio padre a trasformare la sua destinazione d’uso da rurale in civile abitazione. Ma, stando al buttittiano motto “Le case senza libri sono stalle”, sarebbe rimasta, comunque, ancora una stalla se io non l’avessi poi riempita di libri. Fino a rischiare di finire come la grande scrittrice e opinionista televisiva, Barbara Alberti, con libri fino al soffitto. Oppure, come Sandro Penna che fu trovato morto e sepolto sotto i libri. Anche se, dai miei, adesso, con la consapevolezza di compiere un atto di elevatissimo valore socio-culturale nel donarli, sto per disgiungermi, con viva speranza che il Sindaco possa superare agevolmente tutti gli ostacoli economici, tecnici e burocratici che l’iter amministrativo gli pone davanti, e addivenga, al più presto, a una stipula notarile dei medesimi. Io ho molta fiducia in lui, in quanto, dai suoi comizi, dai suoi articoli e dai suoi discorsi, ho sempre desunto che egli nutre uno sviscerato amore per San Nicola Arcella, dove -come pure altri politici, tra cui il pluriministro della Repubblica, Riccardo Misasi (le cui spoglie oggi riposano, con grande orgoglio ed onore per i sannicolesi, nel cimitero di San Nicola Arcella), Salvatore Frasca e Nicola Mancino-, possiede, da vari decenni, una sua villa, essendomelo visto passare, nei periodi estivi, davanti ogni giorno quand’ero vigile urbano. Quanto al Riccardo Misasi, egli passò a miglior vita pochi giorni dopo avere assistito, in Piazza Altieri, alla consegna del Premio “Lo Schiavo” per la Poesia, settembre 2000, vinto, da Corrado Calabrò a pari merito con Luigi Fontanella che, in quell’occasione, venendo a far visita alla mia biblioteca, mi onorò della sua presenza e dell’esposizione, in seguito, all’interno della sua università Stony Brook di New York, essendone rimasto estasiato, di un bellissimo poster di San Nicola Arcella, a firma del nostro provetto fotografo, Vincenzo Solano.

 
E, tornando al signor Sindaco (reduce dall’avere intitolato, in perfetta sinergia con l’ Associazione “Alessandro Siciliano O. D. V.”, e i due operatori culturali, nonché scrittori, di cui già detto, Leonardo Lacco e Concetta Zangari, la Sala consiliare al Grande Ufficiale sannicolese, Conte Vincenzo Alessandro Siciliano), occorre altresì dire che egli è un uomo di grande levatura morale ed  elevatissima cultura, avendo, al proprio attivo, una sfilza abbastanza nutrita di lauree magistrali e lauree brevi, nonché di diplomi e specializzazioni in più campi dello scibile umano, con una sfilza altrettanto nutrita di cariche ed incarichi ad alti livelli. Essendo, dunque, un uomo immerso nella cultura fino al collo, non può non mantenere la promessa fattami. Per cui non mollo. Aspetto con gran fiducia. Come, con grande spirito d’amicizia, attendo anche la promessa del mio carissimo compagno di viaggio in campo letterario, Leonardo Lacco, che, in qualità di presidente di alcune Società umanitarie e culturali locali, per le quali dà tutto sé stesso, si è detto ben disponibile a erogare il suo contributo altruistico, sempre di conserva con lo stesso Sindaco -il cui vice è la dott.ssa Maria Teresa Carbone-, e l’Amministrazione comunale tutta, anche per una idonea collocazione della mia biblioteca, ed una larga fruibilità di essa da parte dei lettori interessati, dopo averne, ovviamente, affidato la gestione a personale efficientemente competente. Conto nel giovane e zelante Lacco in quanto siamo stati sempre accomunati dall’interesse per la letteratura, avendo egli - coadiuvato brillantemente e assiduamente, in tutti i suoi lavori, dalla sua consorte, Concetta Zangari -, tra l’altro, pubblicato una copiosa e particolareggiata monografia, in FA4, valorizzante il patrimonio storico-etnografico di San Nicola Arcella, ed essendo in procinto di licenziare alle stampe anche un voluminoso vocabolario di tutti i lemmi dialettali locali, avendogliene forniti anch’io ben oltre quattromila quasi tutti di natura geoponico-pastorale, che egli, assieme a tutti gli altri, ha già sistemato semasiologicamente ed etimologicamente, corredandoli di appropriati esempi esplicativi, e includendo, sempre nello stesso dizionario, anche una vasta appendice di materiale paremiologico. Il tutto con un mio “paginoso” scritto prefatorio, e con l’auspicio che questa sua imponente e prestigiosa opera per San Nicola Arcella possa avere esito a stampa a breve. E sarà sicuramente anche questo un ulteriore e prezioso contributo ad arricchimento del fondo librario di questo borgo.
 
