Dopo l'attentato del Crocus city dello scorso marzo, la
Federazione russa è tornata a fare i conti con un attacco di matrice islamista,
avvenuto questa volta nella turbolenta regione caucasica del Daghestan.
L'attacco è avvenuto lo scorso 23 giugno contemporaneamente a Makachkala -
capitale della repubblica autonoma – e nella città di Derbent, a ridosso del
confine con l'Azerbaijan. A Derbent gli attentatori hanno attaccato una chiesa
mentre erano in corso le celebrazioni cristiano-ortodosse della Santissima
Trinità, aprendo il fuoco contro il custode e tagliando la gola al sacerdote
Nikolay Kotelinkov, presente all'interno della chiesa. Sempre a Derbent è stata
incendiata la sinagoga della città. A Makachkala sono stati attaccati un'altra
chiesa ortodossa ed un posto di blocco della polizia stradale. Negli attacchi
sono state ferite complessivamente 45 persone e ne sono state uccise 21, tra
civili ed appartenenti alle forze di sicurezza. Dopo essere stati uccisi,
alcuni membri dei gruppi che hanno condotto l'attacco si sono rilevati essere
parenti stretti di un burocrate locale, subito dimessosi dall'incarico dopo i
fatti. Gli attacchi in Daghestan hanno avuto luogo praticamente a distanza di
poche ore quello ucraino su Sebastopoli – Crimea – condotto con missili
statunitensi ATAMCS, attacco di cui hanno fatto le spese anche diversi civili
che si trovavano sulle spiagge della popolare meta turistica. L'attacco di
Makachkala e di Derbent segue di qualche giorno la rivolta avvenuta in una
prigione di Rostov sul Don in cui alcuni membri dell'ISIS detenuti sono
riusciti a prendere in ostaggio per qualche ora, fino all'irruzione delle forze
di sicurezza nel corso della quale tutti i membri dell'ISIS sono stati
neutralizzati: tutti - ad eccezione di uno, ferito – sono stati uccisi. Pur con
alcune differenze sul piano tecnico, gli attacchi avvenuti in Daghestan
sembrano essere stati mossi in buona misura dagli stessi presupposti di quelli
del Crocus city, perseguendo l'obiettivo di promuovere la discordia tra le
diverse etnie e le diverse confessioni della regione e della Federazione russa,
far percepire come vulnerabile ogni individuo e stimolare il malcontento nei
confronti della dirigenza locale e federale. Rispetto al problema della
radicalizzazione islamica il Daghestan si conferma una delle regioni più
complicate sia della Federazione russa che dell'intero spazio post-sovietico,
sia per le sue caratteristiche etniche e confessionali sia per la propria
posizione geografica, cruciale nelle rotte di trasporto terrestre che
connettono la Federazione russa con il Golfo persico.