CHIEDERE SCUSA
di
Ugo Giannangeli
Da
quando questo scritto è stato vergato, i morti civili palestinesi sono
enormemente aumentati e la situazione e diventata ancora più drammatica. In
questo giornale non crediamo agli eserciti di difesa e tanto meno agli Stati
armati. Eserciti ed armi fanno le guerre e da sempre massacrano i civili. Gli
eserciti vanno semplicemente aboliti e le fabbriche d’armi riconvertite. Per il
resto, quanto scrive Giannangeli è inconfutabile e bisogna prenderne atto e
subito. Prima del precipizio.
Nei
giorni scorsi Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera si è posto una
domanda: che cosa doveva e deve fare Israele, qual è la risposta ragionevole all’azione
del 7 ottobre? Della Loggia si risponde ovviamente giustificando Israele che
con tonnellate di bombe sta radendo al suolo Gaza uccidendo indiscriminatamente
combattenti, donne, vecchi e bambini. Poi Della loggia si allarga giungendo a
criticare il diffuso pacifismo e il rifiuto del ricorso alle armi da parte di
larghi settori della società civile; secondo Della Loggia il ricorso alle armi
ormai è diventato un tabù. Eppure la risposta, la sola possibile,
nell’interesse dello stesso Israele, era lì a portata di mano: Israele, dopo un
attacco così eclatante, avrebbe dovuto prendere atto che oltre 75 anni di
occupazione, massacri, prigionia, espropri, esili non avevano piegato il popolo
palestinese, arrendersi all’evidenza, rinunciare al proprio antico progetto e chiedere
scusa. Chiedere scusa ai palestinesi ammazzati prima ancora della nascita dello
Stato dalle bande terroristiche Stern e Irgun. A quelli ammazzati ed espulsi
nel ‘48 e nel ‘67. Ai vecchi, alle donne e ai bambini massacrati a Sabra e
Chatila. Ai milioni di prigionieri transitati per le carceri israeliane. Ai gazawi
periodicamente bombardati nel 2008-2009, nel 2012, nel 2014, nel 2021 ed ora.
Alle donne, ai vecchi e bambini che nel 2018 hanno partecipato alla Grande
marcia del ritorno e sono stati uccisi o invalidati dai cecchini israeliani che
si esercitavano al tirassegno come in un luna park. Ai palestinesi della West Bank
costretti quotidianamente all’umiliazione dei check points, a vedere la propria
casa demolita, i propri terreni espropriati, i propri olivi sradicati dai
bulldozer. Dopo le scuse, il risarcimento, laddove possibile. Come? Aprire le
frontiere al ritorno dei profughi come ordinato sin dal 1948 dalla risoluzione
Onu 194. Chi vuole torna, chi ha ancora la chiave può provare ad aprire la porta
ma la serratura sarà stata cambiata. Pazienza: l’inquilino abusivo fornirà la
chiave e pagherà anni di affitto arretrato. Chi non può o non vuole tornare
avrà diritto a un equo indennizzo. Ordinare ai 700.000 coloni della West Bank,
di Gerusalemme est e del Golan di tornare a loro scelta nelle loro case in
Israele o nel Paese di origine da cui si sono mossi per andare a colonizzare un
territorio non loro. Abbattere 720 km di muro per permettere ai palestinesi di
percorrere 100 metri camminando per 100 metri e non per 5 km. Liberare tutti i
prigionieri, risarcendoli per gli anni di vita rubati. Indennizzare le famiglie
dei prigionieri uccisi sotto tortura o a seguito di sciopero della fame.
Ricostruire
tutta Gaza, le sue moschee, i suoi ospedali, le sue scuole. Consegnare barche
nuove ai pescatori. Ripiantare 2 milioni di olivi e risarcire gli agricoltori
per i mancati raccolti. Richiamare Ilan Pappè chiedendogli scusa e assegnargli
una cattedra universitaria dalla quale poter spiegare la vera storia di
Israele. Mettere in Tribunale una targa in ricordo dell’avv. Felicia Langer che
ha speso la vita a difendere palestinesi avanti alle Corti militari. Tutto ciò
ha costi anche economici enormi. Ma la collettività ebraica della diaspora
saprà sostenerli e lo farà anche nell’interesse di Israele perché possa
diventare uno Stato normale, con una popolazione non militarizzata nel fisico e
nella mente che esprime governi fascisti e razzisti. Israele potrà darsi dei
confini, una Costituzione che riproduca i buoni propositi solo enunciati nella Dichiarazione
di indipendenza, potrà annullare l’oltraggiosa legge del 2018 sulla supremazia
ebraica, potrà distribuire nelle scuole libri che non inneggiano all’odio e al
disprezzo verso i palestinesi, potrà avere un esercito che sarà veramente un
IDF, esercito difensivo, e non IOF, esercito di aggressione e di occupazione. Avrà
severe leggi sulle armi che non consentano a civili di terrorizzare persone
inoffensive con armi da guerra. C’è molto da fare ma si inizi ad interrompere
la vendetta e la rappresaglia. Venga il cessate il fuoco, venga la liberazione
degli ostaggi insieme alla liberazione di tutti gli ostaggi palestinesi
altrimenti detti prigionieri. La storia dirà se sarà necessario convivere
vicini ma separati, forse con reciproca diffidenza, o se i palestinesi saranno
capaci di perdonare tutto il male subito e riusciranno a convivere in un unico
Stato con i loro ex carcerieri con parità di diritti. Nel mondo scomparirà l’antisionismo
e resterà forse solo un po’ di antisemitismo relegato negli ambiti fascisti e
razzisti, attuali sostenitori di Israele. Tornerà ad avere un ruolo il diritto
internazionale e l’ONU con vantaggio universale. Mentre scrivo giunge la
notizia della richiesta di dimissioni di Guterres, segretario dell’ONU, per
avere detto due ovvietà: Israele deve rispettare il diritto umanitario e Hamas
è frutto dell’occupazione asfissiante. Segue subito la notizia del diniego di
visto di ingresso in Israele ai funzionari ONU. Del resto ricordo che a suo
tempo Yair Lapid andò a Ginevra sotto la sede del Consiglio dei diritti umani
dell’ONU a gridare che quello era il Consiglio dei diritti dei terroristi.
Israele deve essere recuperato da questa deriva e dalla sua assoluta incapacità
di riconoscere le proprie responsabilità. Chi vuole aiutarlo non deve
assecondarlo ma metterlo all’angolo e fermarlo. Lettere come quella che sta
circolando a firma anche di Walzer e Grossman contro la sinistra internazionale
che sarebbe incapace di empatia per gli israeliani innocenti uccisi non aiutano
perché non individuano il nocciolo del problema: come ci si può dolere della
mancanza di empatia per le vittime civili israeliane mentre si bombardano
civili palestinesi fin dentro le autombulanze e la conta provvisoria ad oggi è
di quasi 10.000 uccisi di cui oltre 3500 bambini?
Nonostante
la forsennata campagna mediatica in corso la cosiddetta società civile ha
capacità critica e di discernimento. Lo dimostrano le oceaniche manifestazioni
nel mondo a favore delle ragioni del popolo palestinese. E chi partecipa a
queste manifestazioni ha empatia per tutte le vittime ma è capace di
individuare le responsabilità.