Sul
libro di Antonella Doria “Conversazioni sull’Orizzonte”. Con
quest’ultimo libro di poesia di Antonella Doria - Conversazioni
sull’Orizzonte, edito da Book Editore (2023) - siamo proiettati in un
orizzonte letterario e artistico che trascende la sua personale esperienza
poetica, un orizzonte ricco di riferimenti e figure di ispirazione di cui la
sua poesia si è nutrita in un dialogo fitto, immaginifico ed esistenziale. L’Autrice
si richiama, infatti, alle grandi del pensiero e della poesia, quali Anna
Achmatova, Maria Zambrano, Amelia Rosselli, Jolanda Insana, Gwyneth Lewis,
insieme alle sue DonneLuna, con la “materia madre” di Frida Kahlo o la voce
struggente di Violeta Parra o la prima fotografia rivoluzionaria di Tina
Modotti; cui si affiancano anche alcune voci di grandi come Pessoa,
Mandel’stam, Dino Campana, van Gogh o poeti italiani contemporanei come Lumelli
o Pagliarani. Tanto per indicare l’orizzonte letterario e artistico sul quale
si affacciano le sue conversazioni.
La poesia di Antonella Doria si irraggia fuori di sé come poesia civile di
fronte alla “cloaca del mondo” e al tempo stesso si accende di una luce intima
di ritorno a sé e di dialogo con le Ombre alla presenza della Luna (“La Luna lo
sa…”, “la luna m’è testimone”). E forse proprio questa intimità meditativa rivolta
a un Altro è sottesa al termine colloquiale “conversazioni” – etimologicamente
- quel trovarsi amichevolmente insieme, quel porgere dialogante il suo lascito,
la sua “lettera al mondo” sulle orme della Dickinson. E che Antonella Doria sia
sempre stata in buona compagnia di autori significativi è una caratteristica
che l’accompagna sin da giovane età, autori che sono stati le sue radici
simboliche, a fronte di un’infanzia forse sradicata. Vi è infatti il richiamo
alla memoria di luoghi siciliani come Lampedusa o Palermo, terra adorata dei vespri
siciliani, o il Golfo di Carini o la forza dell’aforisma di Buttitta, ma le
conversazioni sono plurali e sospese su un indefinito orizzonte, tali le voci
della poesia mai del tutto risolte o compiute, ma tese a una trascendenza
immanente, come testimoniano questi tre versi:
“Rimane
la vita… rimane questo
sguardo d’attesasull’orizzonte
questa compassione infinita… …”
I
versi ci dicono, infatti, che figura centrale di questo sguardo è la
compassione, quella che tutto accoglie, anche il dolore, e lo trasfigura in
arte o preghiera. E questa compassione è presente anche quando lo sguardo è
rivolto a nord, a Milano, ai luoghi liguri come Valdonica o Tellaro, e più su al
Musée d’Orsay di Parigi, al Van Gogh Museum di Amsterdam, alla National Gallery
di Londra, dove prevale uno sguardo artistico e un dialogo intenso di fervore
mistico con l’opera splendente di Vincent.
Lasciata alle spalle la magnifica trilogia di Millantanni, viene
spontaneo chiedersi quali siano gli elementi di continuità e quali invece le
novità di questo libro. Innanzitutto, sarà utile precisare che le poesie qui raccolte
coprono il periodo che va dal 2000 al 2021, e dunque almeno per un tratto
costeggiano Millantanni (le cui poesie coprono il periodo che va dal
1995 al 2010), mentre altre, le più recenti, la oltrepassano. Sono dunque
poesie esuli da quel progetto, rimaste in attesa di essere riconosciute in una
nuova progettualità. Quale? Intanto va detto che in questo libro, che pure
prende avvio da note elegiache di chi sente che “affiora a la fine dei giorni”,
c’è tanto fuoco, soprattutto un fuoco mistico, l’ardore erotico-mistico che
permea il rapporto con la figura di Vincent van Gogh.
E poi c’è il fuoco incendiario in cui “Palermo brucia”, sprigionato da fatti
veri... - come raccontato dalla stessa Autrice - i mafiosi, per recuperare
terreni alla loro speculazione edilizia, mandavano giù dai monti che circondano
Palermo delle ruote di sterpi e altro a cui avevano appiccato il fuoco; ruote
che incendiavano tutto al loro passaggio... Inutile dire che la sezione dedicata a Palermo
tocca un apice di poesia civile risolta in chiave visionaria di grande
intensità. Popolo e Storia sono i grandi referenti di Doria attraverso le
parole di Buttitta, ma “l’urto della Storia”,“la musica della
Rivoluzione” sono affidati ad un “Maternale” rivolto alle Madri e ad Anna
Achmatova, che pronuncia per ben tre volte (a inizio, a metà e a fine strofa)
come fosse un mantra: ‘Tu che sai dire… … Dillo’.
