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mercoledì 25 ottobre 2023

CECITÀ
di Franco Continolo

 
La cecità di cui parla Barbara Spinelli è intellettuale, l’equivalente di chiudere gli occhi di fronte alla realtà. E la foto di Biden che parla dall’“Oval office”, rappresenta bene il presidente che chiude gli occhi per dare libero sfogo alla fantasia. Nella sua mente compaiono così le immagini, per altro non originali, dell’America faro dell’umanità, nazione indispensabile per tenere unito il mondo, ecc. Sono però immagini che contraddicono l’altro messaggio contenuto nel discorso: che l’America si sente molto insicura, sebbene nessuno minacci di attaccarla, e che per questi timori è costretta a intervenire in ogni angolo del mondo. La contraddizione potrebbe non sussistere se l’animus fosse quello del signore che porta la pace e l’ordine; ma, come sappiamo, Biden condivide con i suoi predecessori una visione del mondo manichea, insieme all’idea che la guerra, anziché portare il caos, sia il bisturi che taglia alla radice il male. Più che di una contraddizione – se fosse sicura di sé stessa, l’America non si sentirebbe insicura – si dovrebbe parlare di una forma di schizofrenia. Ma Jeet Heer va oltre, e definisce la politica estera di Biden zombie, ossia il prodotto di un morto in piedi, di uno che non sa di cosa parli, come quando usa standard diversi per Russia e Israele, o mette l’Arabia Saudita tra le democrazie, o pretende di risolvere la questione palestinese seppellendola sotto l’alleanza di Israele e Arabia Saudita, massima rappresentante del mondo arabo. Il commento di Heer è importante perché espresso su The Nation, lo storico periodico fiancheggiatore del partito democratico. Allo squillo di tromba di una sinistra in via di estinzione (o che si risveglia), risponde a destra lo squillo di David Stockman. Anche l’ex ministro del Bilancio con Reagan può essere considerato appartenere a una specie in via di estinzione: la destra liberale, conservatrice e attenta all’equilibrio di bilancio. La critica di Stockman tocca anche temi geopolitici, come quando ritiene legittime le rivendicazioni della Russia sulla Crimea e sull’Ucraina orientale, oppure quando esprime perplessità sugli aiuti a Israele, ma essa si concentra sulla politica finanziaria: il governo approfitta del privilegio del dollaro per estendere oltre ogni limite tollerabile il proprio indebitamento – le conseguenze saranno pesanti. Al centro potremmo mettere Andrew Bacevich che nel suo ultimo libro affronta la questione dell’origine dell’eccezionalismo americano. Il creatore di questo mito autocelebrativo sarebbe l’editore Henry Luce che con una copertina di Life nel 1941 inventò l’“American Century”. In realtà questo secolo glorioso è pieno di falsità – la guerra contro il nazi-fascismo non l’hanno vinta gli americani, ma l’Unione Sovietica – e di porcate cominciate con Cuba, 1898, e che continuano fino ai nostri giorni. Prima di chiudere un accenno all’attualità, perché il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista di Benny Morris, lo storico israeliano, e un editoriale di Galli della Loggia, meritevoli di commento. La prima dimostra che un bravo storico non è necessariamente un buon analista politico – un conto è ragionare a bocce (relativamente) ferme, un altro a bocce in movimento. Il riferimento è al fatto che alla fine Morris non sa fare niente di meglio che recitare la litania dei due stati per un futuro imprecisato. Più interessante è ciò che egli dice sulle conseguenze interne del 7 ottobre: cambierà l’apparato di governo, a cominciare da Netanyahu – in altre parole, il 7 ottobre non è come l’11 settembre, dove nessuno ha pagato, e che quindi è stato ragionevolmente frutto di un complotto. Galli della Loggia segue le orme di Mieli: meglio prendersela con gli estremisti nostrani, reali o immaginari non importa, comunque senza nome, piuttosto che affrontare la questione spinosa di come evitare il periodico ripetersi di queste tragedie. Chi non sfugge i problemi come i due editorialisti del Corriere, è per esempio Raphael Cohen niente meno che su Rand, uno dei siti più guerrafondai. Per definire ciò che accade periodicamente a Gaza da una ventina d’anni, Cohen usa l’espressione falciare l’erba – l’erba è Hamas e la falce sono i bombardamenti israeliani. Ogni volta l’erba ricresce più rigogliosa, e su di essa sempre più pesante si abbatte la falce israeliana. La via d’uscita da questo ciclo di violenze sta solo nel dare un futuro decente ai palestinesi di Gaza.