Nel cimitero di Crespi d’Adda di Alberto Figliolia
Piccole irregolari lapidi sul prato di tenue smeraldo sotto il cielo onnipotente e pur incredulo; pietre stinte al vento, i nomi a fatica si leggono, una distesa di generazioni fra il cerchio dei monti e il fiume senza tempo. Consumarono l’esistenza nei campi odorosi di fatica, una preghiera al tramonto e polenta sul tavolo o una povera zuppa, i bambini col moccio, il futuro già morto. Consumarono l’esistenza fra macchine voraci: dodici ore in piedi dai nove anni in su e se ti scappava la pipì dovevi attendere la fine del turno mentre fibre e scarti ti ostruivano il respiro (e il generale sparava sulla folla di innocenti che chiedevano pane e giustizia e le barricate erano fumo, erano sangue, paura, rabbia e il generale sparava sugli abiti lisi. sui frati del popolo, sui morti di fame nei crocicchi, nelle vie, nelle
piazze; sparava al cuore dell’umanità senza voce e il re appuntò la medaglia al petto del carnefice) questo penso quando scorro le piccole irregolari lapidi del cimitero di contadini e operai, pietre stinte al vento, i nomi letti a fatica.