Il centenario della nascita di Don
Milani. Nell’ultimo numero della nutriente
pubblicazione L’altra Pagina, il dossier è centrato sulla figura di don Milani
in occasione del centenario della sua nascita. Tra i molti punti che
vengono rivisitati, ne voglio condividere uno che trovo essenziale e urgente
per il momento che stiamo attraversando e che tocca anche il grande lavoro
sulla parola del nostro gruppo di Mille Gru con la Poetry Therapy: la cura
della parola. Bruna Bocchini già docente di Storia del Cristianesimo e
delle Chiese all’Università di Firenze, illumina magistralmente le figure che
hanno modellato l’esistenza di don Milani sottolineando la sua tradizione
familiare per comprendere il modo di insegnare di don Milani, la sua attenzione
filologica al significato e all’uso delle parole. La sua infatti non è una
scuola per dare una qualche formazione culturale di base, come tanti sacerdoti
avevano fatto e - dico io - molti continuano a fare, ma una scuola che voleva
educare all’uso consapevole della parola, strumento fondamentale per esprimere
le autonome prospettive culturali, politiche, economiche, sociali e
religiose. Orizzonte oggi completamente oscurato da una educazione e da
una cultura esiliate, oltre ad un esilio della meraviglia, della empatia,
della solidarietà, della gentilezza. Don Milani vive in un ambiente
familiare equilibrato e affettivo con una grande tradizione culturale. Il
bisnonno, Domenico Comparetti, era stato un filologo, grecista, latinista, fra
i docenti di maggior rilievo dell’Università di Firenze: il nonno paterno,
Luigi Adriano Milani, era stato professore di archeologia allo stesso Istituto
di Studi superiori di Firenze e direttore del museo archeologico fiorentino. La
mamma, Alice Weiss, di origine triestina, era in contatto con gli ambienti più
fertili dell’intellettualità europea, soprattutto ebraica. Il nonno, Emilio
Weiss, era amico di Italo Svevo, suo nipote, Edoardo Weiss fu uno dei
primi allievi di Sigmund Freud, la madre di Lorenzo era legata a lui da una
forte amicizia, conosceva inoltre James Joice dal quale prendeva lezioni di
inglese. I genitori di Don Milani erano entrambi agnostici, così come le
famiglie di origine, si erano sposati con il rito civile e solo nel 1933,
iniziate le prime persecuzioni razziali in Germania, si sposarono con rito
cattolico e fecero battezzare i figli. Dunque un mondo aperto, colto,
festoso, pur se in un momento storico drammatico. Negli anni Don Milani si
fece portatore di potenti intuizioni educative che ancora oggi dovrebbero
risorgere, nonostante le molte censure patite, dal Governo e dalla Chiesa,
sempre poco inclini a formare uomini e donne capaci di responsabilità e
consapevolezza, capaci di un pensiero critico, capaci di dire No, quando il
troppo è troppo. Imparare dal passato è più che necessario, la storia non si
ripete mai uguale, siamo noi ad essere le mani di quel che ignorantemente chiamiamo
Destino e che non arriva mai a caso. In ogni specie, scrive Jung, i più
intelligenti sanno quando bisogna disobbedire. E oggi è quel
tempo.