Partire da una premessa data per
scontata e poi, da questa, arrivare a una conclusione porta spesso a una
conclusione tanto logica quanto sbagliata. È quel che si verifica quasi sempre
quando ci si trova di fronte al dramma del popolo palestinese. A volte lo si fa
in buonafede, altre no.
L’ultimo esempio di questo ricorso al sillogismo travestito da ragionamento lo abbiamo
avuto ieri con la richiesta delle Comunità ebraiche di vietare i cortei di
solidarietà con i palestinesi, cortei che chiedono il cessate il fuoco affinché
si fermi la spaventosa strage di decine di migliaia di civili (solo di bambini Israele
in 111 giorni ne ha sterminati circa 12.000). Massacri che possono contare sul sostegno
mediatico, politico e militare, diretto o indiretto, non solo dei suoi padrini
storici, quali Usa e Regno Unito, ma anche di altri paesi tra cui l’Italia. “Israele ha diritto a difendersi” è la premessa del sillogismo utilizzato dai sostenitori delle illegalità
israeliane e non tiene conto del fatto che Israele è in debito col Diritto
internazionale e col Diritto umanitario e che non si trova in posizione di
difesa bensì di offesa, sia nei confronti della Striscia di Gaza, illegalmente
assediata, sia nei confronti di Gerusalemme est e dei Territori palestinesi illegalmente
occupati.
Chi sbandiera il “diritto a difendersi” come se fosse Israele lo Stato occupato
da invasori venuti da fuori, non tiene neanche conto di decenni di impuniti massacri
di civili palestinesi, di abusi, di violenze, di demolizioni e illegali
confische di case e terre, dell’insediamento di decine di migliaia di coloni
che la legalità internazionale definisce fuorilegge, delle centinaia di
Risoluzioni ONU regolarmente violate, a partire dalla Risoluzione 181 alla
quale – o per ignoranza della stessa, o per malafede – si fa risalire la
legittimità della costituzione dello Stato ebraico. Quindi, chi parte da questa
premessa non tenendo conto che è intrinsecamente sbagliata, già si avvia verso
una conclusione naturalmente scorretta.
Ma quei più o meno sinceri democratici che si ostinano a difendere Israele qualunque cosa
faccia, sembra abbiano interiorizzato le menzogne, sia storiche che recenti, che
formano la narrazione israeliana, anche quando queste vengono smentite dai
documenti ufficiali, così come ignorano o, peggio ancora, giustificano il
progetto sionista di annessione di tutta la Palestina e, pur di omaggiare
Israele, finiscono per abiurare i principi basilari del credo democratico che
dicono di professare.
L’azione armata del 7 ottobre, oggettivamente cruenta – non però come è stata
raccontata da Israele, ma poi ridimensionata dalle inchieste di autorevoli
giornali israeliani – è stata considerata alla stregua di una mini-shoah e,
quindi, non valutata come un’azione militare, certamente violenta ma
finalizzata all’ottenimento degli obiettivi dichiarati da Hamas, bensì come
un’azione antisemita.
Che Israele “giochi” sull’antisemitismo e lo agiti insieme alla tragedia
dell’olocausto per tacitare chiunque osi levare una critica sul suo operato è
fatto risaputo e condannato anche da molti ebrei contrari all’occupazione, ma
che “giochino” sull’antisemitismo i suoi sostenitori in Italia, in Europa o
negli USA è veramente inquietante. Ma l’antisemitismo giustifica il diritto a
difendersi e questo travalica ogni limite di legittimità della difesa e
oltrepassa, come in questo caso, anche la vendetta, arrivando a dichiarazioni
inaccettabili a qualsiasi orecchio sinceramente democratico, quali la “soluzione
finale” come promesso da Netanyahu utilizzando la Bibbia. Chi conosce la Torah
ha capito che il suo richiamo ad
Amalek riferendosi ai palestinesi di Gaza significava sterminio assoluto,
soluzione finale. Il suo sodale Gallant, in piena sintonia operativa,
ha dimostrato che radere al suolo Gaza, bombardare le case, le chiese, le
scuole, le moschee, gli ospedali e poi far entrare i carri armati nelle corsie
stritolando sotto i cingoli i feriti che non potevano alzarsi, impedire
l’arrivo di cibo e acqua, era la pratica esecuzione per raggiungere l’obiettivo
dichiarato dal premier. Ebbene, cos’è che fa accettare orrori del genere
a persone altrimenti così sensibili da commuoversi per un cucciolo che ritrova
il suo padrone? Azzardo una risposta: la propaganda della hasbara, veicolata
dai media mainstream e ripetuta ossessivamente da tutti o quasi i politici,
compresi quelli di formazione fascista e realmente antisemita che, in questo
momento, offrono il braccio a Israele e, per compiacenza o per ignoranza,
gridano che Hamas è come l’Isis, che la risposta al 7 ottobre deve essere dura
perché Hamas deve sparire dalla faccia della terra affinché gli israeliani possano
vivere in sicurezza, certi che mai più potrà verificarsi un nuovo 7 ottobre. Una ragionamento che, se applicato per esempio ai crimini degli USA su
Hiroshima e Nagasaki, darebbe alGiappone il diritto di sterminare tutta la flotta aerea statunitense per
evitare che possa ancora lanciare bombe atomiche sulle proprie città.
Tra le sciocchezze massime che la Tivù ha veicolato e che in molti, e non solo
ometti da bar ma anche persone colte hanno ripetuto, c’è quella dei terroristi
vigliacchi che non combattono in campo aperto ma tendono imboscate ai poveri
militari dell’IDF forniti soltanto di mitragliatori e carri armati e coadiuvati
soltanto da droni, elicotteri e aerei da combattimento che, non avendo altri
aerei contro cui combattere si limitano a bombardare. Sono così vigliacchi quei
terroristi che si servono di scudi umani quando saltano addosso a un povero
militare israeliano e questo giustifica l’enorme strage di civili di cui,
quindi, è colpevole Hamas e non Israele che ha sganciato migliaia di tonnellate
di bombe su quei civili che, evidentemente, ha deciso di non considerare scudi.
Se poi si solleva il problema del riconoscimento dello Stato di Palestina,
tutte quelle brave persone che ripetono a memoria che è stata l’ONU a imporre la divisione della Palestina storica in due
Stati con la Risoluzione 181 del 1947, ignorano o dimenticano che una
Risoluzione dell’Assemblea generale non impone niente ma semplicemente suggerisce,
al più raccomanda e comunque quella Risoluzione, di cui si accusano gli arabi per
non averla accettata, non l’ha accettata
neanche Israele, infatti il povero staterello appena nato “per riparare
all’olocausto”, quello staterello indifeso poteva già contare di un esercito
talmente ben armato e addestrato da sconfiggere tutti gli eserciti arabi che
volevano cacciarlo, non solo, ma invece del 56% della Palestina, come da
proposta ONUsi impossessò del 78% e
questo per i trogloditi rimasti al diritto pre-medievale equivale a legittima
acquisizione del bottino di guerra.
Insomma, comunque la si metta Israele aveva ragione prima del 7 ottobre e, dopo
il 7 ottobre, ha doppiamente ragione. E che nessuno osi parlare di genocidio
dei palestinesi, perché l’unico paese che ha il diritto di veder riconosciuti il
genocidio e altri orrori commessi dal nazismo è Israele. La memoria riguarda
quindi solo Israele. Però, se prendo uno scritto di Primo Levi che mi pare descriva i palestinesi di Gaza ridotti così da chi un giorno è stato
vittima, scrive infatti Primo Levi: “Si immagini ora un uomo a cui, insieme
con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi
abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto
a sofferenza e bisogno… tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della
sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana”e allora vorrei che, sempre citando Primo
Levi, chi ha “infilato, consapevolmente o
no, una strada rischiosa, la strada dell’ossequio
e del consenso, che è senza ritorno” riflettesse su quanto sta facendo
Israele, perché il 7 ottobre è utilizzato strumentalmente per appropriarsi di
altro territorio palestinese sterminandone più abitanti possibilee questo non gli darà mai la sicurezza perché
è un crimine che farà nascere altri crimini. Ricordate, sostenitori di Israele,
che Primo Levi nel suo invocare “mai più”
non intendeva mai più solo per gli ebrei, ma mai più per nessuno.
[Roma, 26 gennaio 2024]