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sabato 16 marzo 2024

“VOICES”



Festival europeo del giornalismo e dell’alfabetizzazione ai media Firenze, 14 marzo 2024.
 
In occasione del Festival di Firenze, Idra ha consegnato 22 domande ai professionisti della notizia chiedendo di rispondere via email. Sono domande insidiose, come si può vedere; domande che ciascuno di noi dovrebbe porsi. A chi si occupa di comunicazione sorge spesso il dubbio che, per la pessima piega che essa ha assunto in termini di servilismo e subalternità ai vari poteri, sia andata via via delegittimandosi agli occhi del pubblico, tanto che lo stesso Ordine dei giornalisti sembra a molti divenuto obsoleto e inutile. È inutile dire che, se le risposte arriveranno, “Odissea” le pubblicherà in prima pagina. 


 

1. Quale grado di autonomia e rispettabilità è legittimo rivendicare quando l’informazione si avvale prevalentemente di fonti istituzionali, uffici stampa, agenzie private o di parte, non sottoposte a verifica quanto a veridicità, coerenza, esaustività? Può un’informazione degna di questo nome fornire una descrizione efficace della vita sociale e politica di un Paese?
 
2. L’attendibilità di una notizia viene determinata sulla base di circostanze oggettive documentabili, o invece di un ruolo autoassegnato? Rincorrere la velocità è nell’interesse del lettore?
 
3. Recentemente è stata attestata la veridicità di notizie censurate dai media social sotto pressione di entità governative: etichettate come disinformazione, si era ritenuto più sicuro oscurarle. Circostanze del genere non rappresentano uno scandalo giornalistico da prima pagina?
 
4. Con quale frequenza accade che errori materiali lampanti di dati, date, cifre o accadimenti vengano corretti pubblicamente, magari con lo stesso impegno e analoga evidenza?


 
5. L’abuso di termini stranieri, in particolare anglicismi, pur disponendo di ottimi corrispettivi nella lingua nazionale, giova alla trasparenza e all’efficacia di una comunicazione democratica?
 
6. È sensato riconoscere anche responsabilità culturali e didattiche ai contenuti dell’informazione veicolata dai media? Come contrastare allora le lacune nella padronanza della lingua e le imprecisioni nella pronuncia di vocaboli esteri incautamente esibiti?
 
7. Le emittenti radiofoniche e televisive locali hanno beneficiato del “contributo straordinario per i servizi informativi” connessi alla diffusione del contagio da Covid-19, normato da un decreto ministeriale? Hai provato imbarazzo nell’ottemperare all’impegno a trasmettere “messaggi di comunicazione istituzionale” di fonte governativa su materie delicate, opinabili e controverse come le misure eccezionali in fatto di sanità pubblica? Ritieni in ogni caso un indicatore di qualità del servizio giornalistico avervi acconsentito? Resisteresti in futuro a pressioni di questo tipo?
 
8. L’appiattimento manifestatosi nell’approccio a temi come la pandemia Covid o il riacutizzarsi del conflitto in Europa orientale), e la presentazione manichea delle componenti in conflitto, rispondono forse ai requisiti di una comunicazione laica e liberale?

 
9. Ritieni che per allinearsi alle esigenze della “comunicazione istituzionale” promossa e variamente foraggiata dagli esecutivi, quella giornalistica abbia fatto ricorso a tecniche riconducibili alla deontologia professionale? Può considerarsi appropriata la consuetudine, oramai divenuta automatica, di selezionare i fatti di cronaca secondo criteri che non vengono esplicitati né spiegati, o la censura preventiva di una quantità di fonti dichiarate apoditticamente inattendibili?
 
10. Gli appuntamenti informativi coi referenti dell’amministrazione pubblica (colloqui, conferenze stampa, interviste) dovrebbero essere preparati documentandosi sulle materie oggetto dell’incontro, sulle caratteristiche e la biografia dell’interlocutore, sul contesto dell’appuntamento, così da permettere di interloquire con domande, integrazioni, osservazioni? O è preferibile il copia-incolla, la riproduzione meccanica della velina di turno?
 
11. Come deve la cittadinanza ragionevolmente valutare la qualità dell’operato di cronisti ingaggiati con retribuzioni poco decorose, costretti a seguire in affanno e superficialmente il fitto e variegato calendario di turno di appuntamenti in programma, da desk o sul campo?
 
12. Quali provvedimenti sarebbe necessario adottare per scongiurare la manipolazione delle notizie (intenzionale o involontaria) frutto di immagini non pertinenti associate ai testi?
 


13. La venatura palesemente valutativa che il cronista rivela quando, nel dar conto degli eventi, si avvale di aggettivazioni, toni, espressioni, posture chiaramente orientate, non rischia, a tuo avviso, di far percepire l’informazione come mera propaganda? E di accreditare i dubbi di chi teme che il giornalismo si stia trasformando da ‘professione della verità’ in grancassa del potere?
 
14. Condividi che proprio il conformismo di fondo al quale sembra essersi adattata la comunicazione giornalistica sia all’origine della crisi di credibilità del ‘quarto potere’ contemporaneo?  In passato consultare più giornali permetteva di farsi un’opinione considerando punti di vista differenti e divergenti. Oggi che l’informazione dominante veicola un’unica versione dei fatti mettendo al bando quelle contrarie, come si può coltivare lo spirito critico?
 
15. Il giornalismo contemporaneo semplifica la comunicazione riducendo le sfumature e le complessità del mondo reale alla dicotomia buono/cattivo. Questa banalizzazione dei messaggi, tipica della narrazione nel mondo infantile, è in contrasto con la necessità di esporre i fatti nel modo più oggettivo possibile?
 
16. Dall’evoluzione digitale applicata al cosiddetto ‘fact checking’ è lecito attendersi che emancipi dalla disinformazione, o non piuttosto che consolidi e radicalizzi gli attuali protocolli-di-verità a senso unico? In quali casi il ‘fact-checking’ ha smontato versioni ufficiali poi smentite dai fatti?



17. Julian Assange è il simbolo del giornalismo d’inchiesta. Il fatto che sia per questo perseguitato dallo stesso Occidente che mena vanto della propria democraticità, non è forse l’attestazione di una ‘libertà di stampa’ solo millantata a parole?
 
18. Se non c’è da sorprendersi dell’avvenuta quasi-scomparsa del giornalismo d’inchiesta, potrà forse l’Intelligenza Artificiale rimediare al tramonto della capacità di indagine? O ne decreterà piuttosto, in linea con l’involuzione ‘naturale’ del mestiere di giornalista, la scomparsa definitiva?
 
19. È possibile oggi riconoscere l’elaborato di un giornalista rispetto a un prodotto dell’intelligenza artificiale generativa? Questo non espone l’intera categoria a un’imminente obsolescenza?
 
20. Il successo crescente dei cosiddetti ‘influencer’ rispetto ai media tradizionali certifica una perdita di utilità e credibilità della professione giornalistica?
 



21. In democrazia il giornalismo permette alla cittadinanza di controllare il potere conoscendone l’operato. Nei regimi totalitari i media permettono al potere di controllare il popolo attraverso la propaganda. Oggi in quale delle due condizioni ci troviamo?
 
22. Quali garanzie effettive, e attraverso quali strumenti specifici, assicura all’informazione libera e democratica l’appartenenza all’Ordine dei giornalisti? Perché l’esercizio del mestiere deve esservi subordinato, se già il codice civile e quello penale sono sufficienti a orientarne, disciplinarne ed eventualmente sanzionarne l’operato?
 
Associazione di volontariato Idra
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