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venerdì 19 aprile 2024

DIARIO CIVILE
di Girolamo Dell’Olio


 
Hanno paura della legalità. Dialogo itinerante n. 190
 
Atmosfera nervosetta, ieri pomeriggio, davanti al portone del numero 1 di Via Cavour. Firenze, sede della Prefettura. E dunque del Ministero dell’Interno. E dunque del Governo nazionale, in città. Un via vai di divise, alti-in-grado e auto di rappresentanza. Ci dev’esser qualcosa che succede su, al secondo piano. Un cordone mobile e due agenti donne sull’ingresso, che aprono e chiudono il cordone al passaggio degli invitati. Certo, un po’ scomodo, per loro, scendere di macchina e trovarsi di fronte una denuncia così perentoria vergata a colori addosso a questo manifestante che distribuisce volantini non meno espliciti. In qualche modo sono costretti a passagli proprio davanti, non possono evitarlo. La maggior parte respingono con un sorriso cortese o sfuggente il tentativo di dialogo che lui abbozza. Imbarazzante per loro dover costatare che c’è chi dice no, documentazione alla mano. Imbarazzante dover vedere messa in discussione, e senza possibilità di replica, l’autorevolezza dell’autorità che li attende, al secondo piano, per un incontro del quale il manifestante nulla sa, ma che una favorevole coincidenza rende un pelino più problematico, forse. Imbarazzante dover considerare la curiosa quanto naturale alleanza, nella disapplicazione della legge, fra ministro nazionale e presidente regionale: il primo che non risponde alle Pec di segnalazione-emergenza-idraulica-non-contemplata-nella-Firenze-plurialluvionata, il secondo che incede trionfante, casco bianco e pettorina gialla da protezione civile, in un tunnel temerariamente in costruzione senza il minimo coinvolgimento dei Vigili del Fuoco. Voi direte: ma ancora con questa storia dei Vigili del Fuoco? È vero, di loro è bene parlare solo a tragedie consumate. Solo dopo la Romagna, dopo il Mugello, dopo Campi Bisenzio, dopo via Mariti. A parlarne prima, sembra di portar iella. Deve averlo pensato anche la funzionaria della Prefettura che, martedì scorso, mi chiese giustamente di spostarmi per poter entrare in un’altra macchina scura d’ordinanza parcheggiata accanto al marciapiede.
- Permesso, scusi…?
- Ah, mi scusi lei!... prego, guardi…
Le porgo il volantino.
- No! Io sono della Prefettura, grazie!’
- Appunto: si parla di voi. Avete una Prefetto che non osserva la legge. E questo è gravissimo!
- Ecco, glielo vada a dire a lei!
- Ma gliel’ho scritto sette volte…’
- È che lei poi me le rigira a me, capito?
- Ah sì?
- Grazie! Arrivederci!
Ormai è seduta accanto all’autista. Perentoria, sbatte la portiera. Fine della relazione.



 
Ieri, il peggio che mi è capitato da chi saliva su, accento marcatamente laziale: - E non me lo dare a me! Fuori legge? E cosa?
- No: è una domanda, è che noi abbiamo le prove…
- Ma dico…
- Noi abbiamo le prove!
- Beati voi, che ci avete le prove…!
- La vuole vedere, la prova?
E gli mostro la fatidica lettera firmata Marisa Cesario.
- Guardi: Vigili del Fuoco che scrivono al Prefetto, a luglio. E il prefetto non fa niente.
- Eh… vabbè…
- E che vuol dire ‘vabbè’?
- Questo lo dice lei!
- No, no, no, lo dicono i fatti!
Mentre, perplesso, imbocca l’ingresso, un sorridente dolce volto femminile (chissà! mi conosce?) mi saluta cortese anche lei entrando:
- Salve!
- Buonasera!


Quando sono arrivato, una delle due agenti all’ingresso, che ormai mi conosce a menadito, e già altre volte mi ha ‘identificato’, torna a chiedermi il foglio inviato in Questura, e rientra in ufficio per la verifica.
L’ultima volta, martedì scorso, scherzosamente l’avevo salutata con queste parole: - La prossima volta, però, mi raccomando: mi faccia vedere l’autorizzazione di Mattarella!
- Cioè?
- Sì! Quella che lui autorizza il prefetto a ignorare la legge…
La battuta era piaciuta, apparentemente.
Oggi, invece, quando torna è a mani vuote: la mia lettera dev’essere ancora ai raggi x. Tutto quel passaggio di divise e di autorità deve aver causato qualche grattacapo, nel Palazzo.
E allora, per sdrammatizzare: - Non eravamo rimasti, ricorda? che lei mi procurava quella cosa di Mattarella che autorizza il prefetto a far finta di nulla?
Oggi è un’altra aria. Seria, replica: - Intanto, dobbiamo vedere se è autorizzato lei! Perché quella che mi ha dato è soltanto la comunicazione che ha fatto in Questura, non è l’autorizzazione a stare qua.
- Ma è sempre così! Chieda alla Digos e vedrà. Anche le altre volte, ricorda? E questa è la centonovantesima! Sta scritto su quel foglio che le ho dato. La invio almeno tre giorni prima, come dicono le norme!
- Forse non mi sono spiegata! Il foglio che lei mi ha dato non è l’autorizzazione che lei può stare qua. Ho capito che all’Ordine Pubblico, in Questura, dove ha mandato la Pec, la conoscono, lo sanno, sanno che persona è, e sanno per che cosa manifesta. Giustamente, se non ci sono problemi, lei è autorizzato. Ma l’autorizzazione non c’è, scritta!
Insomma: stiamo spezzando il capello in quattro. E allora provo a tornare dal serio al faceto: - Ma io volevo quella di Mattarella…
- Allora, lei deve andare a Roma
- … perché qui la situazione è grave. Anche al Ministero dell’Interno…
- Guardi, con me non può parlare di queste cose: se vuole dare i suoi volantini, faccia pure, ma non mi venga a parlare di governo e cose simili…
E torna via.
Più tardi, il tono si è ulteriormente inasprito: - Questo è il suo foglio. Però, la prossima volta, se possibile io voglio un’autorizzazione scritta, sennò lei da qua si sposta!
- Mi dispiace…
- Di che?
- Non lo farò!
- E allora, la prossima volta che trova me, lei da qua si sposta!
- Vediamo.
- Vedremo!
Se ricordo bene, la divisa che indossa recita ‘Ministero dell’Interno’: lo stesso da cui dipende la Questura!
Ma non posso pensare che questa improvvisa durezza nasca dal cuore dell’agente. La penso come Pasolini: guai a identificare il problema nel posto sbagliato. I potenti non si espongono, costruiscono trappole: sta a noi - educatamente - metterle a nudo.