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mercoledì 1 maggio 2024

SPIGOLATUE: BUONE E CATTIVE   
di Luigi Mazzella


 
Le notizie raccolte in questi ultimi giorni sulla situazione italiana non meritano commenti approfonditi ma non vanno lasciate sotto silenzio.
1) Indagini condotte da istituti di ricerca presso le Università italiane e ripetute, con frequenza sempre maggiore, danno dati confortanti per la sconfitta futura della credulità religiosa. Il 70 per cento degli Italiani già oggi non pensa più, come in passato, che le persone, nel loro operare, debbano seguire i precetti ecclesiali. Le sacche di maggiore resistenza sono soltanto al Sud e nei ceti medi e bassi. Le percentuali di individui che ritengono di doversi discostare da ciò che sostiene la Chiesa sono del 75 per cento per il divorzio, del 60 per cento per l’aborto (come nei primi dieci Paesi del mondo favorevoli alla sua legalità), dell’83 per cento per il matrimonio religioso. Al processo in atto di un notevole e crescente aumento delle persone indifferenti sotto il profilo etico-religioso, potrebbero seguire, con molta probabilità, comportamenti individuali caratterizzati   da una maggiore libertà e, persino, da una inedita razionalità.



2) Analoghe ondate o folate di razionalità non prevede invece, il meteo della politica. Certo anche la salute del sistema pubblico italiano è pessima, per la caduta verticale della credulità popolare nella fantasia utopica degli eredi legittimi di democristiani, comunisti e fascisti. Tutte le forze politiche che hanno sempre e solo operato nel “Bel Paese” si sono rette sulla fiducia acefala nel trionfo delle utopie, non o non solo religiose, ma soprattutto ideologiche (dell’uguaglianza di tutti gli abitanti del Pianeta, di popoli eletti da Dio che portano anche gli altri verso il benessere). Avendo, però, la Storia dimostrato il contrario di ciò che era “predicato” e “promesso” anche i professionisti della politica eletti nelle varie istanze elettorali sono precipitati verso il fondo della classifica della fiducia (nelle varie attività umane) con percentuali che non superano il 35 per cento dei consensi. A differenza di quanto può avvenire a seguito della caduta della credulità religiosa che ha riflessi quasi solo individuali  (diminuendo i “credenti”, aumentano i “pensanti” e ogni  individuo può fare proprie scelte razionali e non imposte dalla fede ) in politica, dove il problema è collettivo e non personale per aversi veri vantaggi (e per tutti) occorrerebbe che vi fosse una forza politica razionalista e nemica di tutte le utopie fin qui sostenute da democristiani, comunisti e fascisti (e persino dai liberali che non si richiamano ad altra filosofia politica che non sia quella  dell’hegeliano Benedetto Croce). Un’antitesi al fanatismo utopico degli uomini politici esistenti non v’è: sono del tutto assenti i “razionalisti” puri, i pragmatici che pensano con la propria testa o condividono una linea politica solo se atta a trovare una soluzione “razionale” e lontana dalle utopie ideologiche per i problemi concreti che sono sul tappeto.
E ciò è dimostrato dal numero crescente degli astensionisti, dei delusi dall’irrazionalità imperante in tutti i partiti dello schieramento italiano.



3) I passi tracciati da Benito Mussolini sono ripercorsi fedelmente da Giorgia Meloni. Come Benito Mussolini aveva capito che il suo nome e il suo cognome erano troppo lunghi per essere sinteticamente espressi dai suoi seguaci in un grido corale alto e robusto e osannante in modo deciso e cadenzato e si era inventato il termine “duce”, così la Meloni vuole imporre ai suoi fan di urlare all’unisono il nome: “Giorgia” e di votarla sulle schede elettorali segnando solo il suo nome di battesimo. Ahi serva Italia, del grottesco ostello
4) Nell’ambito della filosofia idealistica, pochi sembrano avvedersi  che di Platone la cultura italiana ha accettato tutto il peggio (assolutismo categorico delle sue certezze iperuraniche, autoritarismo non dissociato da tracotante supponenza sul piano personale e nei rapporti con gli altri, creazione di un’Accademia di “asini” costretti a giurare sempre in verba magistri e a non avere un pensiero originale e diverso… e altre amenità su idee e realtà vere) e non ha colto il suo unico pensiero sia pure solo parzialmente valido: il cosiddetto “governo dei filosofi”, di gente cioè che è colta e sa. Perché solo parzialmente valido? Perché si tratta pur sempre di un’idea da prendere con le pinze.
Essa è valida quando afferma che un adeguato percorso di conoscenza (e quindi la scienza) aiuti nella sua attività, chi è chiamato a governare. È inesatta quando lascia intendere che la scienza porti sempre con sé la pratica del bene (etica, voce della coscienza) e l’attuazione del buon gusto (estetica, senso del bello). 


Giosuè Carducci

Il mondo (ma non l’Italia di oggi) è stato ed è pieno di governanti che “sanno”, come suol dirsi, “il fatto loro”, perché hanno studiato e conoscono le regole del “buon governo” ma non mancano i disonesti, i truffaldini, i guerrafondai, i predatori e gli individui spesso privi del benché minimo buon gusto. Il problema italiano, invece, è molto  più grave che altrove perché neppure la parte valida dell’asserzione di Platone (scienza e conoscenza) è stata osservata da un po’ di tempo a questa parte dal “popol morto” di carducciana memoria: che ha scelto e continua a scegliere rappresentanti al Parlamento  (dall’uno all’altro capo dello schieramento in aula) e governanti tra uomini di pochi libri, di scarse frequentazioni colte, di sproloqui senza fine con citazioni di pretesi Maestri fatte, quasi sempre, del  tutto a sproposito, di coscienza non proprio adamantina e prevalentemente di gusto pessimo.