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venerdì 29 settembre 2023

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
 

Scior Carera, il Pasquino milanese.


Milano ha avuto il suo Pasquino, non celebre come quello romano e che può addirittura vantare una piazza intestata a suo nome, pur tuttavia, ha lasciato presenza di sé come si può ancora vedere, se non ci si fa distrarre dal flusso ossessivo che affolla i portici di Corso Vittorio Emanuele stracarico di negozi alla moda, e si levano gli occhi all’altezza del numero 13 dove la statua avvolta da una toga romana fa bella mostra di sé. Subito sotto ai suoi piedi una scritta in lingua latina recita: “Carere debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est”. Tradotta ammonisce che deve essere privo di ogni vizio colui che si accinge a criticare la condotta di un altro. Il Pasquino milanese il nome lo ha mutuato dalla parola latina Carere che apre la scritta, per quelle incredibili alchimie popolari, quelle storpiature ironiche della sua accesa fantasia. E così Carere è stato trasformato in un vero e proprio nome: Carera, al quale con l’aggiunta del sostantivo dialettale scior (signore), ha dato vita allo scior Carera, il signor Carera. Ma attenzione a quello scior, va letto rigidamente sciur, altrimenti i pochi milanesi sopravvissuti e che ancora parlano la lingua meneghina potrebbero adontarsene. Questo altorilievo di marmo, pare databile al terzo secolo, è stato battezzato anche omm de preja (uomo di pietra); e difatti, un’altra iscrizione del piedistallo, appena sotto la prima, ci informa: “Statua virile romana detta omm de preja o scior Carera. Un tempo in via S. Pietro all’Orto. Durante il dominio austriaco fu per Milano quello che per Roma era la statua di Pasquino”. Ed ecco tutti gli elementi a nostra disposizione: per un lungo periodo la statua si trovava in via San Pietro all’Orto e vi si attaccavano, come per la statua “parlante” di Pasquino al Parione, ogni sorta di scritti: satire, epigrammi, versi salaci, invettive e quant’altro. Se il Pasquino romano fustigava il corrotto potere papale, lo scior Carera milanese fustigava i dominatori austriaci. La storia della sua collocazione è lunga e articolata e nel tempo si è tentato di dargli una identità attendibile, ma senza successo. Si pensò persino a Marco Tullio Cicerone (ma la testa è posticcia e non di epoca romana, e poi i lineamenti non corrispondono a quelli del politico ed oratore), il piccolo scrigno posto ai suoi piedi ha fatto pensare invece ad un magistrato. Ad ogni modo nel 1832 la statua fu sistemata in una posizione molto elevata per evitare che si mettessero ai suoi piedi gli scritti irriverenti come avveniva per quella di Pasquino a Roma. La tradizione sostiene che nel 1848 vi fu affisso il manifesto dello sciopero del fumo per protestare contro la tassa imposta dagli austriaci, protesta che poi culminò con l’insurrezione delle Cinque Giornate. Non è escluso che qualcuno dei patrioti ci abbia fatto davvero un pensierino; e quanto agli aspetti irriverenti ecco come ci si rivolgeva all’Arciduca Eugenio de Beauharnais: arciduca 6 -1- 0, cioè sei uno zero. Questi versi furono scritti invece in occasione della visita dell’Imperatore asburgico: Verona città giuliva, l’applaude quando arriva. Milano che sa l’arte, l’applaude quando parte. Le altre città che pensan ben, l’hann in del c* quando parte e quando vien. Nel 1950 con il riassetto urbano del corso Vittorio Emanuele, la statua fu collocata nel luogo dove si trova tuttora.