Uno
scritto molto umano e toccante, questo di Zaccaria Gallo sul Natale di guerra,
ma non dimentichiamo che i responsabili delle guerre hanno nomi e cognomi e gli
apparati di morte si chiamano Stati, Governi, Nazionalismi, Militarismo,
Mercanti d’armi, Gruppi Dirigenti, Partiti, Diplomazie, Stampa di Regime ecc.
ecc. Sulla
nascita di Cristo si affaccia l’incubo di Erode, e il Bambino, per non finire
sotto la spada che elimina i neonati di Betlemme, si allinea coi suoi genitori
nella fila interminabile dei profughi. Un bambino, fracasso di ruote, cigolio
di carri, stelle filanti nel cielo, deflagranti scoppi di bombe, cavalieri
mimeticocalzanti, scintillare di lance, feriti in quantità, cumuli di morti,
cadaveri senza fine, s’inciampa nei cadaveri. E le parole di Curzio Malaparte
fin dal Natale del 1954: «Tra pochi giorni è Natale e già gli uomini si
preparano alla suprema ipocrisia. Perché nessuno ha il coraggio di dirsi che il
secolo, che il mondo, non è mai stato così poco cristiano come in questi anni? Perché
nessuno di noi osa riconoscere che la magniloquenza degli uomini politici, la
grande parata dei sentimenti evangelici, le processioni dei falsi devoti
servono soltanto a nascondere questa terribile verità: che gli uomini non sono
più cristiani, che Cristo è morto nell’anima dei suoi figli, che l’ipocrisia è
discesa dalla politica fin nella vita sociale, familiare, e individuale? Non ci
importa nulla di chi soffre; non facciamo nulla per impedire la sofferenza, la
miseria, il male, il delitto, la violenza, la strage...». Quanti di noi, nel
nostro piccolo, s’avvieranno verso la chiesa, spandendo baci e auguri di bene,
di amore e di pace ma, nel fondo del cuore, sotto il mantello delle buone
forme, delle belle parole e dei pii sentimenti conserveranno ben carica l'arma
dell'egoismo, dell'astio, della cattiveria contro qualche nostro fratello? Si
intitolano in “Natale 1987” (“Parole
dipinte” - Libreria Leoniana 1989) i versi di un poeta un po' appartato, ma
dotato di una intensa spiritualità; Giovanni Angelo Abbo (1911-1994): “ Travestiti da pastori / o scorta
volontaria dei Re Magi / andiamo a Betlemme cianciando d'amore e di pace, /
comunque nascondendo / sotto il mantello di ogni evenienza / un kalashnikov ben
oliato”.
Il Preseppe degli Stati per i bambini
Drammaticamente veri per la Betlemme geografica questi versi, ma
anche così veri per tutte le altre Betlemme, da Israele all'Ucraina da Gaza al
Donbass. Scene di persone che nel mondo d'Occidente, in Europa, in Italia,
avanzano, proclamando parole di pace ma che, sotto il mantello, stringono
vigorosamente il fucile mitragliatore da consegnare ai soldati per fare la
guerra e dare la morte. Ѐ Natale ma c'è sempre la guerra. Non è certo questo il Natale
di Cristo. Un altro Natale? Sono le due del mattino,
e la maggior parte degli uomini dorme nelle buche. Gli scontri di queste
settimane hanno fatto tanti morti che entrambe le parti si sono trincerate in
attesa dei rincalzi. Tutti hanno deciso di rimanere nelle trincee ad aspettare.
Una attesa tremenda! Ogni momento, un proiettile di obice può cadere addosso,
ammazzando o mutilando, e di giorno non si osa alzare la testa fuori dalla
terra, per paura del cecchino. E poi la pioggia: cade quasi ogni giorno e con
la pioggia il fango, profondo. S’appiccica e sporca tutto, risucchia gli
scarponi. I soldati tedeschi di fronte a noi soldati inglesi.
