L’italiano dimenticato è Giovanni
Pioli (1877-1969), il libro che lo ricorda è del vecchianese Umberto Mugnaini,
dirigente di banca in pensione, storico per passione e per amore: Giovanni
Pioli. Riformatore religioso, mazziniano, antifascista, nonviolento. Un
contributo alla storia della nonviolenza italiana, (Felici Ed. Pisa 2023,
pp. 192, € 18,00), introduzione di Rocco Altieri, autore di un libro su Aldo
Capitini, direttore del Centro Gandhi di Pisa, curatore della prestigiosa
collana di studi sulla pace e la non violenza “Quaderni Satyāgraha”. Il libro è
stato presentato un paio di giorni fa a un folto pubblico nella Domus
Mazziniana rinnovata di via D’Azeglio a Pisa, con la partecipazione del suo
direttore Pietro Finelli, del presidente dell’Associazione Mazziniana italiana
Michele Finelli, dell’editore Fabrizio Felici, del giornalista Renzo Castelli,
di Rocco Altieri, con un intervento dal pubblico del sottoscritto e le
conclusioni dell’autore Mugnaini. Mugnaini ha nel libro tracciato finalmente
una biografia di Pioli, una storia della sua vicenda intellettuale di
protagonista del movimento modernista, di impegnato nell’attività del pacifismo
internazionale, nella diffusione della non-violenza gandhiana, di moralista,
antifascista, mazziniano e anticlericale, di studioso. Perseguitato dal
fascismo per il suo comportamento non omologato alle direttive del regime,
dispensato per non dire cacciato dal servizio scolastico per «incapacità
educativa», stabilì rapporti idealmente con forti e alte menti della migliore
cultura europea e con il nostro Aldo Capitini. Isolato, privato dell’insegnamento
nelle scuole pubbliche e private, fu aiutato a sopravvivere dal Capitini e poi
da Camillo Olivetti, il che gli consentì di scrivere quello che forse è il suo
capolavoro, il grande libro: Fausto Socini. Vita-Opere-Fortuna. Contributo
alla storia del Liberalismo religioso moderno, (Guanda, Parma 1952). Il
Mugnaini è riuscito a ritrovare in Sicilia il lascito culturale di Pioli, i
libri, gli appunti, le lettere, che costituiscono un patrimonio finora
sconosciuto. Del 1952 è l’unico riconoscimento pubblico che io conosca, l’autobiografia
pubblicata da Aldo Capitini nell’appendice al suo: Antifascismo fra igiovani,
dove sono raccolte le storie di uomini e famiglie perseguitate per le idee dal
fascismo, nella nuova edizione a cura di Lanfranco Binni, (Firenze, Il Ponte,
2018, pp. 175-179). Agli anni successivi appartiene il libro suo che io
personalmente più amo, La religione di Gesù e la Chiesaromana,
pubblicato a Manduria da quel grande editore democratico che è stato Piero
Lacaita. In quel libro ho capito cosa mi turbava come cattolico, per quel libro
bellissimo, nitido, storicamente e moralmente fondato, ho dato ordine alle mie
idee e ho detto addio consapevolmente e con piena coscienza al mio
cattolicesimo, conservando fede, con la stessa ferma convinzione di Pioli, al
Discorso della Montagna. Fa parte di me, e conservo gratitudine al suo autore.
Mi piace concludere attingendo dall’autobiografia alcuni pensieri, fra i più
importanti, che ritengo validi anche per la formazione delle giovani menti di
oggi. «Nessun uomo può arbitrarsi di imporre ad un altro i propri ideali
religiosi, filosofici, sociali, politici, senza il libero consenso e l’adesione
di quell’uomo; e nessuna chiesa o regime, sociale e politico, che non sia
emanazione libera di un popolo, a vantaggio di quel popolo, amministrata
democraticamente dal popolo, merita di sopravvivere sul nostro pianeta». «Il
progresso umano non è l’opera di Regimi, ma il prodotto della stratificazione d’infinitesimi
sedimenti di elaborati di coscienze individuali, che costruiscono, anche nella
foschia, anche senza possedere il piano dell’intero edifizio, senza pretendere
di vedere gli orizzonti lontani». In un colloquio con Filippo Turati a Parigi,
a domanda sui destini d’Italia, il vecchio socialista rispose: «non vi è per l’Italia
una questione di Regime: vi è un grave problema di educazione morale, di
conversione morale...», e Pioli pone queste parole a chiusura della sua breve
autobiografia come il connotato più forte di tutta la propria vita. Con qualche
timore di immodestia aveva all’inizio concluso la sua professione di
antifascismo con una frase in corsivo, come fosse la massima di un classico:
«Io sono un umanista». Grazie, anche se dopo molti anni di silenzio, grazie,
Giovanni Pioli.