 
Longo con la storica Olivetti


Gaccione. Quali sono le condizioni per un eventuale mecenate interessato a proteggere questo tuo patrimonio?
 
Longo. Se la protezione avrà ad essere in agro di San Nicola Arcella, sarà ben accetto, da parte mia, anche l’apporto materiale assai proficuo di un mecenate, che dovrà, ovviamente, attenersi a tutte le clausole contenute nella bozza di stipula, inviata al Sindaco. Bozza in cui io faccio atto di donazione, a titolo definitivo, della mia collezione bibliografica, consistente, come già detto, in circa 20mila volumi (pari a un valore patrimoniale di oltre 100.000 euro), di cui, per la maggior parte, di poesia e, per la rimanente parte, di plurimi generi culturali. Il tutto a proficua disposizione, in sala di lettura, della Comunità d’ogni campanile, nonché utilizzabile come strumento di ricerca da parte di studiosi in loco o turistici, e il tutto in rispetto anche del disciplinare biblioteconomico di pertinenza, da redigere, come già accennato, con stipula di accordi scritti, fra le due parti. La sottoscrizione della quietanza liberatoria deve aver luogo davanti a un notaio. Il materiale librario dovrà essere collocato in un luogo di particolare frequentazione (ove il mecenate dovrebbe realizzarne, o efficientarne, un locale di comprovata pertinenza), e in apposite scaffalature, con ante in vetri antisfondamento e con chiusura a chiave. Essere munito di sistemi antifurto, antincendio e videosorveglianza, con porte e finestre a chiusura blindata. Inoltre, avere un registro prestiti e restituzioni libri. I volumi potranno essere dati in prestito, per la lettura, solo a persone residenti in San Nicola Arcella. Per gli altri, la consultazione dovrà avvenire in ambito bibliotecario. Non potranno essere dati, altresì, in lettura esterna, vocabolari, antologie, volumi enciclopedici o di pregio o, comunque, di particolare interesse, o valore, bibliografico. Non sarà consentito darli in prestito a bambini o, comunque, a minorenni, che non siano accompagnati dai propri genitori a cui l’obbligo di firmare e fornire, per loro, il proprio numero di carta d’identità o di patente. I libri dovranno essere restituiti, in perfette condizioni, entro dieci/quindici giorni dalla firma. Inoltre, effettuarne l’inventariazione telematica, immettendola, una volta completata, sui vari siti Internettiani et similia, e stampandone un catalogo in varie copie. Il donatore potrà avere in prestito dei volumi, per motivi di studio o di lavoro, a tempo indeterminato, ma con obbligo di restituzione. In più, potrà seguitare a donare libri volta per volta che gli pervengano. Dopo la sua morte, avranno diritto a in vigilare, sul buon andamento della biblioteca, tutti gli eredi di famiglia, ossia moglie, fratelli e, in prosieguo di tempo, nipoti, pronipoti, ecc. Essendo il suo status quello del possessore e del donante di tutto il materiale librario, dovrà, egli, consequenzialmente, essere ritenuto esonerato dalla sostenibilità di tutti gli oneri derivanti dal trattamento inventariale, catalografico e immissione su siti Internettiani, nonché da tutte le altre spese correlate alla donazione: atto notarile, trasloco, servizio fotografico in ordine all’assetto bibliotecario pre-trasloco, acquisto di arredi, gestione, ecc.   


 
Longo fra i suoi libri in divisa
di guardia giurata

 

Gaccione. Il Comune ha mai pensato di fare un progetto per chiedere un finanziamento europeo e dotarsi di quanto indispensabile alla sistemazione di una biblioteca così fornita?
 
