Scelgo il silenzio. Questa volta
rimango in silenzio e, al primo che mi dice antisemita, tolgo il saluto per
sempre. Nei teatri, nelle scuole, nelle piazze, in tanti altri luoghi, negli
scorsi anni, ho portato la mia testimonianza appassionata e convinta per
ricordare il genocidio degli ebrei e la Shoah e per ripetere tutte le volte un
grido: “Mai più”. L’ho fatto riproponendo, a più voci, letture di poeti e
scrittori, intellettuali, giornalisti, storici, musicisti, in serate sempre
molto coinvolgenti ed emozionanti. Miei lavori teatrali sono stati proposti con
“Le bambole spezzate” dedicate al ricordo dei bambini e delle bambine vittime
nei campi di sterminio; con “La Puglia e la Shoah”, ricordo legato all'internamento
di profughi ebrei austriaci nella Casa Rossa di Alberobello; e ancora con “ Voci
dal fumo”, lettere e brani scritti da donne uccise ad Auschwitz e in altri
campi di morte e con “ Il Giusto”, racconto teatrale di un episodio realmente
accaduto in Tunisia a Mahadia, dove un arabo possidente ha rischiato la vita
per salvare una famiglia ebrea dal deportazione. Da qualche giorno sono
iniziate le prove di un altro mio lavoro teatrale dal titolo “Aasvero e Jasmine”,
nel quale avviene l’incontro tra l’Ebreo Errante e una palestinese. In alcune
città italiane ho piantato degli Alberi dei Giusti, per non dimenticare quegli
uomini e quelle donne che scelsero il bene pagando con la loro vita la salvezza
di altri uomini e donne da morte certa. Tutto questo ho fatto per rispondere ad
una profonda esigenza morale, che mi ha obbligato a dare un piccolo contributo
alla conservazione della memoria e per indicare, nella speranza, che quelle
atrocità inimmaginabili non dovessero più accadere il futuro. E ora? Come è
possibile ripetere, senza cadere nella ipocrisia, il “Mai più”. Come è
possibile dire “Mai più”, quando tutto ci dice che dirlo è ahimè un invito
retorico che non tiene conto di quello che sta accadendo proprio in questo
momento a Gaza e in Cisgiordania. E, per favore, non cercate di convincermi con
la teoria che si tratta di due avvenimenti diversi: di genocidio o olocausto
una cosa e crimini di guerra altro. No! Non è così. Entrambi sono i figli
prediletti della guerra e dell’odio dell’uomo verso un altro uomo, entrambi
producono stessi morti, stessa violenza pianificata e insensata verso uomini,
donne, bambini, case, città, stesso dolore, stesso sigillo di ignominia, che
rimarrà impresso per sempre nella Storia della Umanità. No! Questa volta
rimarrò in silenzio.