Il
rapporto tra poesia e scienza è antichissimo; risale al mito. Il dialogo tra la
poesia e la scienza è una tradizione che continua ancora oggi, che non è mai
finita. La mia è una ricerca che comincia da descrizioni di come sappiamo che
sono fatte le cose, di com’è fatto il Cosmo, con la consapevolezza che le
nostre conoscenze sono destinate a mutare, o quantomeno ad essere aggiornate -
vedi l’evoluzione del concetto di gravità da Newton ad Einstein, che ci
permette di dire che non sapremo mai, con precisione, tutto, perché più
sappiamo meno sappiamo -, e che poi si tuffa nel mistero alla scoperta, come fa
la ricerca scientifica. Lo scopo è la filosofia, nel senso di fisica e
metafisica insieme, l’unione del sapere, sapere umanistico e sapere scientifico
insieme, per affrontare le sfide della nostra società complessa. Carlo Rovelli,
lo scienziato autore di Sette brevi lezioni di fisica, Giorgio Parisi,
Premio Nobel per la Fisica 2021, Leonardo Sinisgalli, poeta laureato in
Ingegneria, definito “il poeta delle due culture”, e tante altre personalità
della cultura scientifica e della cultura umanistica, dicono che la poesia e la
scienza hanno molto in comune: il mistero come oggetto della loro ricerca,
prima di tutto. Thomas More scrive, nella sua Utopia, che studiare
scienza e poesia permette di trovare le soluzioni più adatte alle sfide e ai
problemi della società. Ma che senso ha?Va bene cercare l’unione dei saperi, ma oggi,
concretamente, con tutti i problemi, con tutti i disastri, con tutte le
tragedie, che senso ha scrivere poesie? A che cosa serve? Le poesie sono fatte di parole; le parole
fanno paura. Se ci facciamo caso, le poesie, di solito, nei regimi totalitari sono
bandite; poete e poeti sonostate, sono e saranno sempre persone perseguitate nei regimi totalitari. Perché? Forse la
poesia ha un senso, forse la poesia ha importanza; forse la poesia è speranza
contro la catastrofe. E i tiranni temono la speranza, hanno paura della nostra
speranza. Senza poesia, forse, non c’è neppure speranza. Bisogna agire,
bisogna prendere posizione. Bisogna prendere posizione prima di tutto con le
parole. Tanti poeti e tante poete lo hanno fatto: Vaclav Havel, Pablo Neruda, Saint-John
Perse, Alda Merini, Giulia Niccolai, Alba De Céspedes, Marina
Cvetaeva, Osip
Mandel’stam, Audre…loro hanno preso posizione. Tante e tanti lo fanno anche
adesso. Anche
io devo prendere posizione, prima di tutto con le parole. Responsabilità. Questa parola chi
scrive, chi pubblica i libri deve sentire la responsabilità per il fatto di
produrre cultura. Qual è la responsabilità di chi fa giornalismo? Dare notizie
oggettive, corrette? Empatia. Quando una donna
muore per mano di un uomo; quando una ragazza muore per mano di un ragazzo, quando
una donna, quando una ragazza subisce violenza da un uomo, da un ragazzo, si cerca
di giustificare questo gesto feroce e vigliacco creando empatia verso Caino: era
un brav’uomo, non aveva mai fatto del male, era un bravo padre, era un bravo
marito, era un bravo ragazzo; era laureato; era un bravo professionista. E,
poi, ciliegina sulla torta: l’amava tantissimo; l’ha fatto per amore! È colpa di
Abele, perché Caino l’amava troppo! C’è una politica patriarcale e maschilista che
che passa attraverso giornali, giornali radio
e telegiornali, che vuole far empatizzare con il carnefice: cioè, con l’uomo;
perché il carnefice è sempre un uomo. Siamo noi uomini, maschi. Chi pensa ad
Abele? Abele è la vittima, Abele è una donna, Abele è una ragazza che diventa
ulteriormente vittima in questo modo. Chi pensa ad Abele? La amava moltissimo!
È tutta colpa dell’amore! L’amore è una malattia da curare.