SCAFFALI
di Renzo Vidale
Villa Belloni
Mariacristina Pianta raggiunge in Villa Belloni l'apice del
suo lungo percorso di scrittura, smentendo l'idea che con il procedere del
tempo la creatività si indebolisca e la poesia inizi a latitare. Con
un linguaggio piano caratterizzato dall'uso di termini comuni orchestrati con
sapiente sobrietà, Pianta è giunta ad assimilare sul piano dello stile la
lezione di Giampiero Neri nell'arte di levare e nella ricerca dell’essenzialità
e, attraverso una voce inconfondibile, si confronta con il tema del passato in
modo originale. I disegni di Emilio Palaz, che completano sul piano
iconografico il libro, lo rendono ancora più prezioso.
La villa Belloni è il luogo dell'infanzia e del tempo trascorso.
La scrittura si incarica di restituire un po' di vita alle ombre del ricordo
che sbiadisce, come nel rito che Circe insegna ad Ulisse per rendere possibile
il dialogo con le ombre dei morti.
La raccolta presenta una notevole affinità con l'haiku giapponese,
non tanto sul piano metrico (quantunque siano molti versi di 5 o 7 sillabe)
quanto su quello dell'intenzione poetica: fissare l'attimo in un'istantanea in
grado di sospendere la fuga del tempo. Alcuni titoli di questi
haiku (“Airolo”, “Varzi”, “Sul Terdoppio”) mettono in contrasto, come se ci si
volesse aggrappare alla realtà, la precisione della toponomastica con
l'impermanenza dei ricordi legati ai luoghi in questione.
La memoria è fisiologicamente destinata prima a sbiadire, e poi a
svanire. Cristina rappresenta nei suoi versi questo processo descrivendo in
modo vago, quasi sempre privo di dettagli, gli episodi legati al passato. Essi
si sostanziano soprattutto di suoni e di voci, che sono tra i termini più
ricorrenti nella raccolta. E questo vago brusio a fare da
basso continuo in Villa Belloni.
Cristina dipinta da
Emilio Palaz
Nell’istantanea qualcosa sfugge sempre alla presa della scrittrice:
i ricordi rimangono pur sempre ombre. I protagonisti della
bellissima poesia "In cortile" intuiscono che la loro contemplazione
del paesaggio è turbata dall'impermanenza: le erbacce cresciute sui binari, le
nuvole all’orizzonte, le ombre che iniziano ad allungarsi. Questa drammaticità della vita, appena accennata, viene
accettata dall'autrice che non si rifugia nel passato: vuole solo rievocarlo e
rievocandolo fare i conti con esso nella dimensione del presente, anche se ciò
è faticoso e difficile, nella consapevolezza che il nostro viaggio è “incerto”
e “privo di coordinate” (pag.54) e di “una meta” certa (pag.35). Ci troviamo a
procedere in un sentiero “rischiarato da un debole bagliore di fanali” (pag.58).
In “Senza meta” (pag.35) “si procede lenti”, ma si continua comunque a
procedere, nonostante tutto.
In “Binari” (pag.60), questo quieto ottimismo della volontà si
fonda sulla certezza che qualcosa resiste e non muore mai del tutto. In un
correlativo oggettivo del tempo che passa, i binari del treno sono ora nascosti
da fitti cespugli, ma si avverte ancora un lontano “movimento di scambi”.
Leggendo “Airolo” (pag. 31) diventa impossibile non richiamare
alla mente Guido Gozzano e la Signorina Felicita, come giustamente fa
Alessandro Quasimodo nella sua introduzione. Qui c’è il salotto delle Signorine
Rossi “con i colori d’altri tempi”. E questa è senz’altro la poesia più
gozzaniana di Cristina Pianta, anche se poi nell'insieme della raccolta le
differenze con il poeta piemontese appaiono evidenti (e naturalmente non si
vuole qui istituire giudizi di valore).
Gozzano tempera ed esorcizza in parte la nostalgia, e soprattutto
la tristezza che deriva dal suo sentirsi estraneo alla vita, con l'ironia,
seppure spesso amara. In Villa Belloni si respira invece, come abbiamo
visto, un’aria di partecipazione alla vita, nonostante tutte le difficoltà
ineludibili a essa connesse, rappresentate dal “tracciato accidentato” di cui
parla “La telefonata”, a pag.48.
Proprio grazie a questo atteggiamento positivo, la poesia di
Cristina Pianta non ha bisogno dell'ironia, e la nostalgia è sempre un
sentimento pacato, che non si compiace di se stesso e che non indulge al
sentimentalismo. Un'altra differenza consiste nell'abbondanza di dettagli in
Gozzano, estremamente funzionale al dispiegarsi dell'ironia nel linguaggio (“…
la pirografia /sui divani corinzi dell'Impero /la cartolina della bella
Otero/…).
Emilio Palaz