Nessun
voto ai guerrafondai Lo scoppio di una guerra è
un fatto di gravità enorme: la forza politica che ne condivide l’avvio e la
prosecuzione avalla, con il suo consenso, la scomparsa violenta di vite umane,
il massacro feroce di gente inerme e indifesa, la distruzione d’intere città e
di fabbriche. Non si tratta di una misura amministrativa o economica che si
ritiene possa o non possa portare vantaggi alla collettività di cui i partiti
politici sono espressione. È ben altro. L’operato di chi sceglie la via bellica
è censurabile come crimine contro l’umanità non come un errore di circoscritta
portata collettiva, soltanto interna. Non v’è guerra, inoltre,
che non determini una forsennata propaganda da parte delle forze in conflitto
che pretendono sempre di essere considerate aggredite e costrette a difendersi
da un preteso aggressore. È così sin dalla notte dei tempi.
Marco Tarquinio
La verità non è mai
resa palese perché la storia la scrive sempre chi vince e rende indiscutibile
la sua versione di parte.
Per fermarci alle due
guerre in corso non sapremo mai se veramente è stata la Russia a volere
aggredire l’Ucraina per mire espansionistiche o se è stato Zelensky a non
applicare deliberatamente e protervamente le clausole di due trattati (detti di
Minsk) per la difesa delle minoranze filorusse e russofone nelle zone di
confine (come fecero Italia e Austria con gli accordi De Gasperi-Gruber) e a
ordinare ai battaglioni Azov (qualificati, persino dal mainstream della stampa ufficiale: neo nazisti) forme inumane
di repressione. Così come nulla sapremo delle motivazioni più vere, antiche e
profonde del conflitto giudaico-palestinese. La propaganda mira a fare
proseliti accaniti (quasi come avviene per le tifoserie del calcio: vi sono gli
ultras da collocare nelle curve e i tifosi compassati da
accogliere nelle tribune d’onore: gli uni e gli altri soggiacciono, felici di
farlo, a spinte emotive che, per loro natura, rifiutano il controllo della
ragione). Il mio discorso
sull’astensionismo come rifiuto di complicità e correità nei due massacri in
atto sul Pianeta merita un approfondimento per contrastare il bla bla bla sulla
doverosità del voto in luogo della sua natura di diritto di libertà. Cogliamone
i passaggi: 1) Si vota per i partiti
in lizza e in contesa per consentire loro la conquista del potere di
indirizzare, in futuro, gli eventi. Il consenso dato dall’elettore ha anche il
valore di un “premio” per quanto è stato fatto nei tempi precedenti
all’apertura delle urne. Chi è premiato, conseguentemente, è indotto dal voto
favorevole a perseverare nelle sue scelte; che sono anche quelle di avere inviato
armi distruttive che hanno prodotto numeri enormi di vittime. 2) Tutti i partiti
italiani, nessuno escluso a partire dalla coalizione di centro destra (al
governo del Paese) passando per il centro di Calenda e di Renzi, fino a
giungere alla sinistra di Schlein e di Conte (con insignificanti distinguo
enunciati solo per evidenti fini di propaganda elettorale) si sono
sostanzialmente dichiarati in forma ufficiale “fautori” di Zelensky nel conflitto
ucraino-russo e tiepidi censori delle azioni belliche di Israele. In altre
parole, tutti (diconsi: tutti) hanno scelto di non condannare la guerra come
mezzo di risoluzione di controversie internazionali. 3) Votare per l’uno o per
l’altro di essi è, in conseguenza di tale scelta, del tutto eguale sia pure sotto il solo profilo della continuazione
dei conflitti in atto e ai fini dell’ammissione dell’assoluta sterilità delle
geremiadi relative al perché non si raggiunge la pace. Si può convenire,
quindi, che sotto tale e altamente pregnante aspetto, il voto prossimo venturo
ha scarsissimo valore. A chiunque si dia il voto, si approva la sua condotta
sulla guerra e se ne condividono le motivazioni. 4) Domanda: Se si dà il proprio consenso a un partito che
oltre ad essere filostatunitense (o più ipocritamente filo atlantico) vota in
Parlamento per l’invio di armi di distruzione di tante vite umane non ci si
rende complici e correi di quei misfatti orrendi? 5) Risposta: L’uomo che nella sua natura privilegia le
emozioni rispetto alla ragione, che si dichiara orgogliosamente “passionale” e
che preferisce credere anzi che pensare, che giustifica le
tifoserie anche violente perché vive e appassionate… è certamente libero di
andare a votare per chi vuole e di avallare tutto ciò che vuole. Non può
convincere gi altri, però, che scegliendo tra i candidati in lizza quello che
dice di volere la pace possa in tal modo contribuire a elidere gli effetti
della scelta che il suo partito ha fatto optando invece per la guerra. 6) L’uomo di pensiero
libero, convinto che sia la mancanza di razionalità (cancellata da secoli di fideismi
e fanatismi acritici) a decretare inappellabilmente la fine di un Occidente che
dagli ultimi giornidella Seconda guerra
mondiale non fa che accendere focolai di guerra e distruzione, usando atomiche,
napalm, strumenti di tortura nuovi e terrifici… non può andare a votare e
prestare il suo consenso a una qualsiasi delle forze filo-belliche… (e,
purtroppo, lo sono tutte, nessuna esclusa almeno ufficialmente,che poi è ciò che veramente conta, a nulla
valendo le pie intenzioni di un singolo militante). 7) In conclusione: questa
volta il non voto ha una connotazione diversa da quella indicata nelle
giaculatorie democristiane e comuniste dell’immediato dopoguerra e nel
convincimento di chi stenta ad allontanarsi dai sentieri battuti dalla massa, è
Filosofica. È rifiuto di approvare l’operato di chi si è
espresso in favore della guerra e di chi, ciò facendo sia pure più velatamente,
ha comunque avallato l’invio di armi che hanno distrutto vite umane e intere
città. Et de hoc satis! *ex ministro per la
Funzione Pubblica, ex vicepresidente della Corte Costituzionale, scrittore.