Non c’è
animale più fiero e nobile del cavallo; non c’è un corpo più perfetto, armonico
e possente del suo e non è un caso se gli artisti – e gli scultori in
particolare – ne hanno celebrato la figura sin dai tempi più lontani e lo hanno
immortalato con tele e sculture in veri e propri capolavori. Nei monumenti
sparsi nelle varie piazze del mondo, è sempre lui a trionfare: in fascino, in
splendore, in impeto. I cavalieri che lo montano, siano essi imperatori, re,
principi o generali, non possono competere con la sua maestà. Lo stesso
Napoleone Bonaparte, quello che Jacques-Louis David ha dipinto nel ritratto
equestre ai primi dell’Ottocento e che conosciamo sotto il doppio titolo: “Bonaparte valica il Gran San Bernardo” e “Bonaparte
valica le Alpi”, senza quel meraviglioso cavallo impennato sarebbe misera cosa:
un nano sovrastato dalle cime alpine.
Il cavallo è anche un animale
estremamente affettuoso e buono, dotato di sensibilità e di intelligenza
sopraffine. È anche molto empatico, si affeziona e soffre alla stregua di un
essere umano degno di questo nome. I suoi occhi possono diventare teneri e miti
come quelli di un bove, davanti a colui che è disposto a dargli l’affetto che
merita, davanti alla carezza generosa del padrone. Io ne ho una stima
sconfinata e ho preso sempre le sue difese; ho parteggiato per i cavalli contro i macellai che li hanno condotti in guerra; ho trepidato per la loro incolumità, per il terrore incomprensibile a cui li hanno costretti, per la
fatica disumana a cui sono stati e vengono sottoposti. Nei duelli fra cavalieri ho
parteggiato per i cavalli contro i cavalieri, per lui e per il toro contro i
toreri, per la caduta rovinosa dei fantini e per la loro incolumità. Non ho mai
voluto assistere a quella barbarie che considero il Palio di Siena, e tutte le
volte mi auguro che i fantini vengano disarcionati già all’avvio della corsa, prima
del primo colpo di nerbo. Che nessun cavallo corra il giro della piazza, non vi
sia cavallo scosso, e dunque, premio di contrada.
A questo splendido
essere Giorgia Gambini, scienziata di rara sensibilità, dedica un intero volume
(Il campo di connessione, Effigi 2024 pagine 384). Un viaggio affascinante, interno
ed esteriore, per generare un campo di connessione, per l’appunto, in cui sensazioni
empatiche e rigore scientifico possano fondersi in un armonioso connubio. E chi
più di una creatura come il cavallo poteva esserne il protagonista? Giorgia
porta la sua esperienza, il suo legame antico; io da semplice scrittore posso
cogliere solo il sentimento profondo che lo ha pervaso, l’umanità.