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giovedì 12 ottobre 2023

IN RICORDO DI CARLO ANTONIO PONTI    
di Giacomo Mameli*


Giacomo Mameli

Antonio Carlo Ponti, giornalista, scrittore, poeta e critico d’arte, voleva venire lo scorso luglio a Perdasdefogu (in Ogliastra, Sardegna) alla tredicesima edizione del festival letterario “Sette Sere - Sette Piazze - Sette Libri” di cui sono direttore artistico. Al telefono, a metà marzo, aveva detto: “Ho i miei anni, vivo in Umbria, ma vorrei proprio capire come un piccolo paese è riuscito a far amare i libri. E a dedicare una serata anche alla poesia”. Gli avevo risposto che anch’io avevo “i miei anni, ne ho solo cinque in meno di lei” e che “in paese” era atteso “a braccia aperte”. Avevo aggiunto: “Tra l’altro il mio paese, da tre secoli, dedica una giornata al forestiero, allo straniero, a “Su stràngiu”. La festa si chiama “Sa Strangìa”, l’aveva inventata il parroco don Giovanni Corona vedendo un piemontese girare da solo per le viuzze di un borgo davvero antico, lo aveva invitato a cena, erano diventati amici. In chiesa, il giorno dopo (12 settembre 1722), aveva parlato come Papa Francesco oggi: “Ho ospitato un forestiero perché ogni straniero è un mio fratello”. E nacque la festa che tanto educherebbe la politica governativa di oggi.


Antonio Carlo Ponti

Ponti avrebbe avuto l’accoglienza che si deve ai migranti di ogni tempo e di ogni luogo. Sarebbe stato Stràngiu ad honorem. Purtroppo non è stato possibile: non ho potuto conoscere un intellettuale con alto senso civico.
Avevo conosciuto per la prima volta il suo nome leggendo, sul Corriere della Sera del 12 aprile 2021, una recensione di Franco Manzoni che, da par suo, commentava il volume - curato proprio da Ponti - “Gaio Fratini, il mio primo centenario”. Articolo che avevo ritagliato e inserito nella rubrica degli amarcord di valore. Mi aveva colpito l’occhiello del titolo con riferimento “all’umbro Marziale” e poi l’accostamento di Fratini agli autori che più ho amato al liceo e all’università frequentata a Urbino quando rettore era Carlo Bo. 



Di Fratini, Manzoni sottolineava la “vena satirica all’acido muriatico”. Lo paragonava (cito nello stesso ordine di Manzoni) a “Simonide, Meleagro, Marziale, Orazio e Giovenale”. E ho capito lo spessore di un autore purtroppo a me ignoto con “l’impianto commemorativo a più voci” messo in risalto dai due anni di lavoro di Ponti (e una prefazione di Filippo Ceccarelli). 
A dicembre dello stesso 2021, sul supplemento “La Lettura” del Corriere, ho ritrovato Ponti sulla rubrica settimanale “Soglie” di Manzoni che ne segnalava il libro di poesie L’estate fredda, dedicato alla adorata moglie Nerina, da poco scomparsa.


Sandro Veronesi con Antonio Brundu
decano dei centenari (106 anni)
 
Qualche mese dopo la prima telefonata. Una bella sorpresa e vero feeling. E poi tante mail. Gli mandavo qualche mio articolo, uno su Carlo Bo che parlava di Grazia Deledda paragonata a Dostoevskij. Altre telefonate: gli raccontavo i panorami nel mio casolare nel cuore della macchia mediterranea tra ginepri, filliree, corbezzoli, erica e sterminate colline di asfodeli. Mi ricambiava con i paesaggi della sua Perugia, della sua Bevagna, dell’Umbria “verde come la Sardegna, e speriamo di conoscerle sempre così queste nostre terre, non devastate dal cemento come ripetevo ai miei redattori quando dirigevo Il Corriere dell’Umbria”.
Ritrovo una mail del 30 ottobre, sempre del ’21. Eccola, in parte: “Caro Giacomo, ci diamo del tu, scusa i miei silenzi ma ho da poco quasi finito - sono alla revisione - un librotto di ricordi e ritratti... Franco mi ha mandato il tuo articolo su Bo che ho letto con vero piacere apprendendo cose che ignoravo... molto bello... spero di riprendere con te colloqui piacevoli... so che ti sei rimesso in salute alla grande... con questi degenerati dei novax & co. - un caro saluto, antonio carlo”.


Il pubblico durante l'ultima edizione
del Festival 2023

Ho saputo solo dopo un po’ che il cosiddetto “librotto” altro non era che Dizionario sentimentale, sottotitolo Ricordi e incontri di una vita, pubblicato da Futura Libri, dove Antonio Carlo raccoglie in ordine alfabetico tutti i personaggi da lui incontrati. Altro che librotto. È un “libellus” di oraziana valenza. C’è tutto in quelle righe che avevo letto su Internet: “Io sono io e la mia circostanza e se non la salvo non mi salvo io”, un modo per dire che l’uomo è gli uomini e che gli uomini sono l’uomo, che tutti siamo io e che l’io siamo tutti. Più avanti un inno laico all’umanità: “Io sono tutte le persone che ho conosciuto, tutte le storie che ho ascoltato, tutte le case e le città che ho abitato. L’essere umano è un alveare di esseri”. E ancora i dubbi che ci affliggono: “Non sono sicuro che io esista”. E la beatificazione della letteratura: “Io sono tutti gli scrittori che ho letto, tutte le persone che ho incontrato, tutte le donne che ho amato, tutte le città che ho visitato, tutti i miei antenati”. E poi il desiderio di certezze e il fascino del dubbio: “Niente, niente, non sono sicuro di niente, non so niente. Non so nemmeno la data della mia morte”.
Io l’ho appresa pochi giorni fa al telefono. Con un messaggio. Era una mattina di sole di un autunno estivo. Quel messaggio annunciava l’inverno. Con un grande rimpianto. Antonio Carlo Ponti, l’umbro poliedrico, sarà ricordato il prossimo anno, la sera dell’8 agosto quando celebreremo la poesia con la serata “Aspettando San Lorenzo”. Chiederò agli amici che lo hanno conosciuto di propormi che cosa leggere. Ci arricchiremo di conoscenza e di bellezza.



*Giacomo Mameli, è nato a Perdasdefogu (Nuoro), 1941, giornalista, scrittore, laureato in Sociologia, ad Urbino dove ha frequentato la Scuola Superiore di giornalismo discutendo la tesi con Paolo Fabbri e Carlo Bo (controrelatore) Direttore artistico del Festival letterario che si tiene ogni anno tra luglio e agosto a Perdasdefogu. Fra i suoi libri: La ghianta è una ciliegia, Le ragazze sono partite, Le chiavi dello zucchero e Hotel Nord America.