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lunedì 22 aprile 2024

FORMA POLITICA E FORMA PARTITO
di Franco Astengo


 
Nel rivolgermi a un numero limitato di interlocutori cercherò di affrontare, pur disponendo di limitate capacità intellettuali, il tema della forma-partito.
Forma partito come forma politica visto almeno sul versante delle forze costituzionali di opposizione: una questione che pare tornata di grande attualità con le scelte compiute in occasione della formazione delle liste delle candidate/i per le elezioni europee condotte con metodi più riconducibile ad un casting per una serie televisive piuttosto che per definire presenze di rappresentanza politico-istituzionale della complessità sociale. Liste che non sono più formate attraverso la crescita di una classe dirigente. In questo quadro si è anche aggiunta la proposta per ora accantonata di definitiva personalizzazione del PD (quasi un tentativo di allineamento al modello di partito personale).
Andando per ordine: nel corso dell'infinita “transizione italiana” e nel modificarsi proprio della natura delle organizzazioni politiche (analizzate nel corso del tempo: dal partito ad integrazione di massa a “catch all party” fino a partito azienda, partito personale, partito a “democrazia del pubblico”, partito della “democrazia recitativa”) dalla classe dirigente della parte costituzionale di opposizione alla destra non sono stati affrontati almeno due punti:



1) Il tema del progetto. A questo proposito non compare un’ipotesi di superamento dell’impostazione di semplice gestione dell’esistente (cui sono affidate anche le grandi transizioni da quella ecologica a quella digitale) e di andare oltre all’avvenuto sacrificio di identità sull’altare del governo come è avvenuto in diverse fasi contrassegnate da governi “tecnici” o di “solidarietà”. In particolare Il PD, principale soggetto presente nell’opposizione che si vorrebbe democratico-costituzionale, soffre di un’assenza di riferimenti complessivi sul piano culturale che proviene da lontano, almeno dall'espressione di quella “vocazione maggioritaria” basata su di una mera visione elettoralistica dello scopo stesso di esistenza della formazione politica.
L’assenza di progetto del resto accomuna il PD ad altri soggetti sia a sinistra, sia a vocazione “centrista”. Manca complessivamente una visione di collegamento culturale, non viene esercitata alcuna funzione pedagogica, non è stata aperta una seria riflessione sulla completa assunzione dell’ideologia neoliberista verificatasi a suo tempo nella fase dell’Ulivo;
2) Il tema della forma politica. “Forma politica” e non tanto “Forma partito”: la seconda definizione quella appunto di “Forma partito”, infatti, risulterebbe quanto meno semplicistica proprio rispetto alla realtà dei tempi che stiamo vivendo. La “politica” ha subito, anche sulla spinta dell’innovazione tecnologica in campo mediatico e della comunicazione, una modificazione profonda passando (come ci è già capitato più volte di sottolineare) da fatto prevalentemente fondato sul pensiero come espressione di una identità culturale a questione di immagine e di richiesta di scelta elettorale basata sulla competizione individualistica dell’apparire. In questo senso è risultato micidiale il meccanismo dell’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti delle Giunte Regionali (questi ultimi ormai impropriamente definiti come “Governatori” dai mezzi di comunicazione di massa). Elezione diretta che sicuramente ha garantito la stabilità degli esecutivi al prezzo di una vera e propria mortificazione dei consessi elettivi e di conseguenza della rappresentanza e della partecipazione. Da questa analisi si deduce oggettivamente la necessità di formare un vero e proprio sbarramento all’ipotesi di premierato che la destra sta ponendo all’ordine del giorno.



Su questi due punti, dell’identità progettuale e della forma dell’agire politico, non appare nel sistema politico italiano una qualche tendenza a rinnovarsi e anzi, sul piano dell’indeterminatezza identitaria, sembra esercitare una sorta di coazione a ripetere rispetto al passato. In realtà si tratta di una carenza di visione culturale che ha attraversato il sistema fin dal processo di liquidazione del PCI. A sinistra non si sono realizzate scelte: né quella della socialdemocratizzazione, né quella riferita al modello americano (cui pare tendere Schlein di cui non deve essere dimenticata la forma di elezione al di fuori dalle istanze di partito). A complicare il quadro va inoltre ricordato come a PD e AVS soggetti già provenienti tra loro da differenti culture tocca misurarsi con l'antipolitica che permane come marchio identitario del M5S.
 Non si può dimenticare come, oggettivamente, il sistema lasci ampi spazi vuoti che non saranno sicuramente colmati da un tentativo di definitivo allineamento proprio al modello del partito elettorale fondato sulla “democrazia recitativa”; partito nel quale la sintesi della feudalizzazione avverrebbe attraverso il dialogo diretto tra Capo e potenziale elettorato, in sostanza tra il Capo e le masse.