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giovedì 26 ottobre 2023

POETA? NO, GRAZIE
di Carlo Penati


Carlo Penati

Legnano. Apro io l’incontro a nome dei miei “fratelli di penna” in quanto legnanese e quindi ospitante. Grazie per aver accettato l’invito che in particolare Nino e Giuseppe vi hanno rivolto a trascorrere insieme una giornata di fraternità. Oso questo termine desueto perché di questo il mondo ha bisogno: moltiplicare i cenacoli, gli spazi di comunità, i luoghi in cui nessuno giudica nessuno, in cui ci si accoglie per quello che si è, in cui si costruisce assieme. Un grazie al Comune di Legnano, all’assessore Guido Bragato che ha accettato di condividere questa iniziativa “al buio”, senza poter sapere ancora – lo scopriremo e costruiremo insieme oggi – che cosa sarà la nostra kermesse, e alla responsabile della biblioteca civica della mia città, dal nome così poetico Selene Buia, che ci ha sostenuto con competenza ed entusiasmo. Ed eccoci a noi. “Poeta? No, grazie” è stata la provocazione che vi abbiamo proposto, rispetto alla quale mi piace accogliervi con tre suggestioni. Ecco la prima: “preferisco cercare poesie che definizione di poesia”. A parlare è Miograd Pavlovic, poeta serbo. Definire ciò che è poesia, cioè istituire un canone, è tentativo (e tentazione) del tutto vano. “Cercare poesie” invita piuttosto ad aprirsi, ad ascoltare, ad accettare ciò che ci viene offerto come esperienza, comunicazione, evocazione, provocazione, arricchimento. Ecco perché radunarci qui. Perché cerchiamo poesie e parole e performance che scavino nella montagna e rivelino metalli rari e radici promettenti. Che non smettano di accogliere e sollecitare nuove possibilità per un’umanità viandante tra orrore e speranza.



Proprio oggi, 21 ottobre, è uno dei due giorni nell’anno in cui è possibile visitare il Trinity Test Site a Los Alamos, il punto preciso in cui scoppiò la prima bomba atomica sperimentale e iniziò una nuova era della storia umana. Tra il “cambiare il mondo” di Patrizia Cavalli e l’”avvelenare i pozzi” di Franco Fortini il fare poetico gioca il suo potere identificativo ed evocativo nel porsi, soltanto nel porsi alla lettura e alla declamazione. Ed ecco la seconda suggestione: “Noi poeti siamo nudi, si vede tutto, perciò dobbiamo preoccuparci di sembrare decenti.”
È Anna Achmatova che parla. Lo leggo nell’esergo di Paolo Nori, nel suo libro dedicato alla grande poetessa russa: Vi avverto che vivo per l’ultima volta (Mondadori, Milano, 2023) e mi chiedo come possano i poeti “sembrare decenti”. Con il pudore che protegge l’intimità e proteggendola la nutre e la svela quel poco che basta per essere veri? Costruendo castelli artificiali di parole, giocando con esse al nascondimento della propria parte più autentica (più “onesta” direbbe Saba)? Andando alla sorgente della propria creatività e coprendo con le mani per quanto possibile il libero sgorgare dei versi? Confidando nell’utile dell’inutile che è la parola che si fa, che genera e generando opera, trasforma? La poesia genera frutti perché non chiede nulla, crea perché non pretende, apre perché non cerca un definito, ma si de-finisce e germina possibilità cercando. Una ricerca incessante che è vagare, errare negli infiniti mondi dell’origine del tempo e della vita, dove esteriore e interiore formano un unico tessuto e errando si perviene, inaspettatamente, al luco intimo ed aperto che misteriosamente, cioè cedendo e ammutolendo, ci affratella.


Emily Dickinson

Si chiede Armando Pessoa, e questa è la terza suggestione: “Perché è bella l’arte? Perché è inutile. Perché è brutta la vita?  Perché è tutta fini e propositi e intenzioni. Tutte le sue strade portano da un punto a un altro punto. Magari ci fosse una strada in un luogo dove nessuno va”. È la poesia questo luogo?
Da noi essere poeti sembra un’avventura minore, marginale, come lo sono le pubblicazioni poetiche. Eppure c’è tanto bisogno, nei periodi di smarrimento, di erranza senza meta, di chi “non teme il nulla”. E chi non teme il nulla, per la grande filosofa spagnola Maria Zambrano, è proprio il poeta.


L'intervento di Penati 

Ulisse, per Mandel’stam, ritorna ad Itaca “colmo di spazio e di tempo”. Ecco la cifra del poeta: ampliare lo spazio e il tempo, vedere e andare oltre i confini assodati e confondere la dura sequenza temporale e sintattica. Il poeta è l’interprete più appassionato della nuova visione dell’universo: dello spaziotempo come unica entità. Osip Mandel’stam lo tratteggia nella poesia “Un rivolo di miele dorato e vischioso colava dalla bottiglia” che conclude con questi versi: “(…) non ci fu che una strepitare/di grevi onde marine lungo tutto, tutto quel viaggio/e lasciando la nave che aveva fiaccato la vela sui mari/ fece ritorno Odisseo colmo di tempo e di spazio.”
E l’essere colmo di tempo e di spazio rimanda all’auspicio di Aristotele secondo cui “per quanto possibile, bisogna sempre farsi immortali”.
È il compito e destino dei poeti, per Emily Dickinson: “Accendere una lampada e sparire/Questo fanno i poeti/ Ma le scintille che hanno ravvivato/ Durano come i soli/ Ogni epoca una lente/Che dissemina/ La loro circonferenza”.
 
[Relazione letta durante la kermesse del 21 ottobre 2023 tenuta a Legnano nella Sala Previati del Castello Visconteo]