Si
sta avvicinando il Natale… Anni
fa in terra africana… un bambino denutrito (o una bambina) - forse dopo la
devastazione del suo villaggio per opera di una banda di predoni (ah la fedele
compagnia di guerra e carestia! - un bambino che si trascina carponi nella
polvere. Alle sue spalle un avvoltoio in attesa di cogliere il momento più
propizio per il proprio pasto. Innanzi al piccolo un giornalista e fotografo,
un grande fotografo, Kevin Carter, uomo di rarissima sensibilità, di ipersensibilità
diremmo (era anche un attivista di diritti umani), aspetta; aspetta il momento
migliore per scattare una foto (la Foto…): il bambino, la polvere, l'avvoltoio,
gli orrendi segni della fame, la povertà estrema, la disperazione in ogni fibra,
il dolore senza fine, la pena che ottunde… Dopo un certo lasso di tempo Kevin
realizza l'immagine che desidera, che ha pensato. Quindi prova a soccorrere il
bambino. Dopodiché si ritira - avrebbe dopo confessato - nella vicina boscaglia
a piangere a dirotto. Quello scatto gli farà vincere il Pulitzer. Tempo dopo, e
dopo feroci polemiche e accuse da parte di alcuni (perché non aveva soccorso
subito il bambino; ma altri lo avevano difeso: un medico di frontiera un giorno
gli aveva detto… Fai il tuo mestiere; tu devi documentare…), Carter si
suicida: recatosi in auto sul greto del fiume della sua città, collega il tubo
di scappamento all’abitacolo. Lui è dentro. Muore soffocato dal monossido di
carbonio. Soprattutto soffocato da un senso di colpa immane. Soffocato da
accuse implacabili. Gli occhi di Kevin Carter avevano visto troppe atrocità.
Aveva solo trentatré anni. L’esistenza era per lui divenuta un peso
insostenibile. Invero Kevin è stato ucciso dalla crudele stupidità dell'uomo
che fa la guerra e costringe i bambini a trascinarsi, a strisciare nella
polvere, sovente a morire, che sia per fame, sete, malattie o bombe. Quel
bambino tuttavia si era - così pare - salvato. Per altre indicibili sofferenze,
in uno stato di abbandono eterno?Guardando
quella foto, e studiata quella storia che mi ha molto scosso, ho scritto quanto
segue:
Vigilia
di Natale Che
amara ironia in questo Natale... Che
cosa è divenuto il Natale, ogni Natale che
ci viene elargito, che
ci viene imbonito, che
ci viene imbandito? Ancora
ieri c'è stato un terremoto, ma
Cristo non è nato né risorto se
non nello sguardo di
un bambino che
si trascinava carponi: in
cerca di un sorso d'acqua nell'assurda
orba levità del giorno che
si levava e calava come
spada di vendetta. Alle
spalle del grappolo di stracci, oltre
la geografia delle ossa, oltre
la pianura della pelle rugosa in
cui il bambino era mutato, grumo
di dolore senza più rancore, un
avvoltoio e un fotografo, ambedue
pronti a carpirne l'immagine
mortale. Cristo
è nello sguardo di quel bambino, soltanto
in quell'ultimo sguardo.