SALVARE QUESTO PREZIOSO PATRIMONIO
Nicolino Longo |
Circa 12 mila testi di poesia compongono di per sé uno dei più ricchi archivi di questa forma espressiva di cui la Calabria potrebbe andare fiera. In questa conversazione con Gaccione il poeta Nicolino Longo racconta della sua biblioteca e di come vorrebbe farne dono al Comune di San Nicola Arcella dove vive.
Gaccione. Di quanti volumi si compone la tua biblioteca personale?
Longo. Il patrimonio della mia biblioteca si aggira, ad oggi, intorno ai 20mila volumi. Il poeta e critico letterario Carlo Cipparrone, su una testata culturale del Sud, dopo esserla venuta a periziare, la definì, fra quelle personali, in fatto di quantità e qualità dei testi, la più agguerrita di Calabria. Ne ho acquistati dappertutto in Italia, e in Francia quando ero iscritto a Lingue. Ne ho avuti tanti anche in omaggio. A farne le spese, per quelli non in omaggio, sono state, ogni volta, le tasche dei miei genitori. Ma anche le mie, quando ho potuto lavorare come applicato di segreteria, centralinista, vigile urbano, guardia giurata particolare, giudice popolare (fatto inusitato, per 7 mesi circa, presso la Corte d’Assise di Cosenza), ecc. Tutti i miei volumi ora giacciono, purtroppo, sofferenti, in quanto in doppia fila, in una casa agreste, ubicata su una collina a 500 mt sul livello del mare, e da dove del mare si vede, con gran gioia per gli occhi, tutto il Golfo di Policastro, l’isola Dino, l’isola di Cirella e quasi tutte le Eolie, con visione perfetta, nelle belle giornate, di Stromboli, Lipari, Salina, Filicudi e Alicudi. E, tornando a bomba, devo dire che i libri sono sistemati, oltre che in alcune cassettiere, su 15 scaffalature alte 2 mt e 30, suddivise in 6 ripiani, con lunghezza di ognuno di circa 1 mt, e con disposizione, purtroppo, come già detto, in doppi filari, per angustia loci. I dorsi tutti pareggiati orizzontalmente: non un libro sporgente di un solo cm rispetto a un altro. Tutti, verticalmente, uno a fianco alla costa dell’altro. E divisi per case editrici, soprattutto quelli di case editrici maggiori e medie. Da questo perfezionismo enechetico, non mi sono potuto mai emendare. Perfezionismo che, però, non ho potuto seguitare a onorare per quanto riguarda i ripiani delle scaffalature che una volta, quando si incurvavano, per il sovrappeso dei libri, per dirla con Carducci, in duplice filar, li ribaltavo e gli facevo riacquistare la posizione orizzontale, cosa che la mala salute non mi ha più permesso, appunto, di poter fare in seguito. A tal proposito, voglio riportare l’ultima strofe di una poesia, dedicata proprio alla mia biblioteca (pubblicata in Petali e spine della rosa dei venti, 2015, con prefazione del Chiar.mo prof. Carmine Chiodo), nella quale, rivolgendomi ai ripiani, ingobbiti, per i motivi di cui anzidetto, scrivevo: “E questo perché alla vostra/ (mi riferisco/ alla maledetta gobba)/ per il sovrappeso degli anni/ ora va aggiungendosi, ahimè, anche la mia”.
Ultimamente, quando la salute ha cominciato, infatti, a vacillare, sono stato costretto anche a rincasare non più con una busta di libri in mano, come al solito, bensì di farmaci. Anche se i libri sono comunque sempre stati, e lo sono tuttora, le medicine più terapeutiche del mio spirito. L’amore per i libri in genere l’ho delibato sin dalle scuole elementari (ora, primarie). Quando mi si consegnavano il libro di lettura e il sussidiario, la prima cosa che facevo era, comunque, quella di annusarne l’odore, gradevolissimo, di inchiostro, frammisto alla fragranza della carta fresca di stampa. E lo facevo per ore, e, di tanto in tanto, poi, ho continuato, feticisticamente, a farlo anche da adulto. In quegli stessi anni, cominciai a leggermi (come farò poi, da lettore maturo, coi libri di poesia), dall’ultimo capitolo al primo, tutti i racconti più divertenti del libro di lettura, e tutti, nel sussidiario, gli eventi bellici che interessavano soprattutto Roma, che la volevo sempre vincitrice. Se trovavo scritto, infatti, che Roma avesse perso una guerra, la notte non dormivo dal troppo dispiacere. Non aspettavo mai che fosse il maestro ad arrivare per primo, con la spiegazione, a quelle pagine. La lettura serale, nelle campagne, prima dell’avvento della luce elettrica, avveniva al lume della lampada a olio, o a petrolio, o a gas, oppure ancora al lume di candela. Quella diurna, seguendo il gregge da un pascolo all’altro. Nelle elementari (alla cui sede per arrivarci e tornarne dovevo farmi all’incirca 14 km al giorno), non avevo la capacità di sintesi, ma di memorizzazione di tutto quanto leggessi due o tre volte. Un insegnante, tramite il Circolo Didattico di Scalea, per questa dote, mi segnalò al Ministero della Pubblica Istruzione, quale alunno portento per la particolare, appunto, attitudine “matetico-mnesica”, virtù, questa, che, purtroppo, verso i 12 anni, ebbe a scomparire quasi del tutto. Con quanto sopra argomentato, ho voluto significare che per creare una biblioteca, pur se di piccola mole come la mia, occorre, di necessità, sempre uno sviscerato amore per i libri. Non solo per i loro contenuti, ma anche -oltre che per il suadente, come nel mio caso, effluvio degli elementi chimici dei loro fogli-, per la visione estetica delle loro copertine, dei loro involucri, delle loro pagine scritte o ricche di immagini o disegni. Bisogna, insomma, essere affetti da quell’inguaribile processo morboso detto bibliofilia, spesso sconfinante nella bibliomania o, peggio, nella disposofobia.