La trincea che sta
di fronte è ad appena cinquanta metri. Nel mezzo la terra di nessuno, orlata da
entrambe le parti di filo spinato. All’improvviso, quando scende la sera, non
si sente più sparare. Sono mesi che non c’è questo tipo di silenzio totale. Di
colpo, un soldato, che ha con cautela alzato la testa, scuote quello vicino a
lui: “Vieni ̶gli grida ̶vieni a vedere! Vieni a vedere cosa fanno i
tedeschi!” L’altro alza la testa sopra i sacchetti di sabbia. Il fucile gli
cade dalle mani e rimane a bocca aperta. Non crede ai suoi occhi. Grappoli di
piccole luci brillano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra, a
perdita d’occhio.“Ma che cos’è?” chiede
al compagno vicino, anche lui in preda allo stupore. “Alberi di Natale!”
mormora. “Ma hai dimenticato? stasera è la vigilia di Natale”, risponde il
secondo. Ѐ vero. I tedeschi hanno disposto degli
alberi di Natale di fronte alla loro trincea, illuminati con candele e lumini.
E poi, a un certo punto, si sentono le loro voci che si levano in una canzone.
Cantano! “Stille nacht, heilige nacht”. Molti
soldati inglesi lo conoscono quel canto, si passano la voce, qualcuno di loro
inizia a sussurrare: “Silent night, holy
night”. Subito dopo, vicino
alle buche, si sentono delle voci dall’accento inconfondibile. Molti tendono le
orecchie, rimangono in ascolto, ed ecco arrivare lungo tutta la linea un saluto
mai sentito in questa guerra: “Soldato inglese, soldato inglese, buon Natale!
Buon Natale!”Non ho mai sentito un canto più bello e più
significativo in quella notte chiara e silenziosa”, dirà uno dei soldati
inglesi in una lettera “quando il canto è finito gli uomini nella nostra
trincea hanno applaudito. Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi
uno di noi ha cominciato a cantare e ci siamo tutti uniti a lui: The First Nowell the Angel did say. Per
la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi con le loro belle
armonie.Hanno risposto con applausi
entusiasti e poi ne hanno attaccato un'altra Tannenbaum o Tannenbaum a cui noi abbiamo risposto O Came All Ye Faithfull e, questa
volta, si sono uniti al nostro coro, cantando la stessa canzone ma in latino: Adeste fideles. Inglesi e tedeschi che
intonano canti di Natale in coro attraverso la terra di nessuno! Non potevo
pensare niente di più stupefacente, ma quello che è avvenuto dopo lo è stato di
più. “Inglesi, uscite!” li abbiamo sentiti gridare “voi non spara, noi non
spara!” Ѐ il 1914, primo anno della prima guerra mondiale. Belgio, trincee
della Fiandre, Saliente di Ypres, settore del fronte occidentale.
La guerra
mondiale scoppiata nella precedente estate sta inchiodando i soldati nelle
trincee. I combattimenti sono durissimi e costano cifre impronunciabili in
termini di morti e feriti. Inglesi, francesi e belgi sfidano le mitragliatrici
tedesche. All'ordine del giorno è la lotta corpo a corpo, masse di uomini
lanciate contro fili spinati nemici per conquistare pochissimi metri di terreno
che, al successivo assalto, sono spesso nuovamente perduti. Poi arriva la notte
di Natale. Tutto questo odio, tutto questo spararsi a vicenda, che è andato
crescendo dall’inizio della guerra, si è spento e si è fermato a causa della
magia del Natale. È una grande speranza per un futuro di pace, se due grandi
nazioni che si odiano come i nemici raramente si sono odiati, giurandosi eterno
odio e vendetta, affidando la loro vendetta alla musica nel giorno di Natale,
per tutto quello che questa parola significa, possono abbassare le mani,
scambiarsi tabacco, ed augurarsi felicità a vicenda”.
Che colpa ne ha?
Nei mesi e negli anni che
seguirono la tregua di Natale del 1914, molti dei protagonisti di questi fatti
straordinari sarebbero stati uccisi, insieme a centinaia di migliaia dei loro
compagni, nel più sanguinoso conflitto fino ad allora registrato dalla storia. Forse, la tregua di Natale fu possibile solo perché la
perdita di umanità non aveva ancora fatto presa nelle loro anime: la memoria
del Natale di Cristo aveva aperto uno spazio nei loro cuori. Perché
proprio quel Cristo, nato in quelle trincee, aveva indicato la scelta radicale
dell’amore. Quello per il nemico, così da trasformare quasi l’hostis in
hospes e da introdurre il principio della non-violenza: «Avete inteso
che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Matteo 5,43-44).Buon Natale ucraini, Buon Natale russi, Buon Natale
israeliani, Buon Natale palestinesi.