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martedì 2 luglio 2024

 TACCUINI
di Angelo Gaccione


 
La via Cino del Duca, il Palazzo Bolagnos e Berchet
 
La via Cino Del Duca è lunga appena 135 dei miei passi; passi, non falcate da atleta. Eppure, in questi 135 passi si concentrano tre abitazioni di valore storico enorme. La più imponente, per estensione (ben 15 sono le finestre che si susseguono per l’intera facciata), è il palazzo Bolagnos appartenuto al conte Giuseppe di origini spagnole, come chiaramente si evince dal suo cognome. La facciata si presenta con stile tardo barocco e pare che non abbia subito particolari alterazioni nel corso della sua esistenza, malgrado non fosse stato risparmiato dalle bombe del 1943. A me è stato permesso di entrare solo nella corte, ma chi c’è stato riferisce di vere e proprie mirabilie. Nonostante i vari passaggi di casate, il palazzo è conosciuto ai più come palazzo Visconti. Un Visconti lo aveva acquistato, infatti, nel 1840, e precisamente il duca Uberto Visconti di Modrone di Grazzano. È a lui che è dedicata la via che al palazzo sta quasi alle spalle. Si trova al numero 8 della via Cino Del Duca, ed è curioso non solo il nomignolo Cino (in realtà il nome di questo imprenditore, editore e produttore cinematografico era Pacifico), ma anche la presenza della parola Duca nel cognome. Un duca vero acquisterà un palazzo e a un Del Duca verrà dedicata la via. In questo palazzo e in questo numero civico nascerà il futuro regista Luchino Visconti, il 2 novembre del 1906, ed è in questo palazzo nelle cui sale si fa musica (lo frequenteranno attori, scrittori, musicisti, fra cui Toscanini e Puccini) e dove esiste un vero e proprio teatro, che Luchino impara i primi rudimenti di teatro e a suonare il violino. Se siete ancora convinti che la classe sociale e le relazioni intellettuali siano trascurabili, vi dovete ricredere.



Potenza del denaro, il palazzo Visconti si trova attaccato a un edificio storico dalla facciata a mattoni rossi, con il portale a sesto acuto e le decorazioni in terracotta. Se ne sa poco di questo palazzo miracolosamente sopravvissuto. Dalle scarne notizie rinvenute pare si tratti di un “suggestivo avanzo di una maggiore costruzione del secolo XV che appartenne ai Parravicini, antica famiglia oriunda della Brianza”. È al numero 4 (con che numerazione fosse indicato in origine non lo sappiamo), e può esibire un romantico comignolo; in verità anche un paio di abbaini posticci che non gli sono stati risparmiati. 



Al numero successivo, il 2, che sovrasta Casa Parravicini di almeno un piano, è murata una targa dedicata al poeta Giovanni Berchet (l’autore della celebre Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo) che vi nacque il 23 dicembre del 1783. È anch’essa in mattoni rossi, ma dalla facciata semplice e priva di decorazioni. Sicuramente di origine antica anche se le ristrutturazioni novecentesche non devono averla del tutto risparmiata. Sotto la targa del Berchet ve ne è un’altra dedicata ad Angelo Mazzoleni, non vi è nato ma vi abitò per cinque lustri. Giureconsulto e patriota insigne, così è ricordato, e patriota e rivoluzionario era stato Berchet. Tra i suoi tanti meriti Mazzoleni può vantare la fondazione, nel 1887, dell’Unione Lombarda per la Pace e l’Arbitrariato.



Prima della copertura dei Navigli, quelle che sono ora la via Visconti di Modrone, la via San Damiano, la via Senato, ecc. si affacciavano sulle acque linde del canale. Le abitazioni avevano splendidi e romantici giardini, così sappiamo dalle cronache e dalle incisioni disponibili. La via San Damiano non iniziava dove è collocata ora, cioè dopo la via Visconti di Modrone. Tant’è vero che un totem ci ricorda il punto esatto dove aveva la sede il quotidiano socialista l’Avanti! – al numero 16 della vecchia via San Damiano per la precisione – quasi di fronte all’attuale via Chiossetto. Gli squadristi fascisti l’assalirono e la distrussero una prima volta nel 1919 guidati dal caporione Benito Mussolini. L’Avanti! era l’unico quotidiano a diffusione nazionale e dovette subire ripetuti assalti culminati con aggressioni e omicidi. Fino al 1925 collezionò ben 62 sequestri, e l’anno successivo fu costretto a chiudere definitivamente per via dell’abolizione della libertà di stampa. 



Al numero 16 dell’attuale via Visconti di Modrone era nato Alessandro Manzoni. La scritta incisa sull’arco del portone ne dà conto. Non ha stemmi nobiliari la casa, come quella del numero 20, ad esempio; e passa del tutto inosservata, annerita com’è dallo smog che assedia la via da anni, come i polmoni dei milanesi. Da questo brandello di lettura possiamo farci un’idea della casa e della via. “Situata nell’antica contrada di S. Damiano, completamente sconvolta dall’interramento del Naviglio, dalla guerra che ha distrutto molti antichi edifici e dalla speculazione edilizia che ha occupato le aree dei giardini sul fossato, la modesta casa in cui vide la luce Alessandro Manzoni il 15 marzo 1785, presenta una fronte semplice, a tre piani. Le finestre del primo e secondo piano a contorno d’intonaco. Fu rimaneggiata più volte nel corso dei secoli, per cui più nulla resta degli originari interni”.



Se non resta quasi nulla di case nobiliari e giardini, se qualche rara balaustra appare solitaria allo sguardo del passante, in compenso continuano le manomissioni. Quello che è stato permesso di fare alle facciate degli isolati compresi tra i numeri 11 e 15 della via, è semplicemente stomachevole. Quanto alla via dedicata al poeta latino del I secolo, Marco Valerio Marziale, che di via Visconti Modrone sta alle spalle, non parliamone. Essendo stata interamente ridotta ad uso commerciale e non avendo abitazione alcuna, è diventata una sorta di latrina maleodorante a cielo aperto. Una via del piscio nel cuore della città. Povero Marziale. Non essendoci nulla di particolarmente interessante non vi entravo da decenni.