Legge
su commercio delle armi, il governo cancella trasparenza e controlli del
Parlamento. L’attuale
governo, nel clima di malsana euforia creato dal boom di affari per produttori
e trafficanti di armi, ha pensato bene di affossare i principi di trasparenza introdotti
nel 1990 (Legge n.185) per il commercio degli armamenti. Legge che aveva già derogato al principio
costituzionale posto dall’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali”. Luci e ombre della legge sono già state
analiticamente esaminate (v. articolo pubblicato sul sito di MC Editrice -
http://www.mceditrice.it/it/articoli/47-articoli/382-finche-ce-guerra-la-legge-sullexport-delle-armi).
Ma con l’attuale modifica ci si propone di scardinare anche alcuni principi di trasparenza e democrazia introdotti
nel 1990. E ciò nel generale silenzio degli organi di informazione.Del resto, assumendo un profilo molto
“basso”, nella relazione allegata al Disegno di legge di modifica, presentato
al Senato (n.855 della XIX legislatura), si dichiara che il DDL “apporta alcuni aggiornamenti alla disciplina”
della Legge 185/90 “al fine di rendere la
normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del
contesto internazionale”: in realtà, leggendo tra le righe, l’obiettivo è semplificare il traffico di armi,
occultandolo all’opinione pubblica e rendendolo funzionale all’attuale
clima di guerra. Che questo sia il reale intento perseguito è, poi, reso
evidente dall’analisi del testo normativo e dagli effetti che produrrebbe ove
fosse approvato e trasformato in legge. Potere insindacabile del
Governo su export di armi Il
17 aprile 2023 il Governo Meloni aveva già cancellato il provvedimento del gennaio
2021, con cui il secondo Governo Conte dispose la revoca delle autorizzazioni
all’esportazione di missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti
(coinvolti nella guerra in corso nello Yemen). Per evitare che il “pericoloso”
precedente della revoca delle autorizzazioni non abbia più a ripetersi, viene ora previsto che, in presenza di un
divieto di esportazione di armi posto/proposto dall'Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d'Armamento
(UAMA), il Comitato Interministeriale per gli Scambi di Materiali di Armamento
per la Difesa (CISD, presieduto dal Presidente del Consiglio), può insindacabilmente rigettare il divieto,
purché eserciti tale facoltà entro quindici giorni. Il veto governativo (perché
si tratta di un vero e proprio “potere di veto”) prevale su quanto proposto
dalla UAMA, senza che vi sia la
necessità di informare e/o sentire il Parlamento. Il tutto, quindi,
avviene al di fuori di ogni trasparenza e tenendo completamente all’oscuro
l’opinione pubblica.
Colpo di spugna su
trasparenza e controlli del Parlamento Fino
a oggi la trasparenza e il controllo democratico sul commercio e il transito di
armi è incentrato sulla relazione che il Governo deve presentare al Parlamento
entro il 31 marzo di ogni anno. L’articolo 5 della L. 185 prevede che la
relazione contenga “indicazioni
analitiche - per tipi, quantità e valori monetari - degli oggetti concernenti
le operazioni”; deve, inoltre, essere riportata “la lista dei paesi indicati nelle autorizzazioni definitive”, oltre
all'elenco delle “revoche delle
autorizzazioni stesse per violazione della clausola di destinazione finale e
dei divieti”. Un
emendamento proposto da tre senatori
del Partito Democratico escluderebbe le “indicazioni analitiche”, richiedendo
soltanto la lista dei paesi di destinazione con l’ammontare degli importi
suddivisi per tipologia di equipaggiamenti, le imprese autorizzate e l’elenco
degli accordi da Stato a Stato. La semplificazione, che renderebbe più
facilmente comprensibile la relazione, è però ritenuta pericolosa da
associazioni e ONG impegnate per la pace, in quanto potrebbe rendere difficoltoso ricostruire gli
effettivi traffici di armi.