Gaccione. È composta prevalentemente di libri di poesia ed esiste un registro cartaceo dei singoli titoli?
Longo. Sì, è costituita prevalentemente da testi poetici. E non poteva essere altrimenti, avendo io nutrito, subito dopo il conseguimento della maturità magistrale, ossia sin dai primi anni Settanta, uno smodato amore per l’arte poetica, che mi ha portato, nei decenni a seguire, a licenziare alle stampe, fra gli altri, undici volumi di poesia. Il primo, Gocce amare di pensiero - pur se a scrivere versi avevo già cominciato all’età di 13 anni -, nel 1975. Pubblicazione, questa, ad opera dell’illustre mecenate, tipografo, Mario Manco, di Scalea. Il poeta, Giuseppe Cupido, scaleoto anch’egli, ne dava, in pari data, notizia sulla pagina di Calabria del quotidiano ‘Il Tempo’. I primi anni Settanta furono, pertanto, anche quelli in cui cominciai l’incetta, sfrenata, dei testi poetici. Da allora, me ne sono pervenuti anche in grosse quantità dalle sezioni letterarie del premio San Nicola Arcella, prima, e, soprattutto, del San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo, dopo. Ma anche da tanti altri premi letterari, in alcuni dei quali sono stato anche membro di giuria, e da tante case editrici importanti, come Mondadori, Einaudi, Biblioteca Cominiana, Garzanti, Rusconi, Feltrinelli, Rizzoli, Bompiani, Newton Compton, Crocetti, ecc., che me ne omaggiavano di tanto in tanto, o che me ne scontavano i prezzi. Tantissimi, poi, acquistati nelle edicole dei vari paesi limitrofi al mio, e in tanti altri in cui ho avuto, nei decenni, a recarmi. Le maggiori incette me le son fatte, però, a Milano (soprattutto, a prezzi scontatissimi, al Libraccio), Firenze (dove ho avuto una mano d’aiuto economica anche da parte di mio fratello Antonio, ora nel Milanese, che lì lavorava), Roma, Recanati (nel cui Palazzo Municipale convolai a nozze con la mia Maria), Ancona, Napoli, Salerno (dove mi ero iscritto a Lingue), Cosenza (presso la cui libreria Domus mi son rifornito per decenni), Catanzaro, Catania, ecc. Altre, ancora più grosse, e sempre a pagamento, a mezzo pacchi postali da tutta Italia, e cioè da parte di tantissime case editrici minori. Vi è, nella mia biblioteca, materiale poetico, comunque, da tutti i continenti, sesto escluso, ovviamente, che è l’Antartide. Ogni volta che i volumi di poesia li ho ricevuti o comprati, non li ho mai collocati in biblioteca, prima che li leggessi tutti. E quasi sempre (come parimenti già risposto, nella prima domanda, in ordine ai libri delle elementari), per la troppa foga di conoscerne (illuso dal motto latino dulcis in fundo) il più bello, ne cominciavo la lettura dall’ultimo componimento. Ma oltre che foga, questa, era anche, forse, una forma di mania che mi dava la sensazione, leggendone gli ultimi, di essere già arrivato alla fine dei libri, e cioè di averli già del tutto “fagocitati”. Per cui, posso dirlo in tutta franchezza, non c’è poesia, fra le migliaia di volumi da cui sono circondato, che io non abbia letto.
Gran parte della rimanenza dei testi
bibliotecari non si discosta, però, molto dalla materia poetica, essendo essa
costituita da volumi antologici, di narrativa, saggistica, biografie, vocabolari
(oltre che di italiano, anche di latino, francese, inglese, spagnolo e
tedesco), grammatiche a iosa di italiano e altre lingue, enciclopedie, ecc.
Solo una minima parte di tutto il patrimonio librario è dunque rappresentata da
volumi di psicologia, zoologia, matematica (con anche un’enciclopedia di volumi
universitari), sessuologia (con circa duecento esemplari), storia, geografia,
micologia, giurisprudenza, antropologia, latino, ginecologia, patologia medica,
geologia, favolistica, ittica, anatomia, speleologia, numismatica, fisiologia, eugenetica, botanica, didattica
e, soprattutto, di astronomia, essendo io stato, per tantissimi anni, anche un
appassionato astrofilo. Ho avuto, a tal proposito, come strumento, con cui ho
praticato turismo celeste notturno, un rifrattore apocromatico 155 Zen, elettrificato, e con mastodontica e
sofisticatissima montatura altazimutale, alta oltre 2 mt, realizzata da un mio
nipote, allora 14enne, Giuseppe De Leo, appassionato sin da piccolo di meccanica,
e da me poi descritta, in circa 10 pagine, nel primo volume Alto Tirreno
Cosentino, e che fu così commentata dal grande astrofisico Corrado
Lamberti, direttore della rivista internazionale ‘Astronomia’: “L’articolo è
scritto con stile brioso e simpatico. Tanto di cappello all’inventiva dell’artigiano
Beppe e all’estro dello zio scrittore”. Il telescopio, che tuttora conservo,
risulta corretto su quattro lunghezze d’onda, e mi ha consentito di osservare
corpi celesti, con lente di Barlow, anche a 1500 X (ingrandimenti). In più, mi
ha spronato a scrivere un volume di circa mille pagine su comete e dintorni
(3000 a.C.-2000). Quest’ultima fatica (rimasta inedita, in quanto scritta a
macchina e non al computer) mi ha comunque portato ad avere rapporti epistolari
e telefonici, oltre che con Mario Tozzi e decine di illustri astrofili, con astrofisici
come Margherita Hak (da cui fui omaggiato anche di una noticina critica alle
mie poesie), il già menzionato Corrado Lamberti, Walter Ferreri sulla cui
rivista, ‘nuovo Orione’ (sic), come anche su un’altra, ‘Coelum’, ho parecchio
anche scritto, Piero Tempesti, Andrea Carusi e Brian Marsden (USA). Da tutti ho
avuto a ricevere anche un quantitativo assai copioso di materiale astrofisico-cometario
per la stesura del mio libro. Da Marsden, ad esempio, il grande catalogo di
tutte le comete coi loro passaggi al perielio.
