In
questo momento di altissima tensione non deve apparire retorico un richiamo al
movimento per la pace: quel movimento per la pace che sicuramente ha perso
slancio nel corso di questi mesi e che rischia, almeno in Italia, di restare
strumentalizzato per fini elettorali. Un movimento per la pace fondato sul
disarmo, sul principio di libertà dei popoli, sul dialogo a tutti i livelli:
sconsolati molti compagni (e compagne) protagonisti di tante lotte magari fin
dagli anni ’60 del “No Bomb” e del Vietnam mormorano che ormai l’unico a
parlarne è il Papa. Dalla Perugia-Assisi di maggio non si scorgono segnali
tangibili in questa direzione e anche la ultra-meritoria manifestazione indetta
dalla CGIL sabato scorso, 7 ottobre, teneva la pace tra i diversi punti della
piattaforma. Allora nella considerazione di avere davanti un movimento “carsico”
e pieno di contraddizioni vale la pena di tornare a formulare un appello chiaro
per una ripresa assieme di riflessione e anche di piazza. Bisogna porsi l’obiettivo
di recuperare un movimento che rivolga uno sguardo internazionalista, si misuri
con l’idea di una Europa non identificabile nel blocco militare della NATO,
mobiliti coscienza e diffonda cultura faccia comprendere che tutti i temi più
scottanti e complicati che si pongono alla nostra attenzione fanno - alla fine
- riferimento ad un solo fattore: quello della pace da intendersi non
semplicemente come intervallo tra le guerre. Tutto questo lavoro (molto difficile)
si può fare se si torna subito ad organizzarsi e ad essere presenti con
costanza nella società, nelle associazioni, nella politica, nel sociale e nella
cultura.