Le
banche etiche vanno bandite La
Rivista Italiana Difesa del 3 luglio 2023, riportando gli interventi succedutisi
all’Assemblea Generale dell’AIAD (Federazione Aziende Italiane per
l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), tenutasi a Roma, oltre alla “indicazione molto chiara circa la necessità di
aggiornare la Legge 185 che regola l’export militare italiano”, indicava
anche l’altro tema, a suo giudizio, importante: la necessità di superare la
questione delle banche etiche. Nella
stessa assemblea, infatti, il Ministro
Crosetto manifestava tutta la propria insofferenza verso anacronistici scrupoli
morali: “perché una banca non dovrebbe
supportare un'operazione che è legale?”. Evidentemente sfugge al Ministro
la distinzione tra legge ed etica, con il semplice corollario che non tutto
quello che è legalmente consentito è anche conforme all’etica. Le banche, del
resto, rispetto ai finanziamenti alla produzione e/o all’esportazione di
armamenti, si fanno portatrici di esigenze etiche dei propri clienti,
risparmiatori o investitori. Per risolvere il problema nel senso voluto da
costruttori e trafficanti di armi è stato proposto dalla stessa relatrice del
DDL, Stefania Craxi (FdI), un
emendamento radicale: il “capitolo
sull’attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano
concernente le operazioni disciplinate dalla presente legge (L. 185/1990 – ndr)”
che fino ad oggi deve essere inseritonella relazione annuale del Governo al Parlamento, viene cancellato con
l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 27. In sostanza non sarà possibile conoscere quali banche speculano sulle armi e sulle
guerre.
Cancellata ogni ipotesi di
conversione dell’industria militare in civile Il
DDL prevede l’abrogazione dell’intero
articolo 8, che affida all’Ufficio, costituito presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, un compito particolarmente importante e delicato:studiare la conversione a scopi civili delle
aziende di produzione di armamenti. In particolare, l’Ufficio deve individuare
la possibile “utilizzazione per usi non
militari di materiali derivati da quelli di cui all'articolo 2, ai fini di
tutela dell'ambiente, protezione civile, sanità, agricoltura, scientifici e di
ricerca, energetici, nonché di altre applicazioni nel campo civile”. Gli
stessi senatori del PD sopra ricordati hanno proposto un emendamento per
mantenere in vita l’articolo 8, ma date le maggioranze precostituite in
Parlamento, le probabilità di successo appaiono scarse. Il
deciso orientamento governativo di cancellare la riconversione delle industrie
belliche dal testo della legge manifesta in modo palese che gli intenti di
questo Governo sono ben lontani da
qualunque orizzonte di pace e che l’unica prospettiva considerata è
quella di sostenere e far crescere in ogni modo la proliferazione delle armi e
i profitti relativi.
Che fare? Il caso
dell’Olanda Oxfam
Novib, PAX e Rights Forum, associazioni impegnate per la pace, hanno ottenuto un’importante sentenza: in sede di
appello (in primo grado il Tribunale aveva rigettato il ricorso) la Corte
olandese, in data 12 febbraio 2024,
ha deciso che i Paesi Bassi devono fermare
entro sette giorni l’esportazione di parti di aerei da caccia F35 verso Israele,
a causa degli evidenti rischi di gravi violazioni del diritto umanitario
internazionale. La Corte, sulla base dei rapporti di Amnesty e dell'ONU, ha
concluso che gli obiettivi civili a Gaza vengono colpiti in modo sproporzionato,
causando numerose vittime civili, tra cui molti bambini. È per ora la prima pronuncia giurisdizionale sul
traffico di armamenti o di parti di armamenti, ma l’esempio dovrebbe
essere seguito dagli altri paesi, quanto meno da quelli europei, come l’Italia,
tenuti al rispetto di normative analoghe, che vietano l’esportazione in
violazione dei diritti umani. Se pensiamo alle bombe e ai missili costruiti in
Sardegna e utilizzati in Yemen, oppure ai cannoni prodotti dalla OTO Melara che
colpiscono Gaza, abbiamo evidentemente molto da fare anche in “casa nostra”. MC
Editrice e Associazione Movimenti Cambiamenti