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venerdì 2 febbraio 2024

TACCUINI
di Angelo Gaccione
 


Palazzo Meroni
 
S
i deve ad un certo tipo di edilizia contemporanea la nascita dei giganteschi ecomostri che hanno sfigurato tanta parte del paesaggio italiano. Un’edilizia speculativa, carceraria, concentrazionaria, promiscua, spaventosamente dilatata, quasi sempre concentrata nel nulla, nel vuoto desolante delle periferie, o in una terra di nessuno priva di tutto. Le grandi città italiane sono la riprova di questa deportazione popolare: nessun esponente dei ceti sociali abbienti, e tanto meno di chi li ha progettati e realizzati quegli ecomostri, vi è andato ad abitare. I danni sociali e psicologici non sono stati quantificati nella giusta misura. Mai la città è sembrata ostile ad una parte dei suoi abitanti, come nel secondo Novecento e giù di lì. Immaginiamoci, invece, sull’area dell’attuale piazza Missori a Milano, tra il 1924 e il 1926, e all’effetto che deve avere avuto sui sensi e sullo sguardo dei milanesi il Palazzo Meroni. Benché occupi ampi segmenti di corso di Porta Romana, di corso Italia e di tutta la via Maddalena; nonostante la mole massiccia e l’estensione, non smette di affascinarci per solidità e armonia, ad incantarci per il suo decoro. A realizzarlo sono stati l’architetto Carlo Tenca e il geometra Cesare Cenati. È il caso proprio di dire: “che geometra!”, li avremmo rimpianti, geometri come questi, negli anni Sessanta. 



Pare che inizialmente si volesse realizzare un edificio chiamato “Grattanuvole” progettato nel 1909 da Achille Manfredini. Si vede che la costruzione del primo grattacielo americano a Chicago nel 1885 aveva suscitato entusiasmi ed era rimasto nella memoria degli urbanisti. Non se ne fece nulla e al suo posto prese vita Palazzo Meroni. Lo stile di questo palazzo assomma quanto di più suggestivo l’eclettismo poteva mettere a disposizione e si lascia influenzare volentieri dal Liberty e dalla Beaux-Art, ma senza rinnegare richiami alla classicità. 



La facciata non ha un centimetro che non sia decorato: colonne, mascheroni, cariatidi, serti floreali, ghirlande, bifore, finestroni, balconi e quella meraviglia di cupola che si erge su tutto come una corona… L’atrio è un trionfo di marmi di ogni foggia e colori e la scala sale sinuosa ai piani soprastanti adorna da corrimani di straordinaria eleganza. Il soffitto dell’ingresso del numero 3, dove sono riuscito ad infilarmi, è spettacolare per le sue tonalità calde e dorate e i motivi che lo decorano. 



Non mi è stato permesso di poter visitare la cupola dall’interno e le terrazze, perché sede di uffici e abitazioni private, ma l’effetto deve essere magico. Venendo dalla via Mazzini e approdando sulla piazza Missori vi compare nella sua forma triangolare a spartiacque dei due corsi: di Porta Romana e Italia. Sui lati frontali della piazza il massiccio edificio moderno dell’Hotel Cavalieri dove ho passato dieci anni della mia vita, e l’altrettanto massiccio edificio di stile fascista realizzato da Marcello Piacentini nel 1931, gli fanno da cornice.


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