L’Antologia è ben curata e introdotta da Allegrini e Luigi M. Reale
e presenta pure importanti pagine di Annalisa Saccà. L’opera è dedicata al nipote:
“a Lorenzo, comunicare con gli Altri è conoscere se stessi”. Attraverso queste
poesie Curto ci fa ampiamente conoscere chi è il poeta, come è vissuto e vive
il tempo presente, e, ce lo dice con un dettato poetico che nel corso del tempo
si è andato sempre più evolvendo verso forme e espressioni poetiche
meravigliose, e a tal proposito subito faccio seguire le citazioni dei versi
seguenti: “C’è di tutto oggi nei supermercati / puoi comprare la vita e la
morte: / quando esci ti porti via il mondo. / Quello che non ti serve è l’abbondanza
/ tra tutto è la felicità che manca” (p. 34): “Vorrei una volta morto / dentro
un bel fuoco esser bruciato / nascosto a vento di Mucone / in un buco della
Torre antica”; e quel vento natio eccolo ancora che riappare in questi altri
versi composti in mirabile dialetto acrese: “na fressura e pateati fritti a
sira prima e ti curcheari / per t’arriggetteari u stomacu e pe ti riposeari
d’ossa, / Muzzica lu vientu e Muccunu cumu nu cheanu arraggieatu / E pe un mi
feari arrobbeari u suonnu mi stringiu alla cuscinu” / Una padella di patte
fritte della sera prima di andare a letto, / per calmare lo stomaco e per
riposare le ossa, / Morde il vento del Mucone come un cane idrofobo / E, per
non farmi rubare il sonno, mi stringo al cuscino” (p.182). Curto costruisce
sapientemente i suoi versi e vi sa depositare, ricorrendo a vari ritmi, metri, atmosfere,
immagini, paragoni, similitudini, le sue emozioni, le sue idee, il suo vivere
giorno per giorno e lo fa con la massima naturalezza. Perciò la sua poesia si impone
sulle altre che gremiscono il nostro parnaso contemporaneo. Curto affida ai
suoi ben incisivi e creativi versi i suoi sentimenti, i suoi sdegni, le sue
radici, origini e perciò è presente anche il suo caro ed espressivo dialetto di
cui, per esempio, si serve per esprimere la passione ardente e infuocata
dell’amore: “U fierru va vatttutu quannu è cavudu / ca quannu si difridda un si
fatiga / L’amuru tua è cumu na vampeata / Ca mi vruscia lu coru e si stuta sudu
/ Quannu intra si vrazzi tua iu pu ci muoru”. “Il ferro va lavorato quando è
caldo / Perché quando si raffredda non si modella / Il tuo amore è come un
grande incendio / Che mi brucia il cuore e si spegne solo/ quando sto tra le
tue braccia e volo”. (pp. 184-185) E sempre con la forza incisiva ed espressiva
del dialetto viene presentato così il padre: “Patrima era ciuotu e zappaturu, /
peacia all’anima sua duvu si trova, / ha jetteatu ‘u sangu ppe’ ssu futuru /
senza vidari ‘u meari o ‘na cosa nova”. Mio padre era ignorante e zappatore, /
pace all’anima sua dove si trova adesso / ha buttato il sangue per il mio
futuro / Senza aver mai visto il mare o una cosa nuova” (pp. 178-179). Di Curto
sono state date varie definizioni ma tutte quante - a mio modesto avviso -
limitative, anche se colgono poi alcuni aspetti della poesia originalissima di
Curto. Secondo me Curto è poeta e basta, colui che sa usare o meglio sa
imprimere vari andamenti, forme, contenuti, significati alla sua poesia che
rispecchia totalmente la sua vita passata e presente. In sostanza Curto si
serve di una chiara e non cervellotica o criptica poesia per darci la
testimonianza del suo tempo e la sua presenza nel mondo, per farsi conoscere ed
arrivare a tutti, e a chi dovesse leggerlo, dandoci un canto, una poesia che è
solo sua e che non ha alcun riscontro nella poesia odierna. Che sia così è
ancora confermato da altri versi che trovo nella sua antologia: “Mi hanno
rubato con l’inganno / i sogni per svenderli al mercato/ al primo passante del
mattino / Ora danzano sulla bocca di tanti / e sono lo zimbello le mie poesie.”
(p. 162); Ad occhi chiusi/ scompari dalla scena/ e non sei più nessuno”. Un
poeta vibrante, di schiena dritta che dà solo ascolto al suo cuore, non appartenete
a nessuna cordata critica o editoriale, Curto è poeta libero e perciò
autentico, ben degno di essere letto e meditato, e sono sicuro che piacerà ai
giovani in quanto egli nelle sue poesie dice una parola valida per tutti: “Ti
lascio Lorenzo un sacco di parole / E una montagna di sogni da realizzare / Ti
lascio una terra, l’unica / Stanca di essere sfruttata / Ti lascio però le nuvole
e miliardi di stelle/ la compagnia sincera di un albero / E tutte le albe e i
tramonti (…) Ti lascio con quel segno di contatto / Che oggi il virus ci ha
negato / ci toccheremo ancora con l’abbraccio / E saranno baci caldi e carezze infinite / A
colmare distanze e a far sbocciare il
sorriso / Ti lascio un sacco pesante di
parole / E una vita da costruire con i tuoi sogni / Ti lascio questi versi
sfusi impastati / col vento e il lievito della speranza per il futuro”
(pp.137-138). Ormai è da vari anni che
leggo i versi-vita di Curto e mi pare di poter dire che il poeta calabrese ma
perugino adottivo per motivi di lavoro è uno tra i più dotati e sostanziosi
(nel senso che veramente ha qualcosa da dire) rispetto a tanti altri autori e
poeti del nostro tempo: Curto non gioca con le parole, le impegna a dire vere
emozioni e nel mettere a fuoco tutto quanto l’ardore umano e ideologico di
questo poeta che in alcuni versi, che sto per citare, afferma decisamente: “
quanto il mondo finisce / dentro un vicolo cieco/ e la tua vita insulsa / è
diventata una discarica/ quando il sogno più bello / è finito al mattino /
prendi il tuo bagaglio e parti, / Ho solo sfiorato la vita/ navigando tra marosi,/
Nella bufera ha perso il sogno:/ sarà adagiato tra i fondali cupi, / cancella
questa pena / col tuo sorriso e passa / col tuo sereno dentro i miei occhi,/
S’acquieta la bufera/ che ora mi dilania dentro”. (Non vedrà il tramonto questo
giorno).
Francesco
Curto Suoni
diversi Antologia
a cura di Sandro Allegrini Introduzione
di Luigi M. Reale Morlacchi
Editore, Perugia 2023 Pagine
195 € 15,00.