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giovedì 27 giugno 2024

LIBRI
di Antonio De Santis
 

L’epistolario Pavese - De Martino
 
È uscita già da qualche mese questa terza edizione ampliata del saggio di Francesco De Napoli: La Collana Viola e l’Epistolario Pavese-De Martino, pubblicata nella Collezione Casinum del Centro Culturale Paideia in edizione numerata fuori commercio (Cassino, marzo 2024, pp. 24). Il pamphlet, già edito in Prima Edizione nel 2007, fu proposto e pubblicato sulla prestigiosa rivista Le Colline di Pavese (Anno XXXI, N. 117, Gennaio 2008) edito dal CEPAM, Centro Pavesiano e Museo casa natale di Santo Stefano Belbo, in occasione del Centenario della Nascita di Cesare Pavese. Seguì la Seconda Edizione, datata sempre 2008, nella medesima Collana Casinum. Ora l’autore potentino ma da anni trapiantato in Ciociaria, ha ritenuto opportuno riproporre il suo lavoro agli amici lettori.
L’argomento del succinto ma succoso e brillante saggio è la celebre Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici, meglio conosciuta come Collana Viola in virtù delle decorazioni di colore viola presenti sulle copertine di ciascun testo presente nella Collana. L’iniziativa partì nel 1948 e proseguì fino al 1956, per i tipi di Giulio Einaudi Editore di Torino, di cui era direttore editoriale Cesare Pavese. Successivamente ne acquisì i diritti, soprattutto in seguito alla scomparsa di Pavese, la Bollati Boringhieri sempre di Torino.
Una delle questioni sulle quali Francesco De Napoli ferma la sua attenzione riguarda la paternità dell’idea della Collana. Fino agli anni Sessanta si era creduto che l’idea di partenza fosse da attribuire a Pavese in quanto direttore dell’Einaudi e in considerazione del fatto che nel secondo volume delle Lettere di Pavese, edito a cura di Italo Calvino nel 1966, non c’è traccia di documenti che potrebbero testimoniare il contrario.  
Tuttavia lo studioso Pietro Angelini nel fondamentale volume La Collana Viola. Lettere Pavese-De Martino 1945-1950 (Boringhieri, Torino, 1991; seconda edizione, Torino 2022), fece notare come Calvino avesse dato alle stampe quel carteggio in maniera piuttosto affrettata e incompleta. Nello stesso tempo, Angelini sottolineò come già nel gennaio 1942 De Martino avesse inoltrato a Giulio Einaudi una lettera in cui gli proponeva la nascita di una collana di testi di “metapsichica”. A quella lettera rispose la Casa Editrice torinese con una missiva recante la sigla D.E. vale a dire Direzione Editoriale, ma in uno stile che tradiva la matrice “pavesiana” del messaggio. Fu così che i due - Pavese e De Martino - si incontrarono nella primavera del 1943 nella sede romana dell’Einaudi.
Altro argomento molto interessante approfondito da De Napoli è la “distanza” culturale e caratteriale che fin dall’inizio creò un solco tra Pavese e De Martino, per quanto entrambi sinceri e appassionati promotori della Collana Viola einaudiana, grazie alla quale furono pubblicate per la prima volta in Italia opere fondamentali di antropologia e di etnologia come L’io e l’inconscio di C.G. Jung, L’anima primitiva di L. Lévy-Bruhl, Le radici storiche dei racconti di fate di V.J. Propp, Il ramo d’oro: studio della magia e della religione di J. Frazer e tantissime altre.
Caratterialmente parlando, Pavese era uno stakanovista testardo, orgoglioso e idealista, mentre De Martino era un accorto opportunista che batteva continuamente a danari alle porte dell’Editore. I rapporti tra i due ben presto si deteriorarono, finché Pavese decise di porre fine alla sua solitudine e ad ogni altra immeritata incomprensione con il suicidio, la notte del 27 agosto 1950 in una camera dell’albergo Roma di Torino.