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martedì 25 giugno 2024

CAMPI ELISI
di Gabriele Scaramuzza
 

 
Per Ferdinando Vidoni
  
È mancato ieri, 22 giugno 2024, a Buia - a dieci anni dalla scomparsa di sua moglie e mia sorella Mariarosa, ispanista - Ferdinando Vidoni. Nato a Bruxelles il 22 novembre del 1940, ha studiato in Friuli, ma si è poi laureato in Filosofia all’Università Cattolica di Milano. Non a caso il primo lavoro di cui mi ha fatto omaggio sono stati gli Scritti sull’educazione di Martin Lutero, da lui tradotti e curati per l’editrice Canova di Treviso nel 1972.
Attento e alacre studioso di filosofia, per decenni è stato attivo a Milano, come insegnante di Filosofia e Storia nei licei, in particolare nel liceo classico “Omero”, nella sede di Bruzzano, vicina a dove abitava. Nell’ambiente milanese ha tuttavia contato molto, ha anzi prodotto una vera svolta nel suo pensiero e nella sua vita, l’incontro con Ludovico Geymonat e i suoi allievi.
Dotato di rimarchevole buona volontà e di una grande capacità di lavoro culturale, si è impegnato in studi significativi, non di rado nuovi nel nostro panorama culturale. L’ambito dei suoi lavori è stato ben circoscritto: in modo coerente ha investito, con metodo e acribia, in particolare l’Ottocento tedesco, ma non in modo esclusivo: si è occupato di Positivismo, di Darwin e dell’evoluzionismo, del materialismo ottocentesco ed in infine, last but not least ha prodotto con intensa dedizione lavori e traduzioni di Karl Marx; il mondo marxiano è stato anzi al centro dei suoi interessi.
Con la presentazione di Ludovico Geymonat ha pubblicato in italiano Ignorabimus! Emil Du Bois Raymond; e lo ha poi tradotto in tedesco (con l’aiuto di un amico comune, Klaus Müller, e di Hans Jōrg Sandkühler); con Eleonora Fiorani ha scritto Il giovane Engels…. Non è possibile in questa sede citare i libri, saggi, articoli, traduzioni che ha prodotto.
Insieme abbiamo scritto, su suo invito, un articolo su arte e scienza. Gli sono poi grato della sua generosa recensione (apparsa su “Odissea”) di taluni miei scritti, soprattutto autobiografici, a partire da In fondo al giardino.
La mia lunga consuetudine con lui è durata più di cinquant’anni, ha coinvolto ovviamente i miei oltre che mia sorella; con lei è stato prodigo di aiuti anche sul piano del lavoro culturale. La sua vita non è stata semplice, la voglia di studiare, di far cultura, non gli è mancata mai, e a livelli alti. Spero gli sia rimasta riconoscenza anche per quanto possibile abbiamo saputo dargli.
Tutto questo ha avuto rilevanti risvolti affettivi, com’è naturale. 
La sua morte ci interroga e smuove memorie. Con essa si fa sempre più stretto il cerchio delle persone viventi a noi vicine.