Il presidente francese Emmanuel Macron ha ammesso che l'invio
di truppe di paesi NATO in Ucraina “non è escludibile”, con un tono che dava ad
intendere questa possibilità come nient'altro che una questione di tempo. Alla
dichiarazione di Macron hanno poi fatto seguito quelle del cancelliere tedesco
Scholtz e di vari altri rappresentanti di alto livello - Italia, Svezia ed altri
- che hanno significativamente preso le distanze dalle esternazioni
dell'Eliseo. A dieci anni dall'epilogo di Maidan l'Europa si trova alle prese
con la peggior guerra combattuta nel continente dal 1945 ad oggi. Una guerra
voluta ad ogni costo speculare ad una pace sabotata ad ogni costo sulla pelle
di milioni di ucraini e di russi. Se in quanto a cinismo le cancellerie
occidentali - su tutte Londra e di Washington - avessero davvero qualcosa da
invidiare al Cremlino la conta delle vittime non avrebbe superato quota mezzo
milione e l'Ucraina non sarebbe diventata quello che ad oggi si trova ad
essere: il paese povero d'Europa, ridotto al rango di campo di battaglia e di
serbatoio di reclute nonostante un enorme potenziale agricolo, minerario ed
industriale ereditato dal periodo sovietico. Il paese più demograficamente e
democraticamente depresso d'Europa, così come probabilmente quello con il
maggior numero di invalidi e di emigrati: privo di una reale struttura
economica e di ogni sostanziale sovranità. Uno scenario poco prossimo alle
“magnifiche sorti e progressive” che un decennio or sono, venivano prospettate
al popolo ucraino con la destituzione di Viktor Yanukovich ed il corso
antirusso.