Cortili
a cannocchiale Non
so se ci sono altre città italiane che hanno i cortili tipici delle case di
ringhiera di Milano, come quelle presenti al quartiere Ticinese, in viale
Bligny, in via Col di Lana, in viale Sabotino, in corso San Gottardo, e nelle
altre zone popolari della città. Ne conosco parecchi di questi cortili e ne ho
visitati molti. Ne faccio cenno anche in qualche racconto e li indico come a me
sono stati indicati: a cannocchiale, cioè uno dentro l’altro. Conosco
bene quelli del cosiddetto Quinto Cortile (che di cortili ne ha ben cinque, e
si estendono per un lungo tragitto); vi ho spesso letto versi assieme ad altri
amici poeti, vi ho ascoltato musica, seguito incontri letterari di varia
natura, oltre che esposizioni di arte.
Alcuni, entrandovi dal portone
principale di una via, finiscono per sbucare, sempre attraverso un altro
portone, su una via diversa. Per esempio, quello in cui abita lo scrittore Luca
Marchesini di corso San Gottardo numero 26, immette sul Naviglio in via Ascanio
Sforza numero 29. Ignoravo, invece, quello del numero 15 del corso San
Gottardo; me lo ha fatto scoprire Lorenza Bussolati in compagnia della quale ho
girovagato per il quartiere dove vive da molti anni e la cui abitazione dista
pochi minuti dal corso. Dopo averlo esplorato in ogni anfratto ci ha immessi
sulla via Pietro Custodi, la via del negozio dei fiori di carta (unico nel suo
genere) della signora Franca Zodo di origini friulane, e le ceramiche del
marito, ceramista e giornalista per oltre 25 anni al Corriere della Sera, Siro
Marziali.
In una Milano sempre più multietnica e sempre meno di milanesi
autoctoni, Marziali può vantare una milanesità di sei generazioni. Un suo
antenato, presidente dei commercianti di Milano, è stato fra i benefattori
dell’ospedale Policlinico. Via Pietro Custodi è stata la via del pittore Salvatore
Carbone scomparso prematuramente, ed è tuttora la via con lo studio dell’artista
e scrittore Vincenzo Pezzella, della sua Associazione “Dedalus”, della omonima
casa editrice e del Centro Studi duchampiano; ma anche del suggestivo deposito
dell’Azienda Trasporti Milanesi, la società del trasposto pubblico della città
metropolitana, costruito negli anni Venti. Un tempo vi ferveva la vita di una
Milano popolare, operaia, e soprattutto artigiana, fatta di vinai, di trattorie
a buon mercato, di formagiatt, di rigattieri, di riparatori di
biciclette, di magazzini e depositi per ogni tipo di merci. Questi doppi
ingressi pare fossero anche una preziosa via di fuga per gli esponenti di
quella mala,non ancora degenerata nella feroce e spietata
criminalità che abbiamo conosciuto in seguito.
Ora
le case di ringhiera hanno cambiato aspetto. I piani superiori sono stati
ristrutturati e spesso sono dotati di ascensori. Al piano terra, invece, i
cortili sono diventati prestigiosi atelier di moda, laboratori, studi
cinematografici, di architettura, attrezzatissimi centri di ricambi per
elettrodomestici, computeristica, e quant’altro attiene ad attività legate alla
contemporaneità. Segno dei tempi che mutano.