Vicolo della Felicità Di luoghi curiosi se ne
trovano in ogni sperduto angolo di mondo, figuriamoci in Italia e nelle nostre
splendide città. A Lucca, per esempio, c’è un Vicolo della Felicità. Ci sono
approdato, assieme allo studioso e docente universitario Giuseppe Langella,
sciamando tra il Fillungo e il perimetro delle Torri. In genere i visitatori
tirano dritto per salire sulla Torre Guinigi con la sua chioma alberata, ed è
improbabile che vadano alla ricerca deliberata di un vicolo medievale privo di
importanza come questo. Stretto e corto, troppo corto; e se non fosse per la
mattonella di maiolica che lo indica, non ci badereste nemmeno. “La felicità è
breve” ha detto Langella appena gliel’ho indicato, e non ha tutti i torti.
Breve, troppo breve, come i pochi metri di questo vicolo. Se li si interroga sulla felicità gli uomini e le
donne hanno pronta la risposta: il denaro, la salute, l’amore. Di denaro e di
salute in questo vicolo medievale doveva essercene ben poco; privo di luce e
maleodorante come doveva presentarsi ai suoi abitanti, e allora non rimane che
l’amore. Ma che tipo di amore? È molto probabile che il nome al vicolo glielo
abbiano affibbiato gli uomini e forse qui venivano a cercare l’attimo effimero
della loro felicità a pagamento. Chi l’amore era costretto a
venderlo non doveva provare felicità, e il “mestiere” era dura sottomissione
alla sopravvivenza. Lo so, è una ipotesi amara e poco romantica, e forse vi
aspettavate una storia dal finale edificante dalla mia immaginazione di
scrittore. Per non lasciarvi nella più totale delusione ricorrerò alla
leggenda, questa sì dal finale edificante, riferita sul suo blog da Marco Vignolo Gargini.
Siamo negli anni della peste, quella del Trecento, e la falce della Dama Nera
miete vittime a gogò. Un aristocratico lucchese non meglio identificato,
temendo per la sua sorte, promette di cambiare condotta di vita e si reca a
pregare con ritrovata devozione (cosa non può la paura della morte…),
nell’Oratorio di Santo Atanasio. Le preghiere e la fede salveranno l’uomo, e
finita la peste, muterà sul serio il suo stile di vita. Comportamento
morigerato, rinuncia all’avidità, buon cittadino e buon cristiano, prende
persino moglie e mette al mondo dei figli. Ma veniamo al colpo di scena finale così come
riportato da Gargini: “Una mattina improvvisamente, dopo il battesimo del suo
primo figlio, una voce disse all’uomo: Vieni con me, porta la tua famiglia a
vedere cosa può fare la fede. Un passaggio fatto a L accanto all’Oratorio
di S. Atanasio si spalancò davanti a lui e alla sua famiglia. La voce continuò
a parlare: La felicità è un vicolo molto corto, ma se perdi la speranza
perdi anche questa piccola salvezza. Il Paradiso non si raggiunge camminando su
viali alberati. La via verso la Felicità è fatta di mille insignificanti
stradine. Ricorda questo”. Dal Vangelo sappiamo che la fede muove le
montagne, e questa leggenda non si discosta dal sentire medievale. Non avrete
la felicità su questa terra, ma almeno vi guadagnerete il paradiso.