Pagine

martedì 4 giugno 2024

ANCORA SULL’ASTENSIONISMO
di Luigi Mazzella* 



Nessun voto ai guerrafondai
 
Lo scoppio di una guerra è un fatto di gravità enorme: la forza politica che ne condivide l’avvio e la prosecuzione avalla, con il suo consenso, la scomparsa violenta di vite umane, il massacro feroce di gente inerme e indifesa, la distruzione d’intere città e di fabbriche. Non si tratta di una misura amministrativa o economica che si ritiene possa o non possa portare vantaggi alla collettività di cui i partiti politici sono espressione. È ben altro. L’operato di chi sceglie la via bellica è censurabile come crimine contro l’umanità non come un errore di circoscritta portata collettiva, soltanto interna.
Non v’è guerra, inoltre, che non determini una forsennata propaganda da parte delle forze in conflitto che pretendono sempre di essere considerate aggredite e costrette a difendersi da un preteso aggressore. È così sin dalla notte dei tempi. 


Marco Tarquinio

La verità non è mai resa palese perché la storia la scrive sempre chi vince e rende indiscutibile la sua versione di parte.

Per fermarci alle due guerre in corso non sapremo mai se veramente è stata la Russia a volere aggredire l’Ucraina per mire espansionistiche o se è stato Zelensky a non applicare deliberatamente e protervamente le clausole di due trattati (detti di Minsk) per la difesa delle minoranze filorusse e russofone nelle zone di confine (come fecero Italia e Austria con gli accordi De Gasperi-Gruber) e a ordinare ai battaglioni Azov (qualificati, persino dal mainstream della stampa ufficiale: neo nazisti) forme inumane di repressione. Così come nulla sapremo delle motivazioni più vere, antiche e profonde del conflitto giudaico-palestinese. La propaganda mira a fare proseliti accaniti (quasi come avviene per le tifoserie del calcio: vi sono gli ultras da collocare nelle curve e i tifosi compassati da accogliere nelle tribune d’onore: gli uni e gli altri soggiacciono, felici di farlo, a spinte emotive che, per loro natura, rifiutano il controllo della ragione).
Il mio discorso sull’astensionismo come rifiuto di complicità e correità nei due massacri in atto sul Pianeta merita un approfondimento per contrastare il bla bla bla sulla doverosità del voto in luogo della sua natura di diritto di libertà. Cogliamone i passaggi:
1) Si vota per i partiti in lizza e in contesa per consentire loro la conquista del potere di indirizzare, in futuro, gli eventi. Il consenso dato dall’elettore ha anche il valore di un “premio” per quanto è stato fatto nei tempi precedenti all’apertura delle urne. Chi è premiato, conseguentemente, è indotto dal voto favorevole a perseverare nelle sue scelte; che sono anche quelle di avere inviato armi distruttive che hanno prodotto numeri enormi di vittime.
2) Tutti i partiti italiani, nessuno escluso a partire dalla coalizione di centro destra (al governo del Paese) passando per il centro di Calenda e di Renzi, fino a giungere alla sinistra di Schlein e di Conte (con insignificanti distinguo enunciati solo per evidenti fini di propaganda elettorale) si sono sostanzialmente dichiarati in forma ufficiale “fautori” di Zelensky nel conflitto ucraino-russo e tiepidi censori delle azioni belliche di Israele. In altre parole, tutti (diconsi: tutti) hanno scelto di non condannare la guerra come mezzo di risoluzione di controversie internazionali.
3) Votare per l’uno o per l’altro di essi è, in conseguenza di tale scelta, del tutto eguale sia pure sotto il solo profilo della continuazione dei conflitti in atto e ai fini dell’ammissione dell’assoluta sterilità delle geremiadi relative al perché non si raggiunge la pace. Si può convenire, quindi, che sotto tale e altamente pregnante aspetto, il voto prossimo venturo ha scarsissimo valore. A chiunque si dia il voto, si approva la sua condotta sulla guerra e se ne condividono le motivazioni.
4) Domanda: Se si dà il proprio consenso a un partito che oltre ad essere filostatunitense (o più ipocritamente filo atlantico) vota in Parlamento per l’invio di armi di distruzione di tante vite umane non ci si rende complici e correi di quei misfatti orrendi?
5) Risposta: L’uomo che nella sua natura privilegia le emozioni rispetto alla ragione, che si dichiara orgogliosamente “passionale” e che preferisce credere anzi che pensare, che giustifica le tifoserie anche violente perché vive e appassionate… è certamente libero di andare a votare per chi vuole e di avallare tutto ciò che vuole. Non può convincere gi altri, però, che scegliendo tra i candidati in lizza quello che dice di volere la pace possa in tal modo contribuire a elidere gli effetti della scelta che il suo partito ha fatto optando invece per la guerra.
6) L’uomo di pensiero libero, convinto che sia la mancanza di razionalità (cancellata da secoli di fideismi e fanatismi acritici) a decretare inappellabilmente la fine di un Occidente che dagli ultimi giorni  della Seconda guerra mondiale non fa che accendere focolai di guerra e distruzione, usando atomiche, napalm, strumenti di tortura nuovi e terrifici… non può andare a votare e prestare il suo consenso a una qualsiasi delle forze filo-belliche… (e, purtroppo, lo sono tutte, nessuna esclusa almeno ufficialmente,  che poi è ciò che veramente conta, a nulla valendo le pie intenzioni di un singolo militante).
7) In conclusione: questa volta il non voto ha una connotazione diversa da quella indicata nelle giaculatorie democristiane e comuniste dell’immediato dopoguerra e nel convincimento di chi stenta ad allontanarsi dai sentieri battuti dalla massa, è Filosofica. È rifiuto di approvare l’operato di chi si è espresso in favore della guerra e di chi, ciò facendo sia pure più velatamente, ha comunque avallato l’invio di armi che hanno distrutto vite umane e intere città. Et de hoc satis!   
 
*ex ministro per la Funzione Pubblica, ex vicepresidente della Corte Costituzionale, scrittore.