Tra oblio e revisionismo Ancora una volta, la memoria, e i luoghi
della memoria, subiscono non solo l’assalto del tempo e delle stagioni, ma
anche l’oltraggio dell’oblio e del revisionismo, quando non, peggio ancora, del
negazionismo. Giunge lo scorso 13 gennaio la notizia, rilanciata con
«preoccupazione e indignazione» dal Museo delle vittime del genocidio di
Belgrado (Muzej žrtava genocida), della profanazione della necropoli memoriale
di Sremska Mitrovica, nello Srem, in Serbia, un’ottantina di chilometri a
nord-ovest della capitale. Il Museo delle vittime del genocidio ha ricordato
che «nella necropoli sono sepolte circa 6.000 vittime, serbi, ebrei e rom, del
genocidio perpetrato dagli ustascia croati e dagli occupanti nazisti, e, tra
questi, il grande pittore serbo Sava Šumanović (1896-1942)», considerato uno
tra i più grandi artisti serbi e jugoslavi del Novecento. Con la denuncia, il Museo
ha anche sollecitato le autorità competenti a intervenire immediatamente per
tutelare il memoriale da ulteriori profanazioni e vandalizzazioni, non nuove
purtroppo, in questo come in altri luoghi della memoria variamente disseminati
nello spazio post-jugoslavo, facendo quindi appello alle istituzioni e alla
cittadinanza.
La necropoli monumentale di Sremska
Mitrovica è importante per il suo significato storico, memoriale, e per il suo
valore monumentale, artistico. Collocata poco distante dal vecchio cimitero
ortodosso, copre una superficie totale di circa dodici ettari, corrispondenti
alla dislocazione delle vecchie fosse comuni degli eccidi perpetrati dagli
ustascia e dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Qui è stato
costruito il complesso commemorativo, la necropoli memoriale (Spomen-groblje):
fu realizzato a partire dal 1959 secondo il progetto del grandissimo artista e
architetto, Bogdan Bogdanović, uno dei massimi esponenti dell’arte jugoslava
del secondo Novecento e uno dei principali rappresentati del modernismo
socialista tipico dell’estetica della Jugoslavia di Tito, e fu quindi inaugurato
il 4 luglio 1960. Anche il 4 luglio è una data memoriale molto significativa,
dal momento che vi si celebrava, nella Jugoslavia socialista, la “giornata
della sollevazione”, in memoria della sessione del Comitato Centrale del
Partito Comunista di Jugoslavia, tenutasi il 4 luglio 1941 a Belgrado, in cui
fu presa la decisione di lanciare l’insurrezione generale della resistenza partigiana
antifascista e per la liberazione del Paese.
La necropoli di
Sremska Mitrovica è originale e innovativa nella concezione: ha una vera e propria
“configurazione spaziale”, ospita diversi contenuti memoriali, affiancati da
sculture in bronzo a forma di fiamma, con un’area centrale rettangolare su cui
sono posizionati tre grandi lapidi in pietra; i viali di accesso attorno ai
tumuli sono scavati nel terreno e pavimentati con mattoni; all’ingresso della
necropoli, a destra rispetto al viale principale, posta su un rialzo, una
grande scultura in bronzo, a forma di urna, domina la scena. Si tratta di una
magnifica composizione spaziale, in cui non solo è presente l’elemento
commemorativo, ma si affianca anche l’elemento naturalistico, dal momento che
il parco ospita cento specie diverse di alberi e arbusti ad alto fusto. Inoltre,
ovviamente, è un importante, anche se poco conosciuto, luogo della memoria
jugoslavo ed europeo, in cui sono stati sepolti 308 soldati della JNA, l’Armata
Popolare di Liberazione della Jugoslavia, 20 soldati bulgari e 18 soldati sovietici;
nonché quattro eroi nazionali: Janko Čmelik, Boško Palkovljević Pinki, Slobodan
Bajić Paja e Stanko Paunović Veljko. Il significato storico e civile del
memoriale è espresso dalla lapide sulla quale è inciso il testo di Dobrica
Ćosić (1921-2014), che fu, tra l’altro, non solo grande scrittore (Premio NIN
nel 1954 e nel 1961; Medaglia Pushkin nel 2010), ma anche primo presidente
della Repubblica Federale di Jugoslavia, tra il 1992 e il 1994.
Seguendo il testo di Dobrica Ćosić: «Qui,
i tedeschi e i fascisti, dal 1941 al 1944, hanno ucciso 7.950 uomini e donne.
Qui, quegli uomini e quelle donne torturati, nudi e spogli, sotto la pioggia e
la neve, furono costretti con le baionette a scavarsi la fossa. Qui, i feriti
versavano calce e venivano sepolti vivi. Qui, i martiri in fin di vita
attendevano di essere salvati. Qui, sopra le tombe, davanti alle baionette e
alle mitragliatrici, le vittime, levando i loro canti, venivano uccise. Erano
patrioti, comunisti e combattenti. Erano persone. Erano e sono libertà,
fratellanza e dignità del nostro popolo». Come in altre grandi realizzazioni
monumentali di Bogdan Bogdanović, la necropoli dà luogo ad un effetto
sorprendente, sembra scaturire dal paesaggio e realizza un tutt’uno
architettonico con la natura e l’ambiente circostante: come in altre sue opere,
peraltro, anche in questo caso, l’opera appare senza tempo, extra-temporale o
meta-temporale, espressione di un’inedita profondità creativa.
Bogdan Bogdanović, nato a Belgrado nel
1922, morto a Vienna nel 2010, è artefice di numerosi, importanti, monumenti in
onore dei combattenti e delle vittime del fascismo ai quattro angoli della
Jugoslavia: il Monumento agli Ebrei vittime del fascismo a Belgrado (1952), il
Complesso Memoriale, appunto, di Sremska Mitrovica (1960), il Parco Memoriale
“Slobodište” a Kruševac (1961 - 1965), il Cimitero dei Partigiani a Mostar
(1961 - 1965), sul quale le pagine di Odissea si sono già soffermate, il
celebre “Memoriale di Jasenovac”, a memoria delle vittime del campo di
concentramento ustascia, ultimato nel 1966. Architetto, scultore e teorico
della composizione artistica, è autore di articoli scientifici e monografie,
tra cui la notevole “Urbanističke Mitologeme” (“Mitologemi Urbanistici”)
pubblicata a Belgrado nel 1966. È uno dei campioni della «scultura monumentale
negli spazi aperti» e dell’estetica del modernismo socialista propria della
Jugoslavia, in particolare a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, cui ha
saputo conferire rilievo in senso mitologico e simbolico. Queste, come altre, sono
dunque opere d’arte e luoghi della memoria di grandissima importanza, per la
regione e l’intera Europa, e al tempo stesso, un tributo alla memoria,
un’avvertenza a tenere alta la guardia contro il fascismo e a difesa delle
conquiste della democrazia.