Nel 2014
Stephen Hawking metteva in guardia l’umanità circa i pericoli dell’intelligenza
artificiale, considerandola addirittura una minaccia per la sopravvivenza del
genere umano. Da allora il dibattito tra
scienziati dell’informatica, uomini politici, intellettuali è diventato
particolarmente vivace. E ciò, per
l’indubbia complessità dei problemi che dovrebbe risolvere la IA (o,
all’inglese, l’AI, Artificial Intelligence) e che vanno dalla teoria alla
pratica, dall’etica alla logica. Detto in
soldoni, sistemi hardware adeguatamente progettati e sistemi di
programma software dovrebbero essere in grado, a richiesta, di
dare agli interlocutori risposte sul piano informativo, necessarie per
l’operare in conseguenza, in luogo di quelle che potrebbero
essere fornite dall’intelligenza umana. Non
sono un esperto del settore e ciò non mi consente di padroneggiare il mondo del
digitale e dell’elettronica con sufficiente disinvoltura, ma ho compiuto con
serietà i miei studi classici e credo di avere ancora un ottimo rapporto
con i procedimenti della logica. Ragionandoci
su, mi sembra che quello dell’intelligenza artificiale sia solo un problema che
ne presuppone un altro che l’Occidente tenta di mascherare, nascondendo le
responsabilità del caos cognitivo e della conseguente confusione operativa che
informano la sua vita.Come tanta altra
parte dell’Umanità, gli abitanti dell’Ovest del globo sono sempre più in
preda di irrazionalismi religiosi e filosofico-politici, ormai vecchi di secoli
che hanno profondamente inciso, distruggendola, la facoltà di raziocinio nella
soluzione dei problemi.Ora, se a predisporre
hardware e software, immagazzinando dati di ogni tipo (storici, religiosi,
filosofici o comunque concettuali) desumendoli acriticamente dalla
tradizione culturale dell’Occidente, saranno individui che hanno perso ogni
contatto con la conoscenza della verità per avere creduto e per credere in
presunte e pretese rivelazioni sfornite di ogni prova da santoni o argomentate,
con discorsi paludati, da sedicenti maestri del pensiero (entrambi
immaginifici e fantasiosi) non è solo verosimile ma assolutamente certo e
indubbio che le risposte dell’intelligenza artificiale non potranno andare che
nella direzione autodistruttiva già presa dall’intelligenza naturale.
Il riferimento a IlTramonto
dell’Occidente di Oswald Spengler è d’obbligo, come quello ad Albert
Einstein che vede immutabile una realtà se non cambia la mentalità che l’ha
creata.La “(in)cultura” Occidentale trasfusa
nei computer darà le consuete risposte che da duemila anni di storia
alimentano, giustificandoli, dispotismi, genocidi, guerre definite sante,
intrighi diabolici, ipocrisie clamorose; e sempre con l’ipocrita l’attestazione
di pretesi valori desunti da esperienze passate e malamente superate (democrazia
ateniese, rispetto della dignità e dei diritti umani).La domanda, quindi, da porsi è se si tratti solo di un falso
problema o di una brillante trovata per scaricare su uno strumento digitale la
responsabilità, altrimenti personale, di chi ha visto l’approssimarsi
della catastrofe ma, da classe dirigente, non ha fatto nulla per
evitarla.Il fatto che il naufragio della
parte di mondo da noi abitata possa essere attribuito a macchine
(hardware) e a programmi (software) potrà costituire solo un pretestuoso alibi,
un furbesco marchingegno per chi, dopo secoli di guerre ideologiche
(sante o profane), di massacri atroci, di stermini (per motivi etnici o di
pensiero) ha continuato imperterrito a ripetere le medesime giaculatorie
giustificative apprese in famiglia, a scuola, nei luoghi di culto; e ciò o per
torpore mentale o per ignavia caratteriale. L’irrazionalità, trasfusa nei
computer attraverso i dati immagazzinati, rappresenterà, in buona sostanza,
solo un modo falso (come già avviene con le Fake news) per scrollarsi di dosso,
addossandola alle macchine, la colpa dello stesso “male oscuro” che da
duemila anni ci corrode.