Più in generale, in termini stilistici, in questo libro tende a prevalere la
forma del poemetto per anafora a inizio strofa: …” capita a volte, capita a
molti, capita sempre” oppure vedi la ripetizione “la Luna lo sa…la Luna lo sa”…
o ancora “Vincent… Vincent… Vincent…” e così via, nella necessità, forse
l’ossessione, di ribadire.
E tutto questo pur nella continuità del CorpoParola cui Doria ci ha abituato,
ovvero quella parola materica, pregna di corporeità, capace da sola di
stagliarsi sulla pagina e farsi mondo che ti pare di toccarlo. Emblematici
questi versi:
“Vincent
Tu conoscil’ossessione
del Poeta… questo amore
passione morbosaal
CorpoParola… … questo
Diamantein bocca
alla Tigre… …”
Così
come vi è continuità con la struttura del verso, anche graficamente franta, per
la presenza di pause o puntini di sospensione tra singole parole o sintagmi;
laddove l’ultimo sintagma del verso è spesso concatenato con il primo sintagma
del verso successivo tramite enjembement consentendo il flusso, cosicché,
nonostante la frantumazione, la strofa si tenga. E infatti tra corpiparole, Doria,
è il Poema che cerca, comunque la dimensione poematica, “il PoemaInfinito”. Quello che ho definito
‘poemetto per anafora” è una struttura formale che attraversa l’intero libro e
che emerge con maggiore compiutezza proprio nella sezione “Palermo Palermo”,
dove si ha anafora del primo e anche dell’ultimo verso, con un incedere
cadenzato che fa pensare a laiche litanie, compresa la numerologia magica del 9
musaico, tante sono le strofe che compongono il poemetto (solo a titolo
d’esempio, qui di seguito l’incipit e il finale di due strofe):
“Poi… un
mmare
/…/
Palermo… brucia!” “Poi… la
Città
/…/
Palermo…brucia!”
Tra
gli elementi stilistici degni di nota di Palermo Palermo si presti attenzione
anche alla narratività visionaria che si coniuga ora al passato remoto
(Poi…vennero guerrieri di fuoco; Poi … vedemmo falò), per poi intensificarsi nell’infinito
presente (Poi… giungere gente… fuggire… venire) che getta anche noi nell’infuriare
della fuga, per approdare infine al sonno della trance (“Questoin sonnovissi”).
E a proposito del tanto dibattuto Io poetico, rispetto a Millantanni, vi
è una certa continuità di quella "estraneità narrativa" dell'io che scompare
nell'animazione del mondo. Ma mentre in Millantanni per un attimo questa
estraneità viene meno, con un io forte e chiaro che riappare in primo piano nel
momento dell'impegno: "vedrai andrò/ scalza su aspri sassi", e dunque
con un io spirituale ed epico; in Conversazioni sull’Orizzonte
assistiamo quasi a sorpresa - e qui mi riferisco al poemetto dedicato a Van
Gogh - alla presenza forte di un Tu, all’emergere progressivo di un io, che si
salda infine in un noi, in un abbraccio erotico-mistico.
“Vincent
Tutto questo Oro
malìa dàalla mente
tua mianostrala
folliatremanel giallo
/…/
e… l’oro di un Fuoco
mi assale” (p.41)
con questa chiusa di sapore saffico.
Nella III parte, forse la più recente, l’Io poetico appare infine proiettato alla
ricerca di una rinascita: “in pagine mai scritte/ cerco un Poi/…/ mi risvegli
a/ Vita Novaun eros vero”. Già emerso
in Millantanni, il richiamo dantesco ritorna anche qui, anche se ora la
ricerca di “una lingua arcaicaforse/
[è] una forma di resistenza”, e l’eros è invocato perché ci “salvi da morte
certa”. Del resto i tempi sono incupiti, è “il tempo delle Belve”, e l’anafora
quasi ossessiva ”per certi versi” getta uno sguardo frantumato ai recenti
barbagli transumanisti – i robot per lenire la solitudine dei vecchi, gli
scommettitori di esistenze della Silicon Valley, la Specie senza antenne…
- e da questa stramata ”geografia interiore”, “per il poeta con le ali
tagliate” ci vuole coraggio a scrivere poesia: “il coraggio/ da leonifa Poesiaspesso/ il salto della quagliaèsuo/ mestiere”; quest’ultima
poesia, quasi una summa – non a caso conclusiva dell’intera raccolta - è
una dichiarazione di poetica in versi che dice della “natura liricaonirica” dei
versi di Doria di fronte alla natura tragicomica della vita:
“Per certi versi…… il coraggio
da leonifa Poesiaspesso
il salto della quagliaè suo
mestiere…gli attrezzi gli
strumentivoltaavolta
comiciolaconicivengono
a conclusionefruttano
frasi brevispazi bianchi
per sua natura liricaonirica
altrimentiè una tragedia
un’esistenzacomica……”