Le
notizie raccolte in questi ultimi giorni sulla situazione italiana non meritano
commenti approfonditi ma non vanno lasciate sotto silenzio. 1)
Indagini condotte da istituti di ricerca presso le Università italiane e
ripetute, con frequenza sempre maggiore, danno dati confortanti per la
sconfitta futura della credulità religiosa. Il 70 per cento degli Italiani già
oggi non pensa più, come in passato, che le persone, nel loro operare, debbano
seguire i precetti ecclesiali. Le sacche di maggiore resistenza sono soltanto
al Sud e nei ceti medi e bassi. Le percentuali di individui che ritengono di
doversi discostare da ciò che sostiene la Chiesa sono del 75 per cento per il
divorzio, del 60 per cento per l’aborto (come nei primi dieci Paesi del mondo
favorevoli alla sua legalità), dell’83 per cento per il matrimonio religioso. Al
processo in atto di un notevole e crescente aumento delle persone indifferenti
sotto il profilo etico-religioso, potrebbero seguire, con molta probabilità,
comportamenti individuali caratterizzatida una maggiore libertà e, persino, da una inedita razionalità.
2)
Analoghe ondate o folate di razionalità non prevede invece, il meteo della
politica. Certo anche la salute del sistema pubblico italiano è pessima, per la
caduta verticale della credulità popolare nella fantasia utopica degli eredi
legittimi di democristiani, comunisti e fascisti. Tutte le forze politiche che
hanno sempre e solo operato nel “Bel Paese” si sono rette sulla fiducia acefala
nel trionfo delle utopie, non o non solo religiose, ma soprattutto ideologiche
(dell’uguaglianza di tutti gli abitanti del Pianeta, di popoli eletti da Dio
che portano anche gli altri verso il benessere). Avendo, però, la Storia
dimostrato il contrario di ciò che era “predicato” e “promesso” anche i
professionisti della politica eletti nelle varie istanze elettorali sono
precipitati verso il fondo della classifica della fiducia (nelle varie attività
umane) con percentuali che non superano il 35 per cento dei consensi. A
differenza di quanto può avvenire a seguito della caduta della credulità
religiosa che ha riflessi quasi solo individuali(diminuendo i “credenti”, aumentano i
“pensanti” e ogniindividuo può fare
proprie scelte razionali e non imposte dalla fede ) in politica, dove il
problema è collettivo e non personale per aversi veri vantaggi (e per tutti)
occorrerebbe che vi fosse una forza politica razionalista e nemica di tutte le
utopie fin qui sostenute da democristiani, comunisti e fascisti (e persino dai
liberali che non si richiamano ad altra filosofia politica che non sia
quelladell’hegeliano Benedetto Croce). Un’antitesi
al fanatismo utopico degli uomini politici esistenti non v’è: sono del tutto
assenti i “razionalisti” puri, i pragmatici che pensano con la propria testa o
condividono una linea politica solo se atta a trovare una soluzione “razionale”
e lontana dalle utopie ideologiche per i problemi concreti che sono sul
tappeto. E ciò è
dimostrato dal numero crescente degli astensionisti, dei delusi
dall’irrazionalità imperante in tutti i partiti dello schieramento italiano.
3) I
passi tracciati da Benito Mussolini sono ripercorsi fedelmente da Giorgia
Meloni. Come Benito Mussolini aveva capito che il suo nome e il suo cognome
erano troppo lunghi per essere sinteticamente espressi dai suoi seguaci in un
grido corale alto e robusto e osannante in modo deciso e cadenzato e si era
inventato il termine “duce”, così la Meloni vuole imporre ai suoi fan di urlare
all’unisono il nome: “Giorgia” e di votarla sulle schede elettorali segnando
solo il suo nome di battesimo. Ahi serva Italia, del grottesco ostello… 4)
Nell’ambito della filosofia idealistica, pochi sembrano avvedersiche di Platone la cultura italiana ha
accettato tutto il peggio (assolutismo categorico delle sue certezze
iperuraniche,autoritarismo non
dissociato da tracotante supponenza sul piano personale e nei rapporti con gli
altri, creazione di un’Accademia di “asini” costretti a giurare sempre in verba magistrie a non
avere un pensiero originale e diverso… e altre amenità su idee e realtà vere) e
non ha colto il suo unico pensiero sia pure solo parzialmente valido: il
cosiddetto “governo dei filosofi”, di gente cioè che è colta e sa. Perché solo
parzialmente valido? Perché si tratta pur sempre di un’idea da prendere con le
pinze. Essa è
valida quando afferma che un adeguato percorso di conoscenza (e quindi la
scienza) aiuti nella sua attività, chi è chiamato a governare. È inesatta
quando lascia intendere che la scienza porti sempre con sé la pratica del bene
(etica, voce della coscienza) e l’attuazione del buon gusto (estetica, senso
del bello).
Giosuè Carducci
Il mondo (ma non l’Italia di oggi) è stato ed è pieno di governanti
che “sanno”, come suol dirsi, “il fatto loro”, perché hanno studiato e
conoscono le regole del “buon governo” ma non mancano i disonesti, i
truffaldini, i guerrafondai, i predatori e gli individui spesso privi del
benché minimo buon gusto. Il problema italiano, invece, è moltopiù grave che altrove perché neppure la parte
valida dell’asserzione di Platone (scienza e conoscenza) è stata osservata da
un po’ di tempo a questa parte dal “popol morto” di carducciana memoria: che ha
scelto e continua a scegliere rappresentanti al Parlamento(dall’uno all’altro capo dello schieramento
in aula) e governanti tra uomini di pochi libri, di scarse frequentazioni
colte, di sproloqui senza fine con citazioni di pretesi Maestri fatte, quasi
sempre, deltutto a sproposito, di
coscienza non proprio adamantina e prevalentemente di gusto pessimo.