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venerdì 19 aprile 2024

ITALICHE BAGGIANATE
di Luigi Mazzella
 

È molto verosimile che in un Paese, sconfitto nella seconda guerra mondiale ed oggetto di particolare attenzione nel Trattato di pace imposto dalle Potenze vincitrici del conflitto, soprattutto sotto l’aspetto dei limiti alla sua crescita economica, ogni ipotesi di riforma della Carta Fondamentale costitutiva dello Stato (detta, per l’appunto, “Costituzione”) sia sottoposta a un rigoroso vaglio dei Servizi di intelligence, in nome e per conto degli Stati egemoni in Occidente. È, in conseguenza, abbastanza probabile che si ripetano quelle spinte già sperimentate dai governi in carica nei tempi passati come quella, per esempio, diretta al Ministro delle Finanze Ezio Vanoni per sollecitare una rapida riforma del sistema tributario italiano, in applicazione del principio di progressività delle aliquote inserito (spontaneamente o fatto inserire con moral suasion) nella nostra Costituzione, in occasione del boom economico detto (dagli ingenui) “Miracolo italiano”. Il fine (certamente non unico ed esclusivo) di quella riforma fu, a detta di molti economisti, di contenere la crescita economica italiana dovuta alla mancanza di aliquote sufficientemente alte per i redditi elevati (gli unici idonei a incrementare la produzione). È, in via ulteriormente gradata (secondo il linguaggio degli avvocati), del tutto inutile intervenire nel dibattito sul cosiddetto “premierato” (formula quanto altra mai “equivoca”) prima che esso sia varato con tutti i consensi necessari. 
Lo si farà quando giungerà il momento di partecipare a quella consultazione popolare (referendum) così poco amata dall’iperattivo, precedente “aspirante costituente”, il cattolico prodiano Matteo Renzi. Comunque, qualche preliminare considerazione eminentemente politica si può sempre fare.
In un Paese in cui la tendenza all’assolutismo autoritario ha variegate colorazioni che vanno dal bianco religioso, al rosso post-comunista e al nero neo o ex fascista la propensione a varare riforme per avere un uomo (o una donna) solo (o sola) al comando del “popol morto” di carducciana memoria è, come dicevano i Romani, “una vis maior cui resisti non potest”. La motivazione invocata è sempre quella di porre un rimedio alla storica instabilità governativa in Italia che, a causa dell’esperienza delle adunate oceaniche di piazza Venezia, richiama sempre alla mente sostanziali limitazioni della libertà individuale per le quali, peraltro,  un primo passo è stato già costituito dal crollo dei partiti politici voluto dagli anonimi  e occulti (si fa per dire) sostanziali fondatori della cosiddetta “Seconda Repubblica”. 
Dopo i cincischiamenti intorno alle ultime e più recenti leggi elettorali che hanno operato, sempre sull’esempio di un altro famigerato precedente legislativo, la “magia” di  trasformare una minoranza in maggioranza che governa la vera maggioranza, quella dei dissenzienti, oggi dopo il tentativo fallito  di Massimo d’Alema, si ritorna all’ipotesi di eleggere direttamente il Presidente del Consiglio dei Ministri chiamato “premier” per scimmiottare gli Inglesi e per non ripetere la dizione “Capo del Governo” amata, a suo tempo, da Mussolini. La “solfa” è sempre la stessa: un popolo di irriducibili assolutisti seguaci di verità ugualmente apodittiche e tutte smentite clamorosamente (nei risultati promessi) dalla Storia, irrazionalisti conclamati per il loro attaccamento alle utopie (irrealizzabili per definizione) anziché convertirsi all’uso della ragione e alla ricerca di possibili accordi di governo (come ancora avviene da qualche parte anche in Occidente) per salvare il Paese e contribuire all’arresto del declino di una cosiddetta civiltà (morente) continuano a “beccarsi” come galli in un pollaio dinanzi  a un pubblico che, disgustato dallo spettacolo, va sempre di più assottigliandosi.