Con questo breve excursus, di cui mi
scuso, ho inteso comunque significare che lo smodato amore per l’astronomia mi
ha consentito di arricchire la biblioteca non solo e non tanto di materiale prettamente
astrofisico-cometario, ma anche di un gran numero di copie delle tre riviste
astronomiche internazionali a cui, per diversi anni, sono rimasto abbonato.
Riviste, queste, che, assieme a quelle letterarie, costituiscono un’assai ricca
Rivisteria a corredo della biblioteca. Non meno imponente è anche l’Emeroteca,
costituita da giornali con miei scritti ed altri con scritti su di me. Sia
copia degli articoli presenti sulle riviste che di quelli sui giornali
risultano tutte sistemate in libroni, o faldoni, in formato A4, con fogli a
sacche. A corredo della biblioteca ci sono anche, ovviamente, i grossi
raccoglitori, anch’essi in formato A4 (con copertina nera rigidamente
plastificata, costole alte 4 centimetri e fogli a doppia sacca), del Premio
letterario, “San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo”, in ordine a tutta
l’epistolografia mia, dei giurati e dei concorrenti più illustri, nonché i
servizi fotografici d’ogni cerimonia. Ne conserva copia, presso l’archivio “Lo
Schiavo”, l’ex organizzatore del Premio, Marcello Vacca, pronipote del
medesimo. E, per rispondere, infine, alla seconda parte della domanda, devo
dire che tutti i volumi di poesia risultano catalogati su una Rubrica cartacea,
in formato A4 e copertine rosso amaranto, costola alta 3 cm, con numerazione
cardinale per ogni lettera alfabetica, nonché con autore, titolo, casa editrice
o privato, data di arrivo e prezzo.
Gaccione. In
questi anni si è proceduto ad un inventario telematico?
Longo. No,
mai. Sia per mancanza di tempo, sia anche per l’incapacità di farlo.
Gaccione. In
che anno è stata fatta l’offerta al Comune di San Nicola Arcella e quali locali
erano stati individuati per ospitare i libri?
Longo.
L’offerta è stata fatta nella primavera del 2022. Periodo in cui il giovane
dott. Paolo Laino (Consigliere ai Sistemi informativi e Innovazione tecnologica
- Sviluppo turistico e Marketing territoriale - Politiche europee), e il
Sindaco, succeduto alla rag. Barbara Mele, nella persona dell’arch. Eugenio
Madeo (già suo vice nella terz’ultima Consiliatura, nonché già Consigliere
della Regione Calabria e Presidente e Assessore della Provincia di Cosenza), si
sono recati al mio domicilio per il conteggio e la misurazione di tutte le
scaffalature. In quella stessa occasione ho redatto bozza, in cinque paginette,
dell’atto di donazione, la cosiddetta “lettera di intenti”, al Comune, della
mia biblioteca, contenente, tra l’altro, tutte le clausole da osservare, da
parte di esso, nel caso se ne rendesse donatario a tutti gli effetti di legge.
Di primo acchito, si era pensato, da parte del Sindaco, di ospitarla nella Sala
consiliare. Considerato, però, il numero assai consistente di volumi, ed ivi la
presenza già di quella comunale, il Madeo mi veniva a proporre, in alternativa,
l’istituzione di una “Biblioteca diffusa”, sui due piani dell’Edificio Municipale.
Ma anche questa opzione non ha trovato gli spazi sufficienti per l’assetto
bibliotecario di tutte le scaffalature. Infine, il signor Sindaco ha pensato di
poterla allocare nel Palazzo dei Principi Spinelli-Lanza, attualmente
restaurato da una Società cosentina, “Fabiano Hospitality srl”, la quale ne ha
allestito tante unità lussuosamente ricettive per grandi eventi. In una di
queste potrebbe essere, appunto, allogato il mio fondo librario, con le sue
trenta et ultra scaffalature. Fondo librario da cui verrebbero esclusi,
ovviamente, i tantissimi doppioni (diverse centinaia, a un dipresso) che
custodisco, separatamente, in un altro locale, che rimarranno di mia proprietà.
Mentre tutto il materiale a corredo della biblioteca, di cui dettosi in calce
alla mia seconda risposta, potrà essere accorpato (in concomitanza con quello
loschiaviano) alla stessa biblioteca, qualora ne venisse accolta la donazione, solo
in un secondo tempo.
