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lunedì 22 luglio 2024

BUTTARELLI, ARIOSTO E LA PACE
di Tania Di Malta

Il maestro Buttarelli
nel suo laboratorio

Si è conclusa la mostra di Brunivo Buttarelli a Palazzo Bargello di Pennabilli (8 giugno - 14 luglio 2024) a cura di Ass. culturale Pennabilli Antiquariato e Ass. culturale Ultimo Punto.
 
Tredici opere realizzate in un percorso che si traduce in una narrazione metaforica ispirata all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Attraverso la reinterpretazione del capolavoro letterario, Buttarelli ci accompagna in un immaginario viaggio di Astolfo a cavallo del suo ippogrifo, per recuperare il senno perduto di Orlando. Lo fa con il recupero di materiali di scarto, a cui conferisce funzionalità, forma e senso dell’arte nella sua espressione più alta e contemporaneamente, lancia un monito, prima di un’irreparabile catastrofe.

Gli armigeri

Scrive Buttarelli: “L’idea quasi ossessiva di recuperare materiali e oggetti buttati con noncuranza dall'uomo nell’ambiente, perché considerati ormai inutili e morti, riportarli attraverso il mio lavoro a nuova vita, come in resurrezione è la mia presuntuosa sfida. Una operazione che mi ha portato ad associare cromaticamente materiali in sculture dove il colore blu era stato fino a quel momento, senza una ragione precisa, quasi del tutto assente. L’idea di inserire questo colore nella mia ricerca operativa in maniera finalmente più copioso, è nata dalla notizia trasmessa alcuni tempi fa dai media, che annunciavano il rischio di collisione di una navicella spaziale in rientro, con un oggetto tra i tanti vagante in orbita terrestre. In quel momento la mia mente ha cominciato a viaggiare e la libera immaginazione mi ha portato a volare alto nel cielo, in infiniti e variegati sfondi blu. Da un piacevole dialogo in un primo incontro con Tania Di Malta e in seguito anche col prof. Giuseppe Langella, deriva il suggerimento di rivolgermi alla letteratura e, più precisamente, all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Nasce così l’opportunità di far germogliare un nuovo ramo al mio albero creativo rivolto alla letteratura, portandomi a rileggere questo poema, apprezzandone fortemente la dinamicità e la ricchezza dei personaggi. Ed è per questo che, tra il trovarmi con la fantasia a volare libero in orbita terrestre, circondato da silenti frammenti metallici abbandonati, e immaginarmi a cavalcare come un novello Astolfo il furente ippogrifo, il passo è stato breve.

L'artista
 
Volteggiare leggero a briglie sciolte, a cavallo di questo strano destriero, scendere e salire zigzagando incuriosito su paesi e città, mi ricorda più che mai un agire che oggi definiremmo globalizzante”. Planando sulla lucente e metallica luna, come l’Ariosto la descrive, sapendola oggi ormai raggiunta, meta e base di grandiosi programmi futuri, immaginarla ancora solcata da valloni colmi non più di ampolle di vetro ma di oggetti e residui metallici abbandonati, nelle cavità dei quali si incuneano ancora i senni degli uomini. L’Ariosto descrive come l’Arcangelo Michele scovi e scacci, furiosamente, a terra la Discordia, obbligandola a compiere il suo fato e raggiungere, il campo saraceno. Ancora oggi serpeggia come sempre, ambiguamente in ogni luogo tra le genti. E in fine conclude il suo poema col duello tra il saraceno Rodomonte e il cristiano Ruggero con la vittoria di quest'ultimo. Conclusione questa troppo vicina alla visione di quel tempo, che rappresenta oggi, forse, l’unica differenza non proponibile nell’odierna contemporaneità. Nel pressante ed incalzante clima che attualmente ci circonda, è impossibile pensare ad una simile conclusione. Ho realizzato quindi due armigeri, entrambi alti e solenni, spalla contro spalla, testa reclinata in avanti per sottolineare un duello senza azione, silente e interiore. Due armigeri distinti da diversi simboli di appartenenza, evidenziati da parti di armature medioevali assemblate a corpetti ed elementi ortopedici d'oggi, intesi come impietose, vuote, armature contemporanee. Non cambia mai nulla, il tempo passa e si perpetua, il dopo assomiglia sempre più al prima, sempre in equilibrio sul filo del rasoio, col serio rischio di scoprirsi al “limite”, in un punto di non ritorno, superato il quale ci si potrebbe trovare in un allarmante “The day After” e oltre ancora il profilarsi immaginario di forme aliene, visioni fantastiche di un eventuale “vita oltre” e l’impossibile esistenza di una nuova umanità”.

