LIBRI
di
Antonio De Santis
L’epistolario Pavese - De Martino
È uscita già da qualche mese
questa terza edizione ampliata del saggio di Francesco
De Napoli: La Collana Viola e l’Epistolario Pavese-De Martino, pubblicata
nella Collezione Casinum del Centro Culturale Paideia in edizione
numerata fuori commercio (Cassino, marzo 2024, pp. 24). Il pamphlet, già
edito in Prima Edizione nel 2007, fu proposto e pubblicato sulla prestigiosa rivista
Le Colline di Pavese (Anno XXXI, N. 117, Gennaio 2008) edito dal CEPAM,
Centro Pavesiano e Museo casa natale di Santo Stefano Belbo, in occasione del
Centenario della Nascita di Cesare Pavese. Seguì la Seconda Edizione, datata
sempre 2008, nella medesima Collana Casinum. Ora l’autore potentino ma da
anni trapiantato in Ciociaria, ha ritenuto opportuno riproporre il suo lavoro
agli amici lettori.
L’argomento del succinto
ma succoso e brillante saggio è la celebre Collezione di studi religiosi,
etnologici e psicologici, meglio conosciuta come Collana Viola in
virtù delle decorazioni di colore viola presenti sulle copertine di ciascun testo
presente nella Collana. L’iniziativa partì nel 1948 e proseguì fino al 1956,
per i tipi di Giulio Einaudi Editore di Torino, di cui era direttore editoriale
Cesare Pavese. Successivamente ne acquisì i diritti, soprattutto in seguito
alla scomparsa di Pavese, la Bollati Boringhieri sempre di Torino.
Una delle questioni sulle
quali Francesco De Napoli ferma la sua attenzione riguarda la paternità
dell’idea della Collana. Fino agli anni Sessanta si era creduto che
l’idea di partenza fosse da attribuire a Pavese in quanto direttore
dell’Einaudi e in considerazione del fatto che nel secondo volume delle Lettere
di Pavese, edito a cura di Italo Calvino nel 1966, non c’è traccia di documenti
che potrebbero testimoniare il contrario.
Tuttavia lo studioso
Pietro Angelini nel fondamentale volume La Collana Viola. Lettere Pavese-De
Martino 1945-1950 (Boringhieri, Torino, 1991; seconda edizione, Torino
2022), fece notare come Calvino avesse dato alle stampe quel carteggio in
maniera piuttosto affrettata e incompleta. Nello stesso tempo, Angelini sottolineò
come già nel gennaio 1942 De Martino avesse inoltrato a Giulio Einaudi una
lettera in cui gli proponeva la nascita di una collana di testi di
“metapsichica”. A quella lettera rispose la Casa Editrice torinese con una missiva
recante la sigla D.E. vale a dire Direzione Editoriale, ma in uno
stile che tradiva la matrice “pavesiana” del messaggio. Fu così che i due -
Pavese e De Martino - si incontrarono nella primavera del 1943 nella sede
romana dell’Einaudi.
Altro argomento molto
interessante approfondito da De Napoli è la “distanza” culturale e caratteriale
che fin dall’inizio creò un solco tra Pavese e De Martino, per quanto entrambi sinceri
e appassionati promotori della Collana Viola einaudiana, grazie alla
quale furono pubblicate per la prima volta in Italia opere fondamentali di
antropologia e di etnologia come L’io e l’inconscio di C.G. Jung, L’anima
primitiva di L. Lévy-Bruhl, Le radici storiche dei racconti di fate di
V.J. Propp, Il ramo d’oro: studio della magia e della religione di J.
Frazer e tantissime altre.
Caratterialmente parlando,
Pavese era uno stakanovista testardo, orgoglioso e idealista, mentre De
Martino era un accorto opportunista che batteva continuamente a danari alle
porte dell’Editore. I rapporti tra i due ben presto si deteriorarono, finché
Pavese decise di porre fine alla sua solitudine e ad ogni altra immeritata incomprensione
con il suicidio, la notte del 27 agosto 1950 in una camera dell’albergo Roma
di Torino.