LA FUNZIONE DEL POETICO
di
Fabio Dainotti
Un primo piano di Annitta Di Mineo
Annitta
Di Mineo. Del tempo disumano
La
poesia nella raccolta Del tempo disumano di Annitta Di Mineo ha un tono
esortativo, parenetico; nel tono oratorio e vibrante di tanti componimenti domina
l’azione perlocutoria. Lo scopo è infatti quello di persuadere alla pace, a non
“uccidersi”, e non solo. È quello il messaggio («termine
quanto mai anacronistico, ma necessario»,
scrive Vincenzo Guarracino nella sua dotta prefazione; la postfazione è di
Alberto Mori che osserva che “un epos di pace non è mai stato scritto), il
testamento-messaggio lasciato dal padre di Annitta Di Mineo riportata nella
prima poesia, sulla soglia, dunque importante come insegna la critica
semiotica, del libro edito da Montabone Editore nel 2023, nella collana Sfera
dall’autrice diretta. La poesia in oggetto conquista anche la gloria di
occupare la 4° di copertina. E
merita di essere riportata almeno nella parte finale, nell’explicit: Padre
ancora oggi si uccide come allora. / E ti rivedo…in groppa alla mula /
portare profumo di menta e di rose.
La copertina del libro
Sembra
di risentire l’eco di un verso di Quasimodo.
Questa
funzione trova riscontro nell’uso della seconda persona singolare o plurale (Voi
potenti, con quell’anafora martellante: “cessate” che ricorda Ungaretti (facile
riconoscere l’intertesto) e che ritorna spesso, con la funzione di ribadire un
concetto, sottolinearlo, in modo che venga assimilato e memorizzato) e, in
qualche componimento, del “tu”, che presuppone un allocutore; ma il vero
destinatario è sempre il lettore. Uno
dei messaggi sicuramente riguarda l’antimilitarismo, con una nota dolente sulla
cifra della morte giovane: Cenere sull’Adamello, Odore di guerra, Clown
volontario. Non per niente la prima sezione, delle sei che compongono il libro
(le altre sono “Vittime di mafia”, “Migrazione”, “Voci di donne”, “Natura”, “Shoah”)
è riservata alla pace. La seconda sezione è particolarmente sentita dalla
poetessa che vive al Nord ma è orgogliosamente siciliana d’origine, sicula non
sicana, (la Sicilia dell’infanzia Annitta rievoca in versi struggenti (In
spiagge sicule), e usa anche gli strumenti della dialettalità (A picciridda) e
non certo per il colore locale. Fino ad adottare la scelta dell’andamento
dialogico e teatralizzato in Scelta differente, una composizione ecoica di Jacopone,
con un dialogo finale tra Madre e Figlio. Nella parte finale della sezione la
sicilianità di Di Mineo traspare nella critica a un istituto, un’usanza tipicamente
meridionale, quella del matrimonio riparatore. Per fortuna, sembra dirci
l’autrice, le usanze cambiano (Lunga chioma rosso tiziano). Di stringente
attualità la tematica presente nella sezione “Migrazione”, dove si istituisce
un distinguo tra chi fugge “per ricostruire altre vite” e i “trafficanti/di
vite umane”. Ma chi scrive è una donna e giustamente la tematica femminista ha
una sua centralità all’interno delle problematiche contemporanee affrontate e
le voci erompono con furore incontenibile sin dalla prima lirica, eponima della
sezione, con il dettaglio efficace della “mano feroce/contro parole celate”; il
grido “erompe” anche in Sguardo spento. La condizione femminile è riassunta
nella catacresi del titolo, Gabbia dorata. C’è quasi un pudore nell ’appuntarsi
sulla violenza esercitata contro le donne, e allora il dettato si fa più vigile,
ermetico. Da notare che l’io non è solo quello poetico ma si dirama in altri personaggi
(il figlio che assiste ai maltrattamenti della madre, financo gli Alberi che si
lamentano, in una prosopopea attorno al fuoco”.
La copertina del libro |