Pagine

martedì 6 febbraio 2024

LETTERA AL PRESIDENTE DELLA CAMERA
Signor Presidente della Camera, Lorenzo Fontana


 

Stiamo manifestando stamattina, 7 febbraio, per segnalare all'opinione pubblica la distanza tra il Palazzo e il sentimento maggioritario di contrarietà del popolo italiano al riarmo del nostro Paese e al coinvolgimento nella guerra in Ucraina".
Protestiamo mentre si perfeziona nell’Istituzione da Lei presieduta una scelta che riteniamo un crimine contro la Costituzione italiana: la definitiva conversione in legge, alla vostra Camera dei deputati, dopo il voto del Senato del 24 gennaio 2024, del "decreto ombrello" che consente di inviare aiuti militari al governo ucraino. Un governo, secondo l’ONU, aggredito, ma immerso completamente in una “resistenza” esercitata nella guerra contro la Russia, e difatti il decreto è incentrato sulla deroga alla legge 185/1990 che vieta di fornire armi, appunto, ai Paesi in guerra.
Il Parlamento, con questo decreto, viene scavalcato attraverso due modalità: 1) i pacchetti di armi spedite attraverso semplici atti amministrativi, i dpcm; 2) la segretezza dei materiali spediti, portati a conoscenza solo del COPASIR.
Ci permettiamo di insistere sull'importanza e la gravità del momento: siamo al secondo anniversario della guerra in oggetto, con centinaia di migliaia di morti militari, milioni i profughi in fuga ed un terzo del paese devastato, sul tipo delle scene che vediamo in televisione sulla striscia di Gaza. Proseguire significherebbe solo perseguire una “vittoria” che farebbe il deserto del “vincitore”, distruggendo il bene che pretenderebbe di difendere. Senza contare le disastrose conseguenze economiche globali ed i pericoli di guerra nucleare, ma anche solo di incidente nucleare, collegati allo scontro in atto.!
Consistenti parti della maggioranza politica cui Lei appartiene ritengono ormai il conflitto armato in corso “una inutile strage”. Quando ciò accade mentre le nostre istituzioni che, secondo l’art. 11 della Costituzione, dovrebbero ripudiare la guerra, decidono in modo formale di continuare ad alimentare il fuoco di un conflitto armato ad alta intensità”, vi è con evidenza una assoluta necessità, un dovere della protesta.
Contestiamo un decreto che, oltre al principio pacifista, potrebbe essere fonte di distorsione anche del diritto all’informazione, sancito dall’articolo 21, vale a dire un servizio pubblico che i giornalisti, sarebbero costituzionalmente obbligati a provvedere alla cittadinanza italiana.
Il motivo? A differenza di altri Paesi occidentali, USA in testa, in Italia, queste disposizioni del decreto che secretano le informazioni (il governo appunto riferisce solo al COPASIR), non mettono in condizioni la stampa di dare notizie precise e ufficiali, su che tipo di armi forniamo all’Ucraina e su quanto ci vengono a costare per decisione pubblica del governo in carica. Appare subito non cosa da poco, se si comprende che bisogna stare attenti a cosa si dà, come aiuti militari, anche per evitare il rischio di escalation che è legato, ad esempio, al tipo di armi che si cedono. Ci si è sempre preoccupati, da parte degli USA, quando forniscono supporto militare all’Ucraina, di non superare certi limiti riguardo al potenziale per un’escalation del conflitto con la Russia. Le armi fornite devono rispettare una gittata che consentano solo la difesa, non gli attacchi in territorio russo. Questa è una situazione in continua evoluzione e le dinamiche possono cambiare rapidamente. La stampa USA è molto vigile e concentrata in proposito.
In modo analogo a quello che sta succedendo con il cosiddetto “decreto bavaglio”, dovremmo - tutti quelli interessati ad una informazione corretta e democraticamente utile, in primo luogo, appunto, i professionisti del settore -protestare, e chiedere al Presidente della Repubblica di non firmare il decreto convertito dal voto parlamentare. Perché non dovremmo godere della stessa trasparenza di cui usufruiscono i cittadini americani, che sono informati sino al dettaglio minuzioso dei materiali militari che il loro governo fornisce a quello ucraino?
Articolo 11 e Articolo 21 violati. Vi è un obbligo di obiezione di coscienza, tanto più che si sta calpestando la volontà maggioritaria del popolo italiano, attestata da tutti i sondaggi effettuati. Bisognerebbe che ogni soggetto declinasse a suo modo la posizione comune: non in mio nome, non in nome del popolo italiano, non in nome della Costituzione!
E si può capire l’amarezza sottostante il gesto che accompagniamo alla presente missiva. Non siamo mossi dalla volontà di vilipendere le istituzioni quando accludiamo in busta 30 euro: con questa iniziativa provocatoria intendiamo sottolineare il nostro sconcerto di cittadine e cittadine che intendono conservare un profondo rispetto per esse.
Ci sembra che manchi agli atti il prezzo che simbolicamente dovreste riscuotere, a suggello dell'offesa commessa, per il tradimento della costituzione nell'articolo 11. Al tempo stesso ringraziamo tutti quei deputati che non si sono prestati alla violazione del diritto anche in ossequio alla volontà attualmente maggioritaria dell'opinione pubblica che incarna il popolo italiano.



