Decadenza o rinascita della
parola nell’era della IA? Ho letto
con interesse e condivisione il bel saggio di Giuseppe Landonio sulla crisi
della parola, pubblicato sulla prima pagina di “Odissea” martedì 24 ottobre scorso
(https://libertariam.blogspot.com/2023/10/la-crisi-della-parola-di-giuseppe.html). Oltre
agli argomenti introdotti da Landonio con appropriati riferimenti alla
letteratura ed alla poesia, mi sembra tuttavia necessario estendere la
narrazione alla realtà odierna che ahimè, si presenta foriera di ulteriori
motivi di preoccupazione per l’uso delle parole e per la comunicazione in
generale. Parlo ovviamente dell’uso della Intelligenza Artificiale (IA) già ben
presente nel campo delle parole e delle lingue così come degli usi che se ne
possono intravedere in tutti i campi delle relazioni umane, oltre che per scopi
prettamente tecnologici. Come sempre avviene, ogni sviluppo tecnologico
“epocale” è foriero di grandi vantaggi ma può portare anche altrettanti
svantaggi. Per tutti valga l’esempio della dinamite e del suo inventore Alfred
Nobel. Senza voler sminuire l’enorme portata positiva che si profila per questa
tecnologia, propongo qui qualche riflessione su alcuni degli aspetti negativi
in tema di linguaggio e articolazione del pensiero. Gli
istituti di ricerca, i governi e le associazioni di nazioni stanno già
cominciando a preoccuparsi degli usi impropri della IA che persino Elon Musk,
uno dei principali innovatori tecnologici del momento, paventa come forieri di
catastrofi inenarrabili. Una delle più recenti preoccupazioni è quella delle
“allucinazioni” da IA, quando modelli linguistici di grande potenza possono
fabbricare informazione, presentando finte realtà come fatti reali. Ricerche
condotte al MIT di Boston, Massachusetts, si stanno occupando della mitigazione
ed eventuale eliminazione (automatica) della falsa informazione prodotta da
sistemi generativi di IA con lo scopo di sviluppare sistemi di IA attendibili e
sicuri nel campo della comunicazione. Tuttavia, senza voler pensar male (a
dispetto della massima che dice che a pensar male, pur peccando, ci si
azzecca), lo sviluppo della IA nel campo delle parole sta procedendo con una
rapidità impressionante e le conseguenze non tarderanno a manifestarsi
soprattutto per quanto riguarda l’inadeguatezza delle menti più giovani alla
gestione del linguaggio, una volta che saremo passati dall’uso di frasi sempre
meno articolate e concetti sempre più semplificati (come giustamente nota
Landonio nel suo saggio) alla creazione di testi da parte di algoritmi che, a
partire dell’input di poche parole, possano elaborare composizioni organiche e
complete, fino ai riferimenti bibliografici.
È dunque facilmente prevedibile,
in assenza di contromisure adeguate e da individuare in fretta da parte degli educatori,
il rapido raggiungimento della incomunicabilità tra individui che non
riusciranno più ad articolare un pensiero in parole proprie e tantomeno uno
scritto, senza l’ausilio dello strumento informatico prescelto per la
comunicazione. È infatti lecito dubitare della capacità di interpretare la
parola espressa da un ente estraneo al cervello umano, quando il cervello non
sarà più in grado di articolare quelle parole in modo autonomo e in un discorso
compiuto. Un passettino in più, già alla portata di questi mezzi, è la capacità
di riprodurre la voce del soggetto e quindi di “parlare” a nome e per conto
dell’individuo, magari anche servendosi di un ologramma o anche più semplicemente
di una animazione da fotogrammi con le esatte sembianze dell’individuo. In pratica
il connubio tra la IA e la realtà aumentata potrà sostituirsi alle persone in
carne ed ossa e prendere possesso della loro anima (novelli Faust). Per
immaginare qualche aspetto positivo pensiamo ad esempio a persone altrimenti
incapaci di esprimersi in modo coerente ma in posizioni socialmente rilevanti
(il riferimento ad alcuni nostri rappresentanti parlamentari o altri personaggi
pubblici è del tutto casuale) le quali potranno finalmente formulare qualche
pensiero consono ad una logica che potranno scegliere da un “menu” informatico,
anziché doversi inventare lì per lì le baggianate più illogiche. Noi umani
ancora capaci di giudizio sulle parole, potremo almeno avere l’illusione di
essere guidati da qualche mente pensante. Quanto alla durata di questa
situazione, date le mie premesse ecco che l’aspetto positivo comincia già a
incrinarsi un poco…
Non molto tempo fa, Noha Yuval
Harari pubblicava due libri molto famosi in cui preconizzava lo sviluppo di
homo Sapiens in Homo Deus. Ebbene, volendo rileggere quei libri dopo solo un
anno dalla introduzione di Chat-GPT nei nostri motori di ricerca Web e degli
sviluppi più recenti della IA collegata all’uso della parola e senza voler
entrare in tutte le altre applicazioni possibili e immaginabili di questa
tecnologia, ce ne sarebbe più che abbastanza perché l’ottimo Harari debba
rimettere mano a penna, carta e calamaio e riformulare un buon numero delle sue
previsioni. Mi è già capitato, incontrando giovani e parlando di episodi
di cui potevo offrire testimonianza ed esperienza diretta, di vederli
compulsare freneticamente sul telefonino alla ricerca degli argomenti che trattavo
per poterne a loro volta essere “padroni” e magari confutarmi dati e analisi in
base ai risultati della loro ricerca istantanea sulla Rete. Questo era solo
l’inizio, già più di dieci anni fa; il futuro non è poi così difficile da
immaginare e come suol dirsi, il buon giorno si vede dal mattino… Auguri a
tutti noi e alle nostre Parole!