“Ci leviamo
tutte le mattine con l’angoscia. Un Paese intero in preda all’angoscia. Siamo
fuggiti qui per qualche giorno per riprendere fiato”. Eitan e Sarah, sobria coppia sulla sessantina, vengono
da… ma non lo scopro subito. Si sono fermati davanti al cartello che evoca
l’adagio atroce ‘occhio per occhio, dente per dente’. L’ho appoggiato
provvisoriamente alla colonnina in pietraforte che, simmetrica a quella
sull’altro lato, segnala il portone d’ingresso della Prefettura. ‘Capite l’inglese?’ ‘Sì’, risponde lui. ‘Di che si tratta?’. ‘Ecco, ora vi do qualcosa in inglese’. E gli passo la
lettera a Netanyahu,
e l’altro volantino coi due bimbi che si abbracciano, e le prime rovine di
Gaza. Vedo che apprezzano, che condividono, e allora: ‘E poi
c’è questa lettera pubblica che abbiamo indirizzato al sindaco: mettiamo
Palazzo Vecchio, il Salone dei Cinquecento… sapete?... ‘Sì, l’abbiamo visto!’ ‘… ecco, mettiamolo a disposizione del pianeta!
Chiamiamo dalla Terrasanta e da tutto il mondo chi ha voglia di partecipare a
Firenze a un laboratorio internazionale di pace. Non sarebbe così difficile
proporlo, no?’ Annuiscono. ‘Però… però il sindaco… manco risponde! È la nostra
democrazia!’ ‘Ma… come pensate che potrebbe funzionare una cosa del
genere?’ ‘Noi crediamo che la prima cosa da fare è cercare
giovani in grado di dialogare, di ascoltarsi, di sopportarsi, di imbastire
qualcosa insieme…’ ‘Nel nostro Paese, la vedo dura, sa?’, mi fa Eitan.
‘Lei non ha un’idea… sa da dove veniamo? Veniamo da Israele!’
‘Capisco. Ma forse, fuori dal teatro di guerra,
all’estero, potrebbe diventare possibile raccogliere le idee, scambiarsi punti
di vista, elaborare vie d’uscita…’ Interviene lei, Sarah: ‘È vero che anche da noi ci sono
comunità miste, ebrei e palestinesi, che stanno lavorando insieme!’ ‘Ecco: è questo che va fatto’, rinforzo. ‘Mettere in
comune le esperienze e le speranze delle realtà di base: e basta coi governi!’ ‘Sì, è un’idea brillante’, ammette Eitan, ‘solo che
potesse realizzarsi!’ Sarah è più concreta: ‘Sa cosa? La gente lo vorrebbe,
di farla finita con questo odio, con questi massacri… sono i politici che ne
hanno bisogno, per sopravvivere!’ Eitan mi sonda: ‘Lei è credente?’ ‘Certo.’ Lui però si è fatto un’idea: che questa è una guerra di
religioni. E cita il caso delle formazioni estremiste sioniste in Israele. Ma
possiamo chiamare religioni, questi fanatismi? E mentre io continuo a cercare il testo in inglese
della lettera al sindaco, che ci terrei davvero a lasciare loro, dopo che tanto
abbiamo faticato a comporla per poterla diffondere fra i visitatori stranieri,
Sarah si mette a compulsare il telefono perché vuole darmi il contatto del
gruppo misto di cui ha cominciato a accennarmi: sono familiari delle vittime
del 7 ottobre e attivisti palestinesi. ‘Di che partito è quel sindaco che non vi risponde?’,
fa Eitan. ‘Democratico, ovviamente! Il nome dice tutto!’ Ridiamo amaramente alla conclusione che mi viene
automatica con un buffo bisticcio linguistico. ‘No left left’: della sinistra,
non è rimasta traccia. E in Israele, aggiunge Eitan, tace. Sarah mi saluta con la promessa che manderà a Idra
(finalmente ho trovato l’appello a Nardella, con tutti i contatti sotto)
l’indirizzo di quel gruppo che adesso non riesce a ritrovare. Eitan, un po’ più pessimista, condivide però che…
qualcosa bisogna pur tentare!
Non passano 10 minuti che
questa splendida donna torna, telefono in mano: ‘L’ho trovato!’ E mi scorre una serie di testi in quell’indecifrabile
alfabeto ebraico, ma me li traduce sommariamente. I testi parlano la lingua
della tristezza e del dolore, ma anche quella della fratellanza e della
condivisione. Ecco, adesso appare anche la versione in inglese e
alfabeto latino (Sarah è imbranata quasi quanto me nel gestire queste diavolerie
elettroniche). Vedo, fra gli altri, un riferimento a Pax Christi. Alla fine
appare il modulo per iscriversi al loro bollettino. Non so esattamente cosa
comporterà, ma non mi sembra il caso di sottilizzare. E così da stasera Idra
riceverà posta dalla Terrasanta. Cominceranno ad arrivare, se ho capito bene e
se tutto ha funzionato a dovere in questo incontro precario e avventuroso,
notizie dirette e aggiornate. Soprattutto, notizie vere! Sarah ci tiene a ripetermi che in questo gruppo ci sono
madri israelite e madri arabe. E mi parla di un film importante che sta girando
adesso, con due padri che hanno perso i rispettivi figli in questa carneficina,
uno nell’OLP, l’altro nell’esercito di Tel Aviv. Due padri che sono diventati
amici. Ma in Israele viene boicottato. Che bello avere aiutato questa coppia a riaccendere la
volontà e le speranze! Non ho potuto fare a meno di raccontare loro, prima di
accomiatarci, quel che pochi giorni fa è accaduto nella piazza simbolo del
Rinascimento a Firenze, nella giornata simbolo della consapevolezza femminile…
(https://www.facebook.com/idra.firenze/posts/pfbid02wnMNTGrVXzRVaV2FgPCMG1F2FuyDzMAzHCsa95AoP6fcu9TqJjGQZAB3ya1tUCBGl) ‘Sai che alle Nazioni Unite c’è una specifica sezione
femminile?’, rincara Sarah. ‘Ebbene, non hanno detto una parola di quello che è
accaduto alle nostre donne quel 7 ottobre e dopo, finché non sono state le
israeliane a reclamare attenzione e riprovazione!’
Ci lasciamo con una
considerazione finale comune, ognuno dal suo lato. Eitan e Sarah non si capacitano di come la vita possa
scorrere tranquilla, qui, come se niente fosse, con massacri che nella loro
terra non così lontana, non così diversa, si moltiplicano di giorno e di notte,
tutti i giorni, tutte le notti. Certo con assai minore drammaticità, sconforto e
avvilimento, ma a suo modo analoga per natura, una sensazione simile si vive
per strada quando cerchi di suscitare curiosità, dialogo, incontro, su
argomenti che incrociano oggettivamente la vita e il futuro di tutti, e ti vedi
passare accanto monadi senza porte e senza finestre, lo sguardo dritto
direzione piedi, piegati sullo smartphone o ostentatamente incuffiati, e se non
son monadi magari ti sembran bolle, nuvolette, che transitano – a passo rapido
- indifferenti al mondo. Al loro stesso mondo. Narcosi? Ipnosi? Anestesia? No, non tutti così, per fortuna. Ci sono anche i vivi!
Ma, ultimamente, forse un po’ meno?