Numero
degli alunni stranieri per classe, test attitudinali per i magistrati: due temi
di grande attualità che dimostrano la grande difficoltà della destra a muoversi
entro i confini stabiliti dalla Costituzione Repubblicana. Difficoltà rese
ancora più evidenti dai due progetti di vera e propria revisione costituzionale:
premierato e autonomia costituzionale. Questo elemento viene fatto notare in
una intervista pubblicata ieri dall’ex-procuratore della Repubblica di Torino
Spataro che, consigliando all’ANM di scioperare in difesa della Costituzione,
esegue anche un richiamo al documento sulla “Rinascita Nazionale” stilato dalla
loggia massonica segreta P2 di Licio Gelli nel 1975. Vale
la pena tornare allora sull’analisi di quell’antico documento anche perché così
potrebbe risultare possibile analizzare meglio il processo in corso di
tentativo della destra di portare avanti un processo di “rivoluzione passiva”. Un
processo di “rivoluzione passiva” portato avanti per creare l’humus culturale
favorevole per arrivare a conseguire il risultato di uscire dalla democrazia
repubblicana allo scopo di installare quella sorta di “democrazia illiberale”
che rappresenta sul piano istituzionale il vero obiettivo della destra italiana
fin dai tempi della fase di vera e propria egemonia esercitata dal populismo
personalisticamente spettacolarizzato portato avanti da Forza Italia e da
Silvio Berlusconi. Ovviamente i tratti illiberali e autoritari di allora si
sono naturalmente accentuati con lo spostamento a destra realizzato attraverso
l’affermazione di Fratelli d’Italia e la formazione del governo Meloni.
Però
andando per ordine: Scomporre
e ricomporre in una sintesi più avanzata, di vera e propria “rottura” nel rapporto
tra società e politica: questo il senso del Documento sulla “Rinascita
Nazionale” redatto da Licio Gelli per conto della Loggia P2 nel 1975,
raccogliendo quegli spunti teorici cui ho appena fatto cenno. Quel
documento, sulla “Rinascita Nazionale” apparentemente ricolmo d’indicazioni
pragmatiche (molte delle quali, via, via, attuatesi con grande precisione)
rimane, a mio giudizio, la pietra miliare al riguardo del progettarsi e
dell’attuarsi dell’avventura della destra in Italia. Il
PCI aveva, inizialmente, intuito la portata del pericolo che veniva dal
raccogliersi attorno alle istanze della P2 dell’insieme della destra e del
“perbenismo italiota”: il convegno di Arezzo, organizzato appunto dal CRS, nel
1982 con le relazioni di Stefano Rodotà e Giuseppe D’Alema (padre) riuscirono a
porre la questione in termini dai quali si sarebbe potuti partire per porre il
tema dell’alternativa sul giusto terreno della “qualità della democrazia”. La scelta finale, però, fu diversa: quell’idea proprio del
“paese normale”, della necessità di superare la doppiezza e di porsi
nell’ottica di una “fertile accettazione” dell’egemonia capitalistica. PDS, DS, PD, nel frattempo erano rimasti fermi
all’idea della “governabilità” non vedendo l’enorme deficit democratico che si
stava accumulando, muovendosi nell’ambito dello scimmiottamento pedissequo
della “spettacolarizzazione” di una politica sempre più priva di contenuti,
fino a concedere spazio ad altri soggetti che si stanno muovendo sul terreno di
Le Bon del dialogo diretto tra il Capo e le Masse.
Nascono
da questo tipo di analisi le letture di errori che , in apparenza, abbiamo
giudicato clamorosi, come quelli riguardanti la mancata legge sul conflitto
d’interessi o il varo della Bicamerale nel 1997 ma, soprattutto è risultata
errata l’idea del “bipolarismo temperato”, e in questo, della vocazione
maggioritaria, concedendo alla destra il vantaggio della formula elettorale,
tema del tutto trascurato: errori che non erano tali, se sono riuscito a
inquadrare bene il tema, ma frutto di un effettivo fondamento teorico che poi
ebbe nel referendum del 2016 il suo punto di realizzazione più alto: senza che
respinta l’ipotesi renziana dal voto popolare se ne traessero le dirette
conseguenze politiche anche da parte di quanti avevano osteggiato al meglio l’ipotesi
portando avanti proprio il progetto della difesa costituzionale. Nel
frattempo la crisi finanziaria internazionale divideva la destra italiana in
due tronconi: quella populista e quella tecnocratica, uscita dalle costole di
Trilateral e Billdeberg. Entrambe però, interne, a quella logica
decostruttivista-autoritaria che, come abbiamo visto ispirava l’ancora cogente
documento della Loggia P2: tronconi della destra apparentemente riunificati
nell’attuale progetto di governo fondato proprio sulla proposta di deformazione
costituzionale. Se l’aggressività del progetto autoritario (neo-salazarista,
continuo a definirlo) finirà con il prevalere in quel momento, forse ci
troveremo di fronte ad un vero e proprio disvelamento proprio nel senso di un
accentramento del potere e uno svillaneggiamento della funzione costituzionale
non solo delle assemblee elettive ma dello stesso soggetto-cardine del nostro
ordinamento: la Presidenza della Repubblica come diretta emanazione di un voto
parlamentare. Tutto questo a futura memoria allo scopo di fornire un contributo
a far comprendere l’assoluta decisività del confronto che ci attende a partire
dal probabile referendum sul cosiddetto “premierato”.