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martedì 23 luglio 2024

SCONFINAMENTI
di Angelo Gaccione


Carlo Cassola

Le terre lontane di Cassola
 
O
ttimo lavoro questo su Carlo Cassola messo assieme da un robusto gruppo di ammiratori ed estimatori dello scrittore romano, ma come ha sempre egli stesso rivendicato, toscano di adozione. Questo prezioso volume dal titolo Sconfinamenti. Le terre lontane di Cassola (Effigi edizioni pagine 208) è una miniera preziosa. Curato da Alba Andreini (di Alba Andreini è anche il ponderoso Meridiano Mondadoriano) annovera diversi contributi: Mimma Carratù che firma l’introduzione, Stefano Montefiori che ci informa sui rapporti fra Cassola e la Francia, Leonardo Vilei che ci documenta sulle traduzioni in lingua spagnola de La ragazza di Bube e su questo romanzo fissa l’attenzione anche Manuel Carbonell Florenza, mentre la stessa Andreini firma un contributo dando ragione dei materiali contenuti e della “indiscutibile popolarità mondiale di Cassola”. Per i materiali si è attinto all’Archivio personale di Cassola, di Barbara e Valeria Cassola, del Centro Fortini, della Fondazione Mondadori e della vedova Pola Natali. Sono stati, altresì, necessari ben venti traduttori perché le lingue in cui le opere di Cassola sono state tradotte sono davvero tante. Ma di cosa si compone esattamente questo volume? 


La copertina del volume

Si va dalla riproduzione delle copertine dei libri cari a Cassola e che lo hanno influenzato nel suo itinerario artistico e nella sua poetica: da Lawrence a Thomas Hardy, da Joyce a Tolstòj a Flaubert… alle copertine dei libri di autori stranieri di cui ha scritto l’introduzione. Sono presenti molte fotografie che lo ritraggono all’estero e in Italia, articoli di giornali stranieri (recensioni e interviste, soprattutto), copertine dei suoi libri pubblicati nei vari paesi del mondo e nelle varie lingue: giapponese, coreana, vietnamita, francese, inglese, croata, greca, spagnola, portoghese, russa, bulgara, tedesca, bosniaca, cinese, svedese, finlandese… che danno la misura della notorietà e dell’apprezzamento di questo singolare autore italiano il cui percorso è stato tanto più solitario quanto più personale. Sono riportate anche alcuni fogli manoscritti su cui Cassola annotava le traduzioni dei suoi libri nei vari paesi e il quaderno dalla copertina rossa dove registrava in ordine cronologico e progressivo tali traduzioni con accanto le lingue. 


Cassola con Claudia Cardinale

Appare singolare questa rigorosa registrazione e la conservazione dei ritagli dei giornali, perché da un certo punto in poi Cassola tentava di eliminare e aveva dato ordine alla signora che si prendeva cura della casa di buttare tutto ciò che lui lasciava cadere a terra. Ne fece le spese anche un dattiloscritto che a terra c’era finito in maniera involontaria. Diverse le lettere dei suoi traduttori stranieri e quelle dell’editore Giulio Einaudi, ma anche alcune arrivate dai responsabili delle varie case editrici italiane e delle Collane come quelle del poeta Vittorio Sereni, di Giansiro Ferrata, di Marco Forti, di Evaldo Violo. Ne esce un ritratto profondo, dell’uomo e dello scrittore, e quasi tutti i critici e i giornali stranieri ne sottolineano il carattere serio, gentile, misurato, lontanissimo dall’esibizionismo e dall’impetuosità italiana. Un carattere quasi nordico. E, per contro, un autore che pur non riconoscendosi in alcuna definizione e linea letteraria, viene percepito come un precursore della poetica dello sguardo, del Nouveau roman italiano, antiretorico, cantore dell’esistenza e della vita di personaggi comuni, e addirittura, in anni molto più tardi, come antesignano dei minimalisti. 



Scrive di lui James Ramoni: “(…) egli descrive lo spessore di un’esistenza riportandone lentamente, con una fedeltà scrupolosa, i mille e un momento di cui tale vita è intessuta. Nessuna concessione alla letteratura. Certi capitoli non sono che dialoghi in cui è inutile cercare la benché minima belluria stilistica. Vi è un costante obiettivo di realtà…”. E Joseph Bertrand: “(…) ciò che si apprezza di più è il pudore dello scrittore […] Se Carlo Cassola ci commuove, è grazie a questo dono di riservatezza, di allusione, che accenna un’ombra di tragedia sull’apparente banalità del quotidiano fatto romanzo”. Alieno al romanzesco e sempre attento a non concedere nulla all’intellettualismo, in favore di una più profonda ed umana verità, Franco Fortini gli riconosce, invece, “la più sottile e furiosa formazione intellettuale che si possa incontrare in Italia”. Sugli aspetti esistenziali aveva invece insistito il poeta Mario Luzi: “Il meglio di Cassola si ha quando il respiro e il flusso esistenziali passano all’interno dei suoi personaggi, identificandosi con la loro umile consapevolezza umana e con il loro destino”; personaggi umili, si è detto, spesso dimessi che “misurano gli acquisti e le perdite della loro vita sul metro della vita stessa, così come è stata e sarà per tutti, così com’è in se stessa”, secondo l’acuta e puntuale osservazione di Luzi. 



Di lettere autografe di Cassola ce n’è solo una, quella riprodotta a pagina 43. È indirizzata all’amico Franco Fortini, è datata 20 febbraio (1956) ed è stata spedita da Grosseto dove allora abitava. Di sicuro recuperata presso il Centro Fortini. In quella stessa pagina un curioso disegno a penna di Fortini del 1955 che ha ritratto l’amico Cassola mentre dorme. Ma torniamo alla lettera perché vale la pena riportarne qualche stralcio: “(…) Ma intanto non posso fare a meno di scriverti per esprimerti la mia (la nostra) gioia per quanto sta avvenendo al congresso del PCUS. Le aperte critiche a Stalin, al culto della personalità, al conformismo soffocante, alla mancanza di democrazia, alle falsificazioni storiche ecc. Ti saresti aspettato niente di meglio?”. Come il piccolo gruppo di letterati ed intellettuali di sinistra nemici delle dittature e del militarismo comunista, Cassola e Fortini guardavano con speranza ai mutamenti che avrebbero potuto verificarsi in Unione Sovietica. Ne rimarranno presto delusi: pochi mesi dopo quello stesso anno, il 23 ottobre, i carri armati sovietici invaderanno l’Ungheria schiacciando nel sangue il tentativo di riforme e di cambiamento.