Nel
rivolgermi a un numero limitato di interlocutori cercherò di affrontare, pur
disponendo di limitate capacità intellettuali, il tema della forma-partito. Forma
partito
come forma politica visto almeno sul versante delle forze costituzionali
di opposizione: una questione che pare tornata di grande attualità con le
scelte compiute in occasione della formazione delle liste delle candidate/i per
le elezioni europee condotte con metodi più riconducibile ad un casting per una
serie televisive piuttosto che per definire presenze di rappresentanza politico-istituzionale
della complessità sociale. Liste che non sono più formate attraverso la
crescita di una classe dirigente. In questo quadro si è anche aggiunta la
proposta per ora accantonata di definitiva personalizzazione del PD (quasi un
tentativo di allineamento al modello di partito personale). Andando
per ordine: nel corso dell'infinita “transizione italiana” e nel modificarsi
proprio della natura delle organizzazioni politiche (analizzate nel corso del
tempo: dal partito ad integrazione di massa a “catch all party” fino a partito
azienda, partito personale, partito a “democrazia del pubblico”, partito della “democrazia
recitativa”) dalla classe dirigente della parte costituzionale di opposizione
alla destra non sono stati affrontati almeno due punti:
1) Il tema del progetto. A questo proposito non compare un’ipotesi
di superamento dell’impostazione di semplice gestione dell’esistente (cui sono
affidate anche le grandi transizioni da quella ecologica a quella digitale) e
di andare oltre all’avvenuto sacrificio di identità sull’altare del
governo come è avvenuto in diverse fasi contrassegnate da governi “tecnici” o
di “solidarietà”. In particolare Il PD, principale soggetto presente nell’opposizione
che si vorrebbe democratico-costituzionale, soffre di un’assenza di riferimenti
complessivi sul piano culturale che proviene da lontano, almeno
dall'espressione di quella “vocazione maggioritaria” basata su di una mera
visione elettoralistica dello scopo stesso di esistenza della formazione
politica. L’assenza di progetto del resto accomuna il PD ad altri soggetti
sia a sinistra, sia a vocazione “centrista”. Manca complessivamente una visione
di collegamento culturale, non viene esercitata alcuna funzione pedagogica, non
è stata aperta una seria riflessione sulla completa assunzione
dell’ideologia neoliberista verificatasi a suo tempo nella fase
dell’Ulivo; 2) Il tema della forma politica. “Forma politica” e non tanto “Forma
partito”: la seconda definizione quella appunto di “Forma partito”, infatti,
risulterebbe quanto meno semplicistica proprio rispetto alla realtà dei tempi
che stiamo vivendo. La “politica” ha subito, anche sulla spinta
dell’innovazione tecnologica in campo mediatico e della comunicazione, una
modificazione profonda passando (come ci è già capitato più volte di
sottolineare) da fatto prevalentemente fondato sul pensiero come espressione di
una identità culturale a questione di immagine e di richiesta di scelta
elettorale basata sulla competizione individualistica dell’apparire. In questo
senso è risultato micidiale il meccanismo dell’elezione diretta dei Sindaci e
dei Presidenti delle Giunte Regionali (questi ultimi ormai impropriamente definiti
come “Governatori” dai mezzi di comunicazione di massa). Elezione diretta che
sicuramente ha garantito la stabilità degli esecutivi al prezzo di una vera e
propria mortificazione dei consessi elettivi e di conseguenza della
rappresentanza e della partecipazione.Da questa analisi si
deduce oggettivamente la necessità di formare un vero e proprio sbarramento all’ipotesi
di premierato che la destra sta ponendo all’ordine del giorno.
Su questi due punti, dell’identità progettuale e della forma
dell’agire politico, non appare nel sistema politico italiano una qualche
tendenza a rinnovarsi e anzi, sul piano dell’indeterminatezza identitaria,
sembra esercitare una sorta di coazione a ripetere rispetto al passato.In
realtà si tratta di una carenza di visione culturale che ha attraversato il
sistema fin dal processo di liquidazione del PCI.A sinistra non si sono realizzate scelte: né quella della
socialdemocratizzazione, né quella riferita al modello americano (cui pare
tendere Schlein di cui non deve essere dimenticata la forma di elezione al di
fuori dalle istanze di partito). A complicare il quadro va inoltre ricordato
come a PD e AVS soggetti già provenienti tra loro da differenti culture tocca
misurarsi con l'antipolitica che permane come marchio identitario del M5S. Non si può dimenticare come,
oggettivamente, il sistema lasci ampi spazi vuoti che non saranno sicuramente
colmati da un tentativo di definitivo allineamento proprio al modello del
partito elettorale fondato sulla “democrazia recitativa”; partito nel quale la
sintesi della feudalizzazione avverrebbe attraverso il dialogo diretto tra Capo
e potenziale elettorato, in sostanza tra il Capo e le masse.