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venerdì 12 luglio 2024

TACCUINI
di Angelo Gaccione 

 
 
Cortili a cannocchiale
 
Non so se ci sono altre città italiane che hanno i cortili tipici delle case di ringhiera di Milano, come quelle presenti al quartiere Ticinese, in viale Bligny, in via Col di Lana, in viale Sabotino, in corso San Gottardo, e nelle altre zone popolari della città. Ne conosco parecchi di questi cortili e ne ho visitati molti. Ne faccio cenno anche in qualche racconto e li indico come a me sono stati indicati: a cannocchiale, cioè uno dentro l’altro. Conosco bene quelli del cosiddetto Quinto Cortile (che di cortili ne ha ben cinque, e si estendono per un lungo tragitto); vi ho spesso letto versi assieme ad altri amici poeti, vi ho ascoltato musica, seguito incontri letterari di varia natura, oltre che esposizioni di arte.



Alcuni, entrandovi dal portone principale di una via, finiscono per sbucare, sempre attraverso un altro portone, su una via diversa. Per esempio, quello in cui abita lo scrittore Luca Marchesini di corso San Gottardo numero 26, immette sul Naviglio in via Ascanio Sforza numero 29. Ignoravo, invece, quello del numero 15 del corso San Gottardo; me lo ha fatto scoprire Lorenza Bussolati in compagnia della quale ho girovagato per il quartiere dove vive da molti anni e la cui abitazione dista pochi minuti dal corso. Dopo averlo esplorato in ogni anfratto ci ha immessi sulla via Pietro Custodi, la via del negozio dei fiori di carta (unico nel suo genere) della signora Franca Zodo di origini friulane, e le ceramiche del marito, ceramista e giornalista per oltre 25 anni al Corriere della Sera, Siro Marziali. 



In una Milano sempre più multietnica e sempre meno di milanesi autoctoni, Marziali può vantare una milanesità di sei generazioni. Un suo antenato, presidente dei commercianti di Milano, è stato fra i benefattori dell’ospedale Policlinico. Via Pietro Custodi è stata la via del pittore Salvatore Carbone scomparso prematuramente, ed è tuttora la via con lo studio dell’artista e scrittore Vincenzo Pezzella, della sua Associazione “Dedalus”, della omonima casa editrice e del Centro Studi duchampiano; ma anche del suggestivo deposito dell’Azienda Trasporti Milanesi, la società del trasposto pubblico della città metropolitana, costruito negli anni Venti. Un tempo vi ferveva la vita di una Milano popolare, operaia, e soprattutto artigiana, fatta di vinai, di trattorie a buon mercato, di formagiatt, di rigattieri, di riparatori di biciclette, di magazzini e depositi per ogni tipo di merci. Questi doppi ingressi pare fossero anche una preziosa via di fuga per gli esponenti di quella mala, non ancora degenerata nella feroce e spietata criminalità che abbiamo conosciuto in seguito.



Ora le case di ringhiera hanno cambiato aspetto. I piani superiori sono stati ristrutturati e spesso sono dotati di ascensori. Al piano terra, invece, i cortili sono diventati prestigiosi atelier di moda, laboratori, studi cinematografici, di architettura, attrezzatissimi centri di ricambi per elettrodomestici, computeristica, e quant’altro attiene ad attività legate alla contemporaneità. Segno dei tempi che mutano.