Longo. Che io sappia, solo per chiedere modesti contributi regionali. Mai quindi sufficienti per istituire una Biblioteca con personale addetto. Parlo di quella comunale. Della mia, negli anni passati, il Comune non era ancora a conoscenza. Può darsi che lo stia facendo adesso, in vista dell’acquisizione di questo mio materiale librario.
 

Un altro primo piano di Longo
 
Nota biografica
 
Nicolino Longo è nato il 25 novembre 1950 a Praia a Mare, vive a San Nicola Arcella in provincia di Cosenza ed ha al proprio attivo 23 volumi (di cui tre ancora inediti): undici di poesia ((con apparato pre/post-fatorio di Nino Scalisi (bis), Raoul Maria De Angelis, Tommaso Di Ciaula/ Luigi Reina, Raffaele Nigro, Vincenzo Guarracino, Stefano Jacomuzzi, Domenico Cara, Giorgio Linguaglossa,  Carlo Cipparrone, Carmine Chiodo (ter)), e note critiche di G. Barberi Squaotti, D. Rea, E. F. Accrocca, R. Pazzi, A. Piromalli, M. Sansone, R. Crovi, G. Conte, P. Cimatti, E. Mazzali, G. Artieri, F. Ulivi, G. Finzi, S. Ramat, E. Giachery, V. Faggi, A. Rossi, T. Scialoja, M. Petrucciani, V. Vettori, L. Fontanella, F. Grisi, M. Camilucci, G. Buttafava, G. Spagnoletti, T. Rossi, M. Cucchi e tantissimi altri tra cui anche il genialissimo e prolificissimo letterato T. De Mauro (che mi aveva anche promesso di venirmi a trovare a casa, così come pure Giorgio Barberi Squarotti e suo figlio Gianni, docente, all’epoca, ad Arcavacata); sei di aforismi ((con prefazioni o premesse di Carmine Chiodo (ter), Antonio Castronuovo, Laura Margherita Volante, Gino Ruozzi (tra i maggiori saggisti al mondo di aforistica classica e contemporanea), Federico Migliorati, Maurizio Cucchi, Guido Oldani (candidato al Premio Nobel), e recensioni di Angelo Gaccione, Fabrizio Caramagna (lo scrittore di aforismi, vivente, più citato al mondo), e Annitta Di Mineo)): Corti circuiti dell’area di Broca (2019); L’alba della sera (2020); Per lanterna il sole (2021); Nel grano dei giorni (2021); Un inferno paradisiaco (2022) e Il passo non dato (2023), in corso di stampa. Secondo alcuni critici, con il mondadoriano Caramagna e la docente universitaria Volante, è il più prolifico e qualificato aforista italiano, ed è, con aforismi e scritti critici, presente, assieme ad autori intercontinentali, sui siti Aforismario e Aforisticamente. Al suo attivo, altresì, un Volume di matematica, in formato A4, pagg. 250, ospitante cento problemi et ultra, da lui formulati e risolti con equazioni anche di IV grado, e sistemi di equazioni fino a quattro incognite; un volume di astronomia di circa mille pagine (inedito); un’Antologia poetica di autori italiani (inedita), e tre volumi di articoli giornalistici, di 150 pagg. cadauno, anch’essi in formato A4: Alto Tirreno Cosentino/ Primo volume (2015),  Alto Tirreno Cosentino/ Secondo volume (2020), Alto Tirreno Cosentino/ Terzo volume (2023) inedito. Ed, infine, un libretto con tutti i poeti sannicolesi. Presente in numerose riviste, saggi e antologie poetiche, le sue opere hanno ricevuto centinaia di lusinghiere recensioni da parte dei più illustri critici letterari italiani. Recentemente, è stato inserito, con uno scritto di 20 righe, nell’Opera omnia poetica Dialogo Infinito, in due volumi, di circa 2.500 pagine, del docente universitario Giorgio Barberi Squarotti (decano di tutti i letterati italiani). È stato vice presidente e segretario generale con diritto di voto del San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo”, con presidenti del Premio, in successione: G. Celico, C. Zegretti Carpi e L. Quintieri. Della giuria: M. Sansone, A. Piromalli e R. Nigro. Nel 2005, gli è stato assegnato, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Premio della Cultura.



