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martedì 27 febbraio 2024

LA DOCCIA FREDDA
di Luigi Mazzella


 
Le elezioni regionali in Sardegna
 
Per il risultato deludente delle elezioni regionali in Sardegna, la “pulzella della Garbatella” ha ruotato minacciosamente l’ascia di guerra (che mantiene, idealmente parlando, sempre tra le sue mani, salvo che nella fase degli abbracci ai numerosi capi di Stati esteri che incontra a dozzine), minacciando di lanciarla contro Matteo Salvini, accusato di essere stato responsabile dello “schiaffo al governo” dato dai sardi. Il calo dei votanti ha investito, però, anche la Lega, e ciò ha prodotto anche all’interno del Movimento recriminazioni verso il suo Segretario, ritenuto responsabile di avere fatto una politica suicida per ragioni ben diverse da quelle enumerate dalla Meloni. Probabilmente, è il caso di fare un po’ di chiarezza, perché gli aspetti della vicenda sono complessi. La vittoria della coalizione di centro destra alle ultime elezioni politiche non ha significato per molti Italiani che hanno dato il voto all’esangue Taiani e al focoso (solo apparentemente) Salvini un’accettazione di un inevitabile ritorno del fascismo pur dopo il disastro degli sciagurati anni all’inizio del secolo scorso. La distruzione del Paese, determinata dalle follie belliche di Mussolini, è uno spettro che ancora si aggira sullo Stivale e spaventa non solo quelli che l’hanno vissuta ma anche le giovani generazioni. Le intenzioni di Guido Crosetto di trasformare sostanzialmente il suo ruolo da Ministro della Difesa in quello di Ministro della Guerra con l’istituzione di un esercito di riservisti fa temere che il “gigante” di palazzo Baracchini si riprometta pure di ripristinare la leva obbligatoria ed ha fatto accapponare la pelle dei giovani Italiani con non aspirano a essere un popolo di eroi, pronto a morire per Zelensky e Netanyahu. Certo: molti di quei giovani avevano dato il voto a Giorgia Meloni ma essa prima di insediarsi a Palazzo Chigi si era dichiarata per decenni contraria alla NATO e all’Unione Europea, pronunciando parole di fuoco contro l’Euro. 



È vero che tali posizioni, però, erano state clamorosamente “smentite” ma il voltafaccia non aveva convinto tutti i suoi votanti; a parte la considerazione che gli Italiani refrattari al motto del “credere, obbedire e combattere” confidavano comunque nel “vocione” altisonante di Salvini (in coro con la flebile, troppo flebile, voce del successore di Berlusconi), per evitare il peggio. 
Ed invece… senza che il segretario della Lega muovesse in modo efficace un solo dito, “il popol morto” di carducciana memoria ha dovuto assistere, con lo strombazzamento dei media (subito convertiti al Verbo Meloniano dalle Sirene di Wall Street e della City):
a) alle effusioni poco protocollari della “pulzella” a Zelensky, sorretto dalle sue muliebri braccia in aggiunta a quelle muscolose dei militari dei battaglioni neo-nazisti Azov; b) agli abbracci e agli sguardi di languida simpatia rivolti dalla medesima al ”demente” Joe Biden, apparso desideroso più che altro di non cascare per la possibile, conseguente perdita dell’equilibrio;  c) alle attestazioni di vicinanza emotiva a Benjamin Netanyahu, in preda a convulsivi tentativi di torva emulazione di massacri  condannati dalla Storia; d) all’invio di armi costruite con le tasse imposte agli Italiani in Ucraina (ed eventualmente,  in Israele, in attesa di avere un “via libera”, che, fortunatamente, non è arrivato dagli USA); e) alle manganellate feroci a studenti di scuole medie riunitisi per attestare solidarietà ai Palestinesi di Gaza; f) a manovre, probabilmente suggerite dai protettori statunitensi, di fare piazza pulita con l’uso politico della giustizia di individui scomodi pure se simpatizzanti dei partiti di governo.



Su queste vere o asserite “colpe” vi sarebbe da meditare, perché, secondo molti osservatori politici, le cose, anche a breve, potrebbero cambiare. Negli States le cose non sembrano andare bene per i Democratici e i Repubblicani (Trump o non Trump al voto) non dimostrano di avere lo stesso spirito guerriero di Biden (e, di conseguenza, della nostra “pulzella”, che potrebbe essere indotta a riporre l’ascia di guerra e a rinunciare al titolo che ha reso celebre nella storia Jeanne d’Arc). Inoltre, quando il vento in Italia comincia a cambiare direzione, il girellismo diffuso in politica diventa inarrestabile e piuttosto rapido.
Per i partiti non guerrafondai un mutamento del sistema elettorale che dia voce a una vera maggioranza (50+1), troncando la prassi del governo di una minoranza (prassi anch’essa fascista, come dimostra la legge Acerbi di mussoliniana memoria ma, in effetti, da ritenere del tutto incompatibile con realtà sociale dove la lotta politica si svolge pressoché esclusivamente tra “assolutisti” intolleranti di vari “credi”) potrebbe dare spazio, con il recupero del voto degli astensionisti, in stragrande prevalenza contrari al bellicismo (ormai divenuto, per magia statunitense, sia fascista e sia comunista) e dare respiro a forze politiche non ideologizzate. Conclusione: le elezioni europee potrebbero essere il banco di prova per “ravvedimenti attuosi”! Sempre che chi può compierli, abbia sufficiente coraggio per metterli in atto.