Ma vi
sono troppi intoppi, per il Comune, non disponendo ancora di un contributo
europeo di natura economica. E anche per l’impossibilità di reperire
contenitori idonei allo scopo, ovverossia con ante in vetro antieffrazione e
munite di chiusura a chiave. Quanto, invece, ai locali muniti di sistemi
antifurto e antincendio, sicuramente gli stanzoni del Palazzo ne saranno dotati.
Problemi, questi comunali, che dovrebbero, ad ogni modo, essere superati a
breve. Almeno, così si spera, e così mi hanno assicurato anche i consiglieri Paolo
Laino e Fabrizio Vergara, unitamente al mio altro caro amico, Domenico Raso,
uomo dai plurimi interessi culturali che, in passato, aveva avanzato anche la
proposta didattica - sicuramente per far sì che i bambini avessero a imparare non
solo dove mettere i piedi, ma anche dove mettere gli occhi -, di dotare il
Complesso della scuola primaria di un telescopio. Ovviamente, dopo aver vagliato
l’impossibilità di traslocazione del mio rifrattore, di cui diffusamente detto
in mia seconda risposta. E non solo. Quando io fui direttore della Biblioteca
comunale -in un torno di tempo dei secondi anni Ottanta (in cui era a guida del
paese Biagio Ariete, reduce dalla clamorosa vittoria elettorale su Maurizio Misasi, della
quale parlarono i maggiori quotidiani d’Italia) -, Domenico Raso aveva già
provveduto a catalogare e numerare tutti i volumi ospitati in detta Biblioteca.
Io conto molto nel suo ausilio e in quello degli altri, summenzionati, due miei
carissimi compaesani, Paolo e Fabrizio, per ciò che concerne, qualora ne
venisse accolta la donazione, l’assetto della mia biblioteca, col crearne,
essi, i necessari presupposti, cui terrei moltissimo, per una provvida
fruizione da parte di una larga e qualificata utenza. Biblioteca, questa mia,
che, per realizzarla, mi è costata un’infinità di sacrifici, ed è per questo
che ad essa io mi ritrovo, oggi, fortemente affezionato come ad una figlia. Ed
è anche per questo che fortemente voglio ne sia conservato, a imperitura memoria,
dentro l’involucro di tutte le sue vesti, l’amalgama di tutte le sue membra.
Sarà pur sempre e per sempre una mia creatura!
Gaccione. Ti
risulta che la Biblioteca Comunale sia assiduamente frequentata da studenti,
insegnanti, studiosi? Non temi che la tua donazione possa diventare un
luogo muto senza dialogo fra libri e lettori inesistenti?
Longo. Sì, ma
non da studenti, insegnanti e studiosi, solo da turisti e lettori locali. So,
altresì, che, allo stato, dei dipendenti comunali sono indaffarati nella sua descrizione catalografica
e paratestuale, nonché nell’inventariazione e costruzione degli strumenti del
materiale bibliografico. Cosa, questa, come da loro promessa, che verrà
eseguita, in primis, anche per la mia biblioteca, in caso di accettata
donazione da parte dell’Ente donatario. Di questa Comunale, in prosieguo di
tempo, ai fini di un assetto completivo, dovrebbero prendere le redini l’Associazione
“Alessandro Siciliano O.D.V.” e gli operatori culturali Leonardo Lacco, dialettologo
ed etnologo, e la scrittrice Concetta Zangari, sua consorte. Quanto alla mia
donazione, se andrà in porto, sono sicuro che avrà il suo afflusso di lettori,
perché San Nicola Arcella, oltre ad essere un borgo ad altissima vocazione
turistica, ha anche sempre avuto giovani (quelli di oggi quasi tutti diplomati
o laureati) dediti ad attività teatrali, musicali ed orchestiche. Per cui,
essendo arte anche la poesia, non rinunceranno, unitamente a qualche mente
letteraria turistica, a voler scoprire quali tesori poetici si celano sulle scaffalature
della mia biblioteca. I più avveduti ben sanno che, di quanto è contenuto, in
fatto di numero di testi poetici all’interno di un libro, su uno smartphone si riporta
solo qualche esemplare più famoso. La biblioteca offre, dunque, la totalità, non
la parzialità. Ed è proprio questo il motivo, precipuo, per cui il cartaceo non
sarà mai del tutto rimpiazzato dai vari congegni meccanotronici imperversanti oggi
nel mondo. Non passerà assai tempo, e già vedremo, o, nella peggiore delle
ipotesi, altri avranno a vedere per noi già defunti, che avverrà la grande
inversione di marcia o, ritorno di fiamma, dell’elettronica e dell’informatica alla
carta stampata. Si assisterà, dunque, prima o poi, almeno in quanto a
pubblicazioni librarie, con detta inversione di tendenza, al decadimento di
questa società altamente digitalizzata.
Occorre, pertanto, far
presente che se, ad oggi, disponiamo, qui, a San Nicola, di ben fornite biblioteche (quella Comunale,
quella dell’Archivio Lo Schiavo e la mia), lo dobbiamo, sia pure solo in parte,
all’afflusso librario, dai 400 ai 600 volumi a edizione, avvenuto ad opera del Premio letterario “San Nicola Arcella-Franco
Lo Schiavo”, e ciò a seguito del grande rilancio di esso da parte dei sindaci,
rag. Biagio Ariete, geom. Giuseppe Russo e prof. Domenico Donadio, con averlo
fatto assurgere alle vette più eccelse in fatto di prestigio, al punto da non
avere avuto, esso, nulla più da invidiare al Campiello, al Viareggio e allo Strega.