 
L'ingresso del Bargello
 
Tredici opere dunque, proposte in sequenza come se fossero dei fotogrammi, dove si intuisce quello che non tutti sanno, cioè la grande esperienza dell’ artista nel campo del restauro e della scenografia. Sono queste esperienze passate le fondamenta che, unitamente al genio ideativo, gli permettono di interpretare così felicemente l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Brunivo Buttarelli, definito l’ultimo trasformatore dei mondi, in riferimento a: Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi, Italo Calvino, da Le città invisibili, ci porta fino ai confini di Utopia, in un immaginario viaggio di Astolfo, per recuperare il senno perduto di Orlando in quella metallica luna, dove si accatasta tutto ciò che l’uomo, incautamente, butta via. L’Ariosto diceva che l’unica cosa che non abbonda sulla luna è la pazzia, perché quella rimane tutta sulla terra. Anche Brunivo ci suggerisce la totale perdita della ragione nell’agire dell’uomo contemporaneo, recuperando in diverse delle tredici opere lampi di ironia, dove anche La discordia viene immaginata un po’ donna, un po’ sirena e un po’ pavone, in un sapiente groviglio di acciaio. Ed è in questo mondo ribaltato che va letta l’intera opera, dove le cose giuste vengono buttate per l’incapacità di dare loro significato, mentre a terra rimane il non senso, le cose fine a se stesse, tutto il corollario della superbia umana; non più nel terreno della narrazione eroica, quindi, ma nella prospettiva rovesciata che l’Ariosto stesso dava, quando diceva, di nuovo col sorriso a fior di labbra, che nel poema, l’unico fornito di giudizio fosse il cavallo. Eppure Brunivo cerca e trova ancora una volta lo stretto legame fra trasformazione e utopia, dove la metamorfosi tende verso la rinascita, pur nello spazio angusto in cui ormai l’uomo è prigioniero, seppellito dagli oggetti che lo inseguono fino alla luna. Ed è nella vocazione di trasformazione e rinascita che si arricchisce di significati la mostra a Palazzo Bargello di Pennabilli.

Veduta del borgo di Pennabilli
 
Un luogo di dolore, che nei secoli passati fu un carcere, che ha nelle sue pareti segni e testimonianze dei condannati. Le voci popolari di generazione in generazione, narrano come anticamente davanti al Bargello ci fosse sempre una testa mozzata, come atto intimidatorio per la popolazione. Segnale estremo di potere e ammonimento. Ma il Bargello come luogo espositivo ha un valore aggiunto, un elemento commovente e bello che suggella lo stretto legame dell’arte all’alternanza fra vita-morte, rinascita-resurrezione: i due busti ortopedici, fulcro della struttura degli armigeri, sono stati donati da Manuela, una madre di Pennabilli, in ricordo di Francesco, il figlio conosciuto e amato da tutta la cittadinanza e morto prematuramente, dopo una lunga malattia. La complessità e gli interrogativi etico-filosofici, che lancia Lucente luna d’acciaio per senni ed oggetti perduti, fanno di questa mostra, un potente catalizzatore per tutte le sfide che ci impone questo secolo: la coscienza umana che riaffiora fra arte, letteratura, poesia e filosofia.