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venerdì 16 febbraio 2024

TRAFFICANTI DI ARMI E DI MORTE


 
Legge su commercio delle armi, il governo cancella trasparenza e controlli del Parlamento.
 
L’attuale governo, nel clima di malsana euforia creato dal boom di affari per produttori e trafficanti di armi, ha pensato bene di affossare i principi di trasparenza introdotti nel 1990 (Legge n.185) per il commercio degli armamenti. Legge che aveva già derogato al principio costituzionale posto dall’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Luci e ombre della legge sono già state analiticamente esaminate (v. articolo pubblicato sul sito di MC Editrice - http://www.mceditrice.it/it/articoli/47-articoli/382-finche-ce-guerra-la-legge-sullexport-delle-armi). Ma con l’attuale modifica ci si propone di scardinare anche alcuni principi di trasparenza e democrazia introdotti nel 1990. E ciò nel generale silenzio degli organi di informazione. Del resto, assumendo un profilo molto “basso”, nella relazione allegata al Disegno di legge di modifica, presentato al Senato (n.855 della XIX legislatura), si dichiara che il DDL “apporta alcuni aggiornamenti alla disciplina” della Legge 185/90 “al fine di rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale”: in realtà, leggendo tra le righe, l’obiettivo è semplificare il traffico di armi, occultandolo all’opinione pubblica e rendendolo funzionale all’attuale clima di guerra. Che questo sia il reale intento perseguito è, poi, reso evidente dall’analisi del testo normativo e dagli effetti che produrrebbe ove fosse approvato e trasformato in legge.
Potere insindacabile del Governo su export di armi
Il 17 aprile 2023 il Governo Meloni aveva già cancellato il provvedimento del gennaio 2021, con cui il secondo Governo Conte dispose la revoca delle autorizzazioni all’esportazione di missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (coinvolti nella guerra in corso nello Yemen). Per evitare che il “pericoloso” precedente della revoca delle autorizzazioni non abbia più a ripetersi, viene ora previsto che, in presenza di un divieto di esportazione di armi posto/proposto dall'Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d'Armamento (UAMA), il Comitato Interministeriale per gli Scambi di Materiali di Armamento per la Difesa (CISD, presieduto dal Presidente del Consiglio), può insindacabilmente rigettare il divieto, purché eserciti tale facoltà entro quindici giorni. Il veto governativo (perché si tratta di un vero e proprio “potere di veto”) prevale su quanto proposto dalla UAMA, senza che vi sia la necessità di informare e/o sentire il Parlamento. Il tutto, quindi, avviene al di fuori di ogni trasparenza e tenendo completamente all’oscuro l’opinione pubblica.


 

Colpo di spugna su trasparenza e controlli del Parlamento
Fino a oggi la trasparenza e il controllo democratico sul commercio e il transito di armi è incentrato sulla relazione che il Governo deve presentare al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno. L’articolo 5 della L. 185 prevede che la relazione contenga “indicazioni analitiche - per tipi, quantità e valori monetari - degli oggetti concernenti le operazioni”; deve, inoltre, essere riportata “la lista dei paesi indicati nelle autorizzazioni definitive”, oltre all'elenco delle “revoche delle autorizzazioni stesse per violazione della clausola di destinazione finale e dei divieti”.
Un emendamento proposto da tre senatori del Partito Democratico escluderebbe le “indicazioni analitiche”, richiedendo soltanto la lista dei paesi di destinazione con l’ammontare degli importi suddivisi per tipologia di equipaggiamenti, le imprese autorizzate e l’elenco degli accordi da Stato a Stato. La semplificazione, che renderebbe più facilmente comprensibile la relazione, è però ritenuta pericolosa da associazioni e ONG impegnate per la pace, in quanto potrebbe rendere difficoltoso ricostruire gli effettivi traffici di armi.



Le banche etiche vanno bandite
La Rivista Italiana Difesa del 3 luglio 2023, riportando gli interventi succedutisi all’Assemblea Generale dell’AIAD (Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), tenutasi a Roma, oltre alla “indicazione molto chiara circa la necessità di aggiornare la Legge 185 che regola l’export militare italiano”, indicava anche l’altro tema, a suo giudizio, importante: la necessità di superare la questione delle banche etiche. Nella stessa assemblea, infatti, il Ministro Crosetto manifestava tutta la propria insofferenza verso anacronistici scrupoli morali: “perché una banca non dovrebbe supportare un'operazione che è legale?”. Evidentemente sfugge al Ministro la distinzione tra legge ed etica, con il semplice corollario che non tutto quello che è legalmente consentito è anche conforme all’etica. Le banche, del resto, rispetto ai finanziamenti alla produzione e/o all’esportazione di armamenti, si fanno portatrici di esigenze etiche dei propri clienti, risparmiatori o investitori. Per risolvere il problema nel senso voluto da costruttori e trafficanti di armi è stato proposto dalla stessa relatrice del DDL, Stefania Craxi (FdI), un emendamento radicale: il “capitolo sull’attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano concernente le operazioni disciplinate dalla presente legge (L. 185/1990 – ndr)” che fino ad oggi deve essere inserito   nella relazione annuale del Governo al Parlamento, viene cancellato con l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 27. In sostanza non sarà possibile conoscere quali banche speculano sulle armi e sulle guerre.



Cancellata ogni ipotesi di conversione dell’industria militare in civile
Il DDL prevede l’abrogazione dell’intero articolo 8, che affida all’Ufficio, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un compito particolarmente importante e delicato: studiare la conversione a scopi civili delle aziende di produzione di armamenti. In particolare, l’Ufficio deve individuare la possibile “utilizzazione per usi non militari di materiali derivati da quelli di cui all'articolo 2, ai fini di tutela dell'ambiente, protezione civile, sanità, agricoltura, scientifici e di ricerca, energetici, nonché di altre applicazioni nel campo civile”. Gli stessi senatori del PD sopra ricordati hanno proposto un emendamento per mantenere in vita l’articolo 8, ma date le maggioranze precostituite in Parlamento, le probabilità di successo appaiono scarse.
Il deciso orientamento governativo di cancellare la riconversione delle industrie belliche dal testo della legge manifesta in modo palese che gli intenti di questo Governo sono ben lontani da qualunque orizzonte di pace e che l’unica prospettiva considerata è quella di sostenere e far crescere in ogni modo la proliferazione delle armi e i profitti relativi.


 
Che fare? Il caso dell’Olanda
Oxfam Novib, PAX e Rights Forum, associazioni impegnate per la pace, hanno ottenuto un’importante sentenza: in sede di appello (in primo grado il Tribunale aveva rigettato il ricorso) la Corte olandese, in data 12 febbraio 2024, ha deciso che i Paesi Bassi devono fermare entro sette giorni l’esportazione di parti di aerei da caccia F35 verso Israele, a causa degli evidenti rischi di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. La Corte, sulla base dei rapporti di Amnesty e dell'ONU, ha concluso che gli obiettivi civili a Gaza vengono colpiti in modo sproporzionato, causando numerose vittime civili, tra cui molti bambini. È per ora la prima pronuncia giurisdizionale sul traffico di armamenti o di parti di armamenti, ma l’esempio dovrebbe essere seguito dagli altri paesi, quanto meno da quelli europei, come l’Italia, tenuti al rispetto di normative analoghe, che vietano l’esportazione in violazione dei diritti umani. Se pensiamo alle bombe e ai missili costruiti in Sardegna e utilizzati in Yemen, oppure ai cannoni prodotti dalla OTO Melara che colpiscono Gaza, abbiamo evidentemente molto da fare anche in “casa nostra”.
 
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