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lunedì 2 ottobre 2023

SPORT, GIOVANI E PERIFERIE A MILANO
di Sergio Giuntini 



La metamorfosi dello sport a Milano  
 
L'assegnazione a Milano (e Cortina) delle Olimpiadi invernali del 2026 sembra aver ancora accresciuto, nella metropoli lombarda, la forbice tra centro (quello dei grattacieli arditi e degli orti verticali) e periferie (il suo profondo, dimenticato "sottobosco orizzontale"). Un divario che si coglie anche, macroscopicamente, dal degrado di molte sue strutture sportive periferiche o, ancor peggio, dalle loro prolungate chiusure (emblematico il caso del campo "Carraro" al Gratosoglio). Alla luce di queste considerazioni fare previsioni su come andranno i prossimi Giochi olimpici è assai azzardato. Peccando in ottimismo, si può sperare non deluderanno le attese. Così, per lo meno nell'immediato, fu anche per Torino 2006: il modello a noi più vicino cui riferirsi. La vera sfida inizierà però dopo: con il post-Olimpiadi. Sarà questa, crediamo, la scommessa più difficile per Milano. Un'occasione per dimostrare che, economicamente, rispetto alla compatibilità ambientale e urbana, i Giochi olimpici non costituiscono solo un'effimera, rutilante "grande bellezza" che sfiorisce nell'arco delle due settimane in cui vanno in scena. Volendo essere pessimisti o giustamente realisti, invece, è da temere che le cose continuino come ora.  Che cioè un simile appuntamento venga sfruttato quale paravento per nascondere quello sviluppo duale, gravemente squilibrato, che sta caratterizzando la città. Se le Olimpiadi del 2026 allargheranno ulteriormente la frattura tra Duomo e Gratosoglio, Montenapoleone e Comasina, favoriranno delle nuove spericolate speculazioni edilizie (le notizie di relative all'arrivare, prossimamente,  all'eccesso d'avere tre grandi, costosi stadi  calcistici spalmati sul territorio da questo punto di vista non tranquillizzano), allora si dovrà dar ragione a chi verso la smania di grandi eventi (da Expo, appunto alle Olimpiadi nell'era Sala)  nutre un certo comprensibile scetticismo. A cominciare, lo sappiamo bene, dal santo patrono Ambrogio: il primo e più risoluto tra gli olimpo-scettici della storia.    

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L’ATTIVITÀ MOTORIA
di Bruno Mantovani  

 
L’attività motoria educa, lo sport allena alla vita   
 
Il bambino impara a conoscere il mondo attraverso il corpo in movimento Tutte le percezioni lo mettono in contatto con le persone e col mondo degli oggetti. L’attività motoria allena il cervello il quale memorizza tutte le informazioni che giungono attraverso le esperienze, che serviranno successivamente per tutti i processi logici. Una buona coordinazione crea un buon rapporto con il proprio corpo e facilita la relazione con gli altri. Ci permette di operare in modo efficace nelle situazioni, di poter inserirsi in contesti di squadra. Per gli adolescenti l’attività sportiva educativa e non selettiva è un allenamento alla vita perché insegna a perdere, a saper accettare sé stessi con i propri limiti. La sconfitta deve essere è lo stimolo a impegnarci per migliorare, per raggiungere traguardi con la squadra ma anche individuali. Si impara a fare fatica, ad avere soddisfazione anche dalla fatica che ci permette di migliorare. Ad avere rispetto degli avversari.
  
Lo sport è la metafora della vita.   
Nello sport si vivono tutte le situazioni che saranno successivamente incontrate nella vita. Si impara a diventare autonomi, a superare da soli le difficoltà sia individuali che di gruppo. Una volta si diceva “svegliati” (e non è nostalgia del passato ma sapere ciò che è utile alla crescita) se un giovane trovava degli ostacoli che lo mettevano in difficoltà. Oggi si tende a eliminare ogni difficoltà nella crescita dei giovani.
Lo sport è fondamentale per lavorare con i giovani in difficoltà, con i disabili.       
Investire nello sport significa risparmiare nella sanità. È evidente che un buon stato di salute è il mezzo principale di prevenzione per la salute e la coordinazione migliora l’efficacia nel lavoro e previene gli infortuni. Investire nello sport scolastico e nelle periferie significa migliorare la qualità della vita.
La scuola è l’unico luogo nel quale passano tutti i bambini e quindi nella scuola deve essere sviluppata l’attività fisico-sportiva per tutti. Chiudere gli impianti invece di farne di nuovi per rendere più capillare l’offerta sportiva, significa tradire tutte le dichiarazioni che mettono al centro dell’impegno politico il benessere dei giovani e delle persone.