 

San Nicola Arcella.
 
Cessata di essere Casale di Scalea ad opera del Conte Alessandro Siciliano, e del Deputato del Regno, Avv. Fedele Giuseppe De Novellis (con procedura iniziata nel 1912 e terminata nel 1914), San Nicola Arcella (m 117 s.l.m., 1.988 abitanti) è, oggi, Centro balneare, con spiagge e coste tra le più pittoresche e suggestive d’Italia. Le grotte marine e le sorgenti d’acqua potabile subacquee, l‘Arco Magno, le scogliere, il “Sentiero Blu” (per lo “snorkeling”), nonché la felicissima ubicazione prospiciente l’Isola Dino e la stupenda cornice del Golfo di Policastro, sono il miglior biglietto da visita della sua vocazione turistica. Ma, nel suo territorio, è possibile, altresì, oggi ammirare pure vestigia dell’antica “Traianea” (per la quale, nel 1828, passò, “nus pieds”, anche il Ministro della Chiesa scozzese, G.T. Ramage), di Chiese basiliane e Ville romane scoperte dallo scrittore eponimo della Torre, Francis Marion Crawford, che estivò, a cavaliere tra il XIX e XX secolo, in questa fortezza aragonese, scrivendovi anche alcuni dei suoi più noti ed intriganti capolavori dell’orrore, divenuti, all’epoca, best sellers di fama mondiale (come, ad esempio, Perché il sangue è vita, ambientato nei paraggi della stessa Torre), e fonte di grande ricchezza per l’autore, che di libri ebbe a scriverne oltre sessanta. E, per concludere col settore “edilizio-architettonico”, anche la bellissima Chiesa ottocentesca di San Nicola da Tolentino, a schema basilicale, con due navate laterali e una centrale, e con volta, affrescata, a tutto sesto; la Torre del Semaforo e il Palazzo, settecentesco, del Principe Scordia Pietro Lanza Branciforte di Trabia, che sposò Eleonora Spinelli di Scalea, e un cui erede è stato, anni addietro, compagno di una assai nota opinionista televisiva. Quanto, poi, alla sua “paleostoria”, pare che, fra il 73 e il 71 a. C., ad avviso dell’etnografo scaleoto, Carmelo Giordanelli (attingendo da un lacerto di Sallustio, tradotto dal Pareti), nella contrada Vannefora (Annii forum: foro di Annio, esattamene, in località Piano delle Pere di San Nicola Arcella, ove ebbe a porre i suoi accampamenti per una notte), sia pervenuto dalle “Nares lucanae”, coi suoi 120.000 uomini, il gladiatore trace, Spartaco, il quale (secondo poi il Dotti, il Plutarco e l’Antonini), al rientro dal “Bruzio”, avrebbe sostenuto il gran cozzo con le legioni di Crasso nell’odierna Piana del Lao o di Scalea (patria, questa, del filosofo Gregorio Caloprese -maestro, tra gli altri, del Gravina e del Metastasio-, nonché, come già ampiamente alluso in cappello, quondam città-madre di San Nicola Arcella). Fra le personalità di spicco che hanno dato maggior lustro e notorietà, in Italia e all’estero, a questo piccolo borgo, sono senz’altro da annoverare: i due talentuosissimi poeti, Tolentino Miraglia e Franco Lo Schiavo (entrambi anche medici e nativi dell’America del Sud), nonché il conte Alessandro Siciliano, che, anni addietro, riguardo alla produzione/distruzione del caffè in Brasile, da lui effettuata a rincararne il prezzo, è stato anche menzionato nel Documentario televisivo “Terra nostra”, e l’altro grande industriale, attivo tra L’Avana e Santo Domingo, con la General Motors, Amedeo Barletta, che insieme, per i vertiginosi traguardi raggiunti nelle loro attività, appunto, in Centro e Sud America, fecero parlare di sé in tutto il mondo. Per lustro e notorietà entro i soli confini nazionali, invece, si contraddistinse il Giurista Gerardo Coppa, che, assieme a Don Luigi Sturzo, ebbe campo di assurgere, onorevolmente, a propositore e zelatore del “Regionalismo” in Italia. [Nicolino Longo]