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venerdì 22 dicembre 2023

UN ITALIANO DIMENTICATO  
di Michele Feo


 
L’italiano dimenticato è Giovanni Pioli (1877-1969), il libro che lo ricorda è del vecchianese Umberto Mugnaini, dirigente di banca in pensione, storico per passione e per amore: Giovanni Pioli. Riformatore religioso, mazziniano, antifascista, nonviolento. Un contributo alla storia della nonviolenza italiana, (Felici Ed. Pisa 2023, pp. 192, € 18,00), introduzione di Rocco Altieri, autore di un libro su Aldo Capitini, direttore del Centro Gandhi di Pisa, curatore della prestigiosa collana di studi sulla pace e la non violenza “Quaderni Satyāgraha”. Il libro è stato presentato un paio di giorni fa a un folto pubblico nella Domus Mazziniana rinnovata di via D’Azeglio a Pisa, con la partecipazione del suo direttore Pietro Finelli, del presidente dell’Associazione Mazziniana italiana Michele Finelli, dell’editore Fabrizio Felici, del giornalista Renzo Castelli, di Rocco Altieri, con un intervento dal pubblico del sottoscritto e le conclusioni dell’autore Mugnaini. Mugnaini ha nel libro tracciato finalmente una biografia di Pioli, una storia della sua vicenda intellettuale di protagonista del movimento modernista, di impegnato nell’attività del pacifismo internazionale, nella diffusione della non-violenza gandhiana, di moralista, antifascista, mazziniano e anticlericale, di studioso. Perseguitato dal fascismo per il suo comportamento non omologato alle direttive del regime, dispensato per non dire cacciato dal servizio scolastico per «incapacità educativa», stabilì rapporti idealmente con forti e alte menti della migliore cultura europea e con il nostro Aldo Capitini. Isolato, privato dell’insegnamento nelle scuole pubbliche e private, fu aiutato a sopravvivere dal Capitini e poi da Camillo Olivetti, il che gli consentì di scrivere quello che forse è il suo capolavoro, il grande libro: Fausto Socini. Vita-Opere-Fortuna. Contributo alla storia del Liberalismo religioso moderno, (Guanda, Parma 1952). Il Mugnaini è riuscito a ritrovare in Sicilia il lascito culturale di Pioli, i libri, gli appunti, le lettere, che costituiscono un patrimonio finora sconosciuto. Del 1952 è l’unico riconoscimento pubblico che io conosca, l’autobiografia pubblicata da Aldo Capitini nell’appendice al suo: Antifascismo fra i giovani, dove sono raccolte le storie di uomini e famiglie perseguitate per le idee dal fascismo, nella nuova edizione a cura di Lanfranco Binni, (Firenze, Il Ponte, 2018, pp. 175-179). Agli anni successivi appartiene il libro suo che io personalmente più amo, La religione di Gesù e la Chiesa romana, pubblicato a Manduria da quel grande editore democratico che è stato Piero Lacaita. In quel libro ho capito cosa mi turbava come cattolico, per quel libro bellissimo, nitido, storicamente e moralmente fondato, ho dato ordine alle mie idee e ho detto addio consapevolmente e con piena coscienza al mio cattolicesimo, conservando fede, con la stessa ferma convinzione di Pioli, al Discorso della Montagna. Fa parte di me, e conservo gratitudine al suo autore. Mi piace concludere attingendo dall’autobiografia alcuni pensieri, fra i più importanti, che ritengo validi anche per la formazione delle giovani menti di oggi. «Nessun uomo può arbitrarsi di imporre ad un altro i propri ideali religiosi, filosofici, sociali, politici, senza il libero consenso e l’adesione di quell’uomo; e nessuna chiesa o regime, sociale e politico, che non sia emanazione libera di un popolo, a vantaggio di quel popolo, amministrata democraticamente dal popolo, merita di sopravvivere sul nostro pianeta». «Il progresso umano non è l’opera di Regimi, ma il prodotto della stratificazione d’infinitesimi sedimenti di elaborati di coscienze individuali, che costruiscono, anche nella foschia, anche senza possedere il piano dell’intero edifizio, senza pretendere di vedere gli orizzonti lontani». In un colloquio con Filippo Turati a Parigi, a domanda sui destini d’Italia, il vecchio socialista rispose: «non vi è per l’Italia una questione di Regime: vi è un grave problema di educazione morale, di conversione morale...», e Pioli pone queste parole a chiusura della sua breve autobiografia come il connotato più forte di tutta la propria vita. Con qualche timore di immodestia aveva all’inizio concluso la sua professione di antifascismo con una frase in corsivo, come fosse la massima di un classico: «Io sono un umanista». Grazie, anche se dopo molti anni di silenzio, grazie, Giovanni Pioli.