TACCUINI
di Angelo Gaccione
La via
più corta di Milano
La via
più lunga di Milano è la via Giuseppe Ripamonti. La via dedicata allo storico e
presbitero tanto apprezzato da Alessandro Manzoni: «Noi
crediamo far cosa opportuna traducendo quel poco dal bel latino di quello
scrittore poco conosciuto, e che meriterebbe certamente di esserlo più di tanti
altri...» (Alessandro Manzoni in Fermo e Lucia).
Del resto don Lisander gli doveva molto avendo attinto non poco da: La peste
di Milano del 1630. Ma qual è, invece, la via più corta? Ce n’è una? Di
sicuro non lo è quella dove abito io, la via Giancarlo Passeroni nel quartiere
di Porta Romana che di numeri civici ne ha appena tre. E non è nemmeno via
degli Omenoni, ancora più corta della mia e che di numeri civici ne ha solo
due. È corta ma è una via blasonata non solo perché c’è il celeberrimo palazzo
degli Omenoni, ma perché immette nella bella piazza Belgioioso dove c’è la casa
di Manzoni, ora Centro Studi di rilievo internazionale. La via più corta in
assoluto è la via privata Perugia, una “rientranza” della via Conservatorio in
un’area che comprende i nomi di musicisti come Mascagni, Donizetti, Bellini. In
pratica si tratta di un arco che immette in un breve viale privo di cortile stretto
fra due muri. Quel che si sente entrandovi sono i gorgheggi dei cantanti e le
note degli strumentisti del vicino Conservatorio. In verità, si fa notare molto
di più l’Istituto Vittoria Colonna, il singolare edificio neogotico del numero
4 che gli sta accanto, per la stazza soprattutto, e che i più confondono con
una chiesa.
Lodovico Belgiojoso
col figlio Alberico
Via Perugia cela un condominio importante – e che andrebbe
segnalato in una mappa doverosa e da approntare prima possibile – della Milano
antifascista medaglia d’oro della Resistenza. È qui, infatti, sopravvissuta miracolosamente
ai bombardamenti del 1943, la casa di Lodovico Barbiano di Belgiojoso,
l’architetto e designer antifascista deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, e dal quale altrettanto miracolosamente si salvò. Le bombe
anglo-americane avevano incendiato il Conservatorio, e la stessa sorte avrebbe
potuto toccare all’abitazione di “Lodo” che all’istituto musicale è quasi
attaccata. Non era andata altrettanto bene al suo amico Gian Luigi Banfi, uno
dei quattro architetti con cui Belgiojoso aveva intrapreso l’eccitante
avventura dello studio BBPR, lettere delle iniziali dei cognomi: Belgiojoso,
Banfi, Peressutti, Rogers.
Lodovico Belgiojoso col figlio Alberico |