Afflusso che è venuto poi maledettamente a mancare, allorquando il Premio, che aveva
pur avuto giurati (tutti, tranne Bo, di mia cooptazione, in qualità di
vicepresidente e segretario generale con diritto di voto dello stesso), come
Ramat, Pedullà, Rea, Minore, Bo, Sansone, Cipparrone, Marabini, Aloise,
Piromalli, Sgarbi, Ruffato, Finzi, Nigro, Spagnoletti, ecc., e premiati come
Accrocca, Augieri, Cucchi, Fontanella, Pierro (allora, candidato al Nobel),
Marniti, Calabrò, Pazzi, Mussapi, Russell, De Jaco, Prisco, ecc., nonché
finalisti come Bevilacqua, Bellezza, Barberi Squarotti, Tentori, Merini,
Giudici, Conte, Crovi, Fiore, Pecora, Beha, Di Ciaula, G.Buttafava, Rusconi,
Sovente, Sanguineti, Vettori, Portinari, Maffia, Giancarlo Pontiggia, e tanti e
tanti altri ancora di questo spessore, come anche, dulcis in fundo, il Premio Nobel spagnolo 1989, Cela, allorquando
il Premio, dicevo, venne, nel 2001 -e cioè proprio quando era in dirittura
d’arrivo della Cerimonia di premiazione della XXII edizione-, collocato in “quiescenza”.
E ciò non già per motivi economici, dacché la quantità e qualità dei libri in arrivo
ne compensavano, abbondantemente, i costi annuali per premiati, giurati e tutto
il resto, ma bensì per la concomitanza della sua Cerimonia col tragico evento
delle Torri Gemelle, che, oltre a scuotere lo stesso Premio, scosse il mondo
intero.
A proposito della
cooptazione dei giurati, occorre precisare, a onor del vero, che, se in essa ho
detto “tranne Bo”, è perché di quella singola cooptazione volle personalmente
onorarsi l’Ariete il quale, facendo sfoggio di tutta la sua squisita e
brillante loquela politica, fece credere, sfacciatamente (absit iniuria
verbis), al grande luminare, di essere stato un suo portentoso allievo. E,
per tornare al Premio, se questo fosse rimasto attivo, ad oggi (per via della
grande forza attrattiva, che avrebbe seguitato a esercitare, anche sui
concorrenti più illustri, con la prestigiosità delle giurie), saremmo, di
certo, sommersi di libri. San Nicola Arcella, anche di gloria. La mia
biblioteca, dunque, con tutto questo retroterra culturale, non potrà mai, per seguitare
a rispondere alla seconda parte di questa domanda, trovarsi ad essere relegata
in un luogo oscuro, senza potersi interfacciare coi lettori di oggi e delle
generazioni avvenire. Ed è con questa contentezza e contezza che, a fronte d’uno
smartphone, questo mio patrimonio librario resterà, in omne tempus, un’utenza insostituibile, sia in quanto a copiosità
di contenuti che a originalità di contenenti. Un’altra opzione per l’ospitalità
di questa mia biblioteca, in caso di inattuabilità di quella all’interno del
Palazzo dei Principi Spinelli-Lanza, potrebbe essere quella, altrettanto allettante
in fatto di grandi spazi, per il dislocamento all’interno dell’ampio salone
dell’Asilo infantile, intitolato a Giuseppe Barletta, che ne fu il mecenate.
Quest’ultimo vuole essere solo un mio personale, e spero non inopportuno, messaggio
all’indirizzo del signor Sindaco, in caso di extrema ratio, ossia di provvedimento limite.
Gaccione. Capisco
che in quanto poeta del luogo tu voglia donare questo patrimonio al Comune di
nascita. Ma se ci fosse un’offerta seria per un Archivio della Poesia in un
luogo diverso saresti disponibile a donarlo?
Longo. Be’, se proprio dovessi
donarlo al mio comune di nascita, questo sarebbe Praia a Mare (paese di mia
madre), dove ebbi i natali il 25 novembre 1950. Ma solo i natali, in quanto il
trasferimento fu subito effettuato nel comune di Santa Domenica Talao, dove
rimasi per dieci anni, per infine passare in quello di San Nicola Arcella nel
1961, dove vivo da 62 anni. Relegare i miei libri in altri posti, per me
sarebbe come non averli più donati, ma gettati alle ortiche. Neanche alla
Biblioteca dell’Accademia Cosentina sarei disposto a donarli. In altri luoghi,
la mia Biblioteca, non essendo io un personaggio di spicco, non sarebbe neanche
degnata d’uno sguardo. Quindi, o al comune di San Nicola Arcella (di cui mi
ritengo, ab imo pectore, un figlio
legittimo e non adottivo, dacché vi abito, come altrove già detto, da ben 62
anni), o lasciata macerare fra le otto pareti della mia abitazione, e ciò a
costo, respirandone la polvere, ma dico per dire, di beccarmene anche l’asbestosi.
Una volta la mia casa era una stalla. Fu mio padre a trasformare la sua
destinazione d’uso da rurale in civile abitazione. Ma, stando al buttittiano
motto “Le case senza libri sono stalle”,
sarebbe rimasta, comunque, ancora una stalla se io non l’avessi poi riempita di
libri. Fino a rischiare di finire come la grande scrittrice e opinionista
televisiva, Barbara Alberti, con libri fino al soffitto. Oppure, come Sandro
Penna che fu trovato morto e sepolto sotto i libri. Anche se, dai miei, adesso,
con la consapevolezza di compiere un atto di elevatissimo valore socio-culturale
nel donarli, sto per disgiungermi, con viva speranza che il Sindaco possa
superare agevolmente tutti gli ostacoli economici, tecnici e burocratici che l’iter
amministrativo gli pone davanti, e addivenga, al più presto, a una stipula
notarile dei medesimi. Io ho molta fiducia in lui, in quanto, dai suoi comizi,
dai suoi articoli e dai suoi discorsi, ho sempre desunto che egli nutre uno
sviscerato amore per San Nicola Arcella, dove -come pure altri politici, tra
cui il pluriministro della Repubblica, Riccardo Misasi (le cui spoglie oggi
riposano, con grande orgoglio ed onore per i sannicolesi, nel cimitero di San
Nicola Arcella), Salvatore Frasca e Nicola Mancino-, possiede, da vari decenni,
una sua villa, essendomelo visto passare, nei periodi estivi, davanti ogni
giorno quand’ero vigile urbano. Quanto al Riccardo Misasi, egli passò a miglior vita pochi
giorni dopo avere assistito, in Piazza Altieri, alla consegna del Premio “Lo
Schiavo” per la Poesia, settembre 2000, vinto, da Corrado Calabrò a pari merito
con Luigi Fontanella che, in quell’occasione, venendo a far visita alla mia
biblioteca, mi onorò della sua presenza e dell’esposizione, in seguito,
all’interno della sua università Stony Brook di New York, essendone rimasto
estasiato, di un bellissimo poster di San Nicola Arcella, a firma del nostro
provetto fotografo, Vincenzo Solano.
E, tornando al signor Sindaco (reduce dall’avere
intitolato, in perfetta sinergia con l’ Associazione “Alessandro Siciliano O. D.
V.”, e i due operatori culturali, nonché scrittori, di cui già detto, Leonardo
Lacco e Concetta Zangari, la Sala consiliare al Grande Ufficiale sannicolese, Conte
Vincenzo Alessandro Siciliano), occorre altresì dire che egli è un uomo di
grande levatura morale ed elevatissima
cultura, avendo, al proprio attivo, una sfilza abbastanza nutrita di lauree
magistrali e lauree brevi, nonché di diplomi e specializzazioni in più campi
dello scibile umano, con una sfilza altrettanto nutrita di cariche ed incarichi
ad alti livelli. Essendo, dunque, un uomo immerso nella cultura fino al collo,
non può non mantenere la promessa fattami. Per cui non mollo. Aspetto con gran
fiducia. Come, con grande spirito d’amicizia, attendo anche la promessa del mio carissimo compagno di viaggio in campo
letterario, Leonardo Lacco, che, in qualità di presidente di alcune Società
umanitarie e culturali locali, per le quali dà tutto sé stesso, si è detto ben
disponibile a erogare il suo contributo altruistico, sempre di conserva con lo
stesso Sindaco -il cui vice è la dott.ssa Maria Teresa Carbone-, e l’Amministrazione
comunale tutta, anche per una idonea collocazione della mia biblioteca, ed una
larga fruibilità di essa da parte dei lettori interessati, dopo averne,
ovviamente, affidato la gestione a personale efficientemente competente. Conto
nel giovane e zelante Lacco in quanto siamo stati sempre accomunati
dall’interesse per la letteratura, avendo egli - coadiuvato brillantemente e
assiduamente, in tutti i suoi lavori, dalla sua consorte, Concetta Zangari -,
tra l’altro, pubblicato una copiosa e particolareggiata monografia, in FA4,
valorizzante il patrimonio storico-etnografico di San Nicola Arcella, ed
essendo in procinto di licenziare alle stampe anche un voluminoso vocabolario
di tutti i lemmi dialettali locali, avendogliene forniti anch’io ben oltre
quattromila quasi tutti di natura geoponico-pastorale, che egli, assieme a tutti gli
altri, ha già sistemato semasiologicamente ed etimologicamente, corredandoli di
appropriati esempi esplicativi, e includendo, sempre nello
stesso dizionario, anche una vasta appendice di materiale paremiologico.
Il tutto con un mio “paginoso” scritto prefatorio, e con l’auspicio che
questa sua imponente e prestigiosa opera per San Nicola Arcella possa avere
esito a stampa a breve. E sarà sicuramente anche questo un ulteriore e prezioso
contributo ad arricchimento del fondo librario di questo borgo.
Longo con la storica Olivetti
Gaccione. Quali
sono le condizioni per un eventuale mecenate interessato a proteggere questo
tuo patrimonio?
Longo. Se la
protezione avrà ad essere in agro di San Nicola Arcella, sarà ben accetto, da
parte mia, anche l’apporto materiale assai proficuo di un mecenate, che dovrà,
ovviamente, attenersi a tutte le clausole contenute nella bozza di stipula,
inviata al Sindaco. Bozza in cui io faccio atto di donazione, a titolo
definitivo, della mia collezione bibliografica, consistente, come già detto, in
circa 20mila volumi (pari a un valore patrimoniale di oltre 100.000 euro), di
cui, per la maggior parte, di poesia e, per la rimanente parte, di plurimi
generi culturali. Il tutto a proficua disposizione, in sala di lettura, della
Comunità d’ogni campanile, nonché utilizzabile come strumento di ricerca da
parte di studiosi in loco o turistici, e il tutto in rispetto anche del disciplinare
biblioteconomico di pertinenza, da redigere, come già accennato, con stipula di
accordi scritti, fra le due parti. La sottoscrizione della quietanza
liberatoria deve aver luogo davanti a un notaio. Il
materiale librario dovrà essere collocato in un luogo di particolare frequentazione
(ove il mecenate dovrebbe realizzarne, o efficientarne, un locale di comprovata
pertinenza), e in apposite scaffalature, con ante in vetri antisfondamento e
con chiusura a chiave. Essere
munito di sistemi antifurto, antincendio e videosorveglianza, con porte e
finestre a chiusura blindata. Inoltre, avere un registro prestiti e
restituzioni libri. I volumi potranno essere dati in prestito, per la lettura,
solo a persone residenti in San Nicola Arcella. Per gli altri, la consultazione
dovrà avvenire in ambito bibliotecario. Non potranno essere dati, altresì, in
lettura esterna, vocabolari, antologie, volumi enciclopedici o di pregio o,
comunque, di particolare interesse, o valore, bibliografico. Non sarà
consentito darli in prestito a bambini o, comunque, a minorenni, che non siano
accompagnati dai propri genitori a cui l’obbligo di firmare e fornire, per
loro, il proprio numero di carta d’identità o di patente. I libri dovranno
essere restituiti, in perfette condizioni, entro dieci/quindici giorni dalla
firma. Inoltre, effettuarne l’inventariazione telematica, immettendola, una
volta completata, sui vari siti Internettiani et similia, e stampandone un
catalogo in varie copie. Il donatore potrà avere in prestito dei volumi, per
motivi di studio o di lavoro, a tempo indeterminato, ma con obbligo di
restituzione. In più, potrà seguitare a donare libri volta per volta che gli
pervengano. Dopo la sua morte, avranno diritto a in vigilare, sul buon
andamento della biblioteca, tutti gli eredi di famiglia, ossia moglie, fratelli
e, in prosieguo di tempo, nipoti, pronipoti, ecc. Essendo
il suo status quello del possessore e del donante di tutto il materiale
librario, dovrà, egli, consequenzialmente, essere ritenuto esonerato dalla
sostenibilità di tutti gli oneri derivanti dal trattamento inventariale,
catalografico e immissione su siti Internettiani, nonché da tutte le altre
spese correlate alla donazione: atto notarile, trasloco, servizio fotografico
in ordine all’assetto bibliotecario pre-trasloco, acquisto di arredi, gestione,
ecc.
Longo fra i suoi libri in divisa
di guardia giurata
Gaccione. Il
Comune ha mai pensato di fare un progetto per chiedere un finanziamento europeo
e dotarsi di quanto indispensabile alla sistemazione di una biblioteca così
fornita?
Longo. Che io
sappia, solo per chiedere modesti contributi regionali. Mai quindi sufficienti
per istituire una Biblioteca con personale addetto. Parlo di quella comunale.
Della mia, negli anni passati, il Comune non era ancora a conoscenza. Può darsi
che lo stia facendo adesso, in vista dell’acquisizione di questo mio materiale
librario.
di guardia giurata
Un altro primo piano di Longo
Nota
biografica
Nicolino
Longo è nato il 25 novembre 1950 a Praia a Mare, vive a San Nicola Arcella in
provincia di Cosenza ed ha al proprio attivo 23 volumi (di cui tre ancora
inediti): undici di poesia ((con apparato pre/post-fatorio di Nino Scalisi
(bis), Raoul Maria De Angelis, Tommaso Di Ciaula/ Luigi Reina, Raffaele Nigro,
Vincenzo Guarracino, Stefano Jacomuzzi, Domenico Cara, Giorgio
Linguaglossa, Carlo Cipparrone, Carmine
Chiodo (ter)), e note critiche di G. Barberi Squaotti, D. Rea, E. F. Accrocca,
R. Pazzi, A. Piromalli, M. Sansone, R. Crovi, G. Conte, P. Cimatti, E. Mazzali,
G. Artieri, F. Ulivi, G. Finzi, S. Ramat, E. Giachery, V. Faggi, A. Rossi, T.
Scialoja, M. Petrucciani, V. Vettori, L. Fontanella, F. Grisi, M. Camilucci, G.
Buttafava, G. Spagnoletti, T. Rossi, M. Cucchi e tantissimi altri tra cui anche
il genialissimo e prolificissimo letterato T. De Mauro (che mi aveva anche
promesso di venirmi a trovare a casa, così come pure Giorgio Barberi Squarotti
e suo figlio Gianni, docente, all’epoca, ad Arcavacata); sei di aforismi ((con
prefazioni o premesse di Carmine Chiodo (ter), Antonio Castronuovo, Laura Margherita
Volante, Gino Ruozzi (tra i maggiori saggisti al mondo di aforistica classica e
contemporanea), Federico Migliorati, Maurizio Cucchi, Guido Oldani (candidato
al Premio Nobel), e recensioni di Angelo Gaccione, Fabrizio Caramagna (lo
scrittore di aforismi, vivente, più citato al mondo), e Annitta Di
Mineo)): Corti circuiti dell’area di Broca (2019); L’alba della
sera (2020); Per lanterna il sole (2021); Nel
grano dei giorni (2021); Un
inferno paradisiaco (2022) e Il passo non dato (2023), in corso di
stampa. Secondo alcuni critici, con il mondadoriano Caramagna e la docente
universitaria Volante, è il più prolifico e qualificato aforista italiano, ed
è, con aforismi e scritti critici, presente, assieme ad autori
intercontinentali, sui siti Aforismario e Aforisticamente. Al suo attivo,
altresì, un Volume di matematica, in formato A4, pagg. 250, ospitante
cento problemi et ultra, da lui
formulati e risolti con equazioni anche di IV grado, e sistemi di equazioni
fino a quattro incognite; un volume di astronomia di circa mille pagine (inedito); un’Antologia poetica di autori italiani (inedita), e
tre volumi di articoli giornalistici, di 150 pagg. cadauno, anch’essi in
formato A4: Alto Tirreno Cosentino/ Primo volume (2015),
Alto Tirreno Cosentino/ Secondo volume (2020), Alto Tirreno Cosentino/ Terzo volume (2023)
inedito. Ed,
infine, un libretto con tutti i poeti sannicolesi. Presente in numerose riviste, saggi e
antologie poetiche, le sue opere hanno ricevuto centinaia di lusinghiere
recensioni da parte dei più illustri critici letterari italiani. Recentemente, è stato inserito,
con uno scritto di 20 righe, nell’Opera omnia poetica Dialogo Infinito, in
due volumi, di circa 2.500 pagine, del docente universitario Giorgio Barberi
Squarotti (decano di tutti
i letterati italiani). È stato vice presidente e segretario
generale con diritto di voto del “San Nicola Arcella-Franco Lo Schiavo”, con presidenti del Premio, in
successione: G. Celico, C. Zegretti Carpi e L. Quintieri. Della giuria: M.
Sansone, A. Piromalli e R. Nigro. Nel 2005, gli è stato assegnato, da
parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Premio della
Cultura.
San Nicola Arcella.
Cessata
di essere Casale di Scalea ad opera del Conte Alessandro Siciliano, e del
Deputato del Regno, Avv. Fedele Giuseppe De Novellis (con procedura iniziata
nel 1912 e terminata nel 1914), San Nicola Arcella (m 117 s.l.m., 1.988 abitanti) è, oggi, Centro balneare, con
spiagge e coste tra le più pittoresche e suggestive d’Italia. Le grotte marine
e le sorgenti d’acqua potabile subacquee, l‘Arco Magno, le scogliere, il
“Sentiero Blu” (per lo “snorkeling”), nonché la felicissima ubicazione
prospiciente l’Isola Dino e la stupenda cornice del Golfo di Policastro, sono
il miglior biglietto da visita della sua vocazione turistica. Ma, nel suo
territorio, è possibile, altresì, oggi ammirare pure vestigia dell’antica
“Traianea” (per la quale, nel 1828, passò, “nus pieds”, anche il Ministro della
Chiesa scozzese, G.T. Ramage), di Chiese basiliane e Ville romane scoperte
dallo scrittore eponimo della Torre, Francis Marion Crawford, che estivò, a
cavaliere tra il XIX e XX secolo, in questa fortezza aragonese, scrivendovi
anche alcuni dei suoi più noti ed intriganti capolavori dell’orrore, divenuti,
all’epoca, best sellers di fama mondiale (come, ad esempio, Perché il sangue è
vita, ambientato nei paraggi della stessa Torre), e fonte di grande ricchezza
per l’autore, che di libri ebbe a scriverne oltre sessanta. E, per concludere
col settore “edilizio-architettonico”, anche la bellissima Chiesa ottocentesca
di San Nicola da Tolentino, a schema basilicale, con due navate laterali e una
centrale, e con volta, affrescata, a tutto sesto; la Torre del Semaforo e il
Palazzo, settecentesco, del Principe Scordia Pietro Lanza Branciforte di Trabia,
che sposò Eleonora Spinelli di Scalea, e un cui erede è stato, anni addietro,
compagno di una assai nota opinionista televisiva. Quanto, poi, alla sua
“paleostoria”, pare che, fra il 73 e il 71 a. C., ad avviso dell’etnografo
scaleoto, Carmelo Giordanelli (attingendo da un lacerto di Sallustio, tradotto
dal Pareti), nella contrada Vannefora (Annii forum: foro di Annio, esattamene,
in località Piano delle Pere di San Nicola Arcella, ove ebbe a porre i suoi
accampamenti per una notte), sia pervenuto dalle “Nares lucanae”, coi suoi
120.000 uomini, il gladiatore trace, Spartaco, il quale (secondo poi il Dotti,
il Plutarco e l’Antonini), al rientro dal “Bruzio”, avrebbe sostenuto il gran
cozzo con le legioni di Crasso nell’odierna Piana del Lao o di Scalea (patria,
questa, del filosofo Gregorio Caloprese -maestro, tra gli altri, del Gravina e
del Metastasio-, nonché, come già ampiamente alluso in cappello, quondam
città-madre di San Nicola Arcella). Fra le personalità di spicco che hanno dato
maggior lustro e notorietà, in Italia e all’estero, a questo piccolo borgo,
sono senz’altro da annoverare: i due talentuosissimi poeti, Tolentino Miraglia
e Franco Lo Schiavo (entrambi anche medici e nativi dell’America del Sud),
nonché il conte Alessandro Siciliano, che, anni addietro, riguardo alla
produzione/distruzione del caffè in Brasile, da lui effettuata a rincararne il
prezzo, è stato anche menzionato nel Documentario televisivo “Terra nostra”, e
l’altro grande industriale, attivo tra L’Avana e Santo Domingo, con la General
Motors, Amedeo Barletta, che insieme, per i vertiginosi traguardi raggiunti
nelle loro attività, appunto, in Centro e Sud America, fecero parlare di sé in
tutto il mondo. Per lustro e notorietà entro i soli confini nazionali, invece,
si contraddistinse il Giurista Gerardo Coppa, che, assieme a Don Luigi Sturzo,
ebbe campo di assurgere, onorevolmente, a propositore e zelatore del
“Regionalismo” in Italia. [Nicolino Longo]