Noi vi proponiamo di bocciare in aula con il voto il decreto 200/2023 che reitera la possibilità introdotta dal governo Draghi di inviare armi all’Ucraina.
Attraverso questa decisione può avere slancio e possibilità la soluzione politica e non militare della guerra: si potrebbero avviare processi e percorsi di costruzione di condizioni di sicurezza e democrazia per l’Europa intera.
E segnaliamo anche ai deputati che, in caso il decreto passasse, ci sarebbero possibilità di sollevare la eccezione di incostituzionalità per violazione dei poteri del Parlamento, sia direttamente contro la norma, sia appoggiando un ricorso al TAR del Lazio che la Lega obiettori di coscienza, soggetto associativo statutariamente interessato alla pace, sta predisponendo contro il prossimo dpcm da esso abilitato.
Le istituzioni italiane ed europee possono scegliere la via del disarmo e della pace ed è questo che vi chiediamo, con preoccupazione e determinazione, di fare: oggi, innanzitutto; e con eventuali scelte concrete che possano ribaltare gli errori di oggi.
Un coinvolgimento bellico rischiosissimo, che si aggiunge al confronto diretto che la NATO dice di voler preparare con la Russia (e per il quale esige che spendiamo almeno il 2% del PIL in spese militari) è quello della missione Aspides nel Mar Rosso, di cui l'Italia, per fresca richiesta UE, dovrà fornire l'Ammiraglio che la guiderà.
Il piano, ufficialmente predisposto per garantire la sicurezza delle rotte commerciali transitanti da Suez (40% del nostro export), sarà approvato il 19 febbraio dai Ministri degli Esteri della UE.
La Marina Militare sta imprudentemente addentrandosi in un contesto in cui gli Houthi sciiti, aizzati dal regime iraniano, lanciano missili contro le navi di Israele (e dei suoi alleati) mentre Stati Uniti ed UK rispondono con attacchi aerei in Yemen (e in Siria ed Iraq!).
Anche su questo nuovo fronte aperto dalla corsa verso derive belliche sempre più critiche abbiamo comunque da organizzare risposte determinate e tempestive, da pacifisti coerenti che si oppongono a percorsi militari per la soluzione dei conflitti.
 Su questo punto ci sembra il minimo che il Parlamento voti la non adesione ad Aspides prima del 19 febbraio, prendendo atto che il supporto alla missione Prosperity Guardian rende del tutto impossibile la pretesa di una natura difensiva dell’operazione.

Alfonso Navarra, Ennio Cabiddu, Cosimo Forleo, Antonella Nappi Disarmisti esigenti www.disarmistiesigenti.org
Altri firmatari: Maurizio Acerbo, Giovanni Russo Spena, Partito della Rifondazione Comunista
Esprime la sua solidarietà pubblica il